QUELLA MALEDETTA LISTA DEL MOTOMONDIALE

Submitted by Anonymous on Wed, 09/29/2021 - 12:03
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Redazione
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Ogni volta che quella maledetta lista viene aggiornata è come se morisse anche un pezzo della passione di ciascuno. Perché no, morire ancora per una corsa in motocicletta è un dazio troppo alto da pagare, specie quando si ha solo 15 anni. La vita spezzata di Dean Berta Vinales ha lasciato tutti senza fiato, né parole. Un’altra morte assurda quanto imprevedibile, perché la sicurezza nel mondo delle due ruote fa passi avanti anno dopo anno, ma non riesce ancora a rimuovere del tutto il rischio di dover piangere piloti vittima di incidenti. Del giovane Dean ha fatto scalpore non soltanto l’età, quanto il fatto che fosse comunque vicino a un pilota come Vinales (di cui era cugino di primo grado) e destinato a trovare presto un sedile anche nel motomondiale. Ma al di là dei nomi e della fama, resta quel senso di smarrimento di fronte ad eventi che non trovano ancora adeguata risposta.

PIÙ SICUREZZA, MA MAI TOTALE

Berta Vinales correva in un campionato “minore” (la SuperSport300) e come lui tanti altri ragazzi negli anni hanno perso la vita nelle gare nelle categorie meno note al pubblico e agli appassionati. Ma anche il motomondiale ha pagato un dazio pesantissimo nel corso dei suoi 72 anni di attività. Da Ben Drinkwater, il primo pilota  a perdere la vita durante il Tourist Trophy 1949, a Jason Dupasquier, giovane centauro svizzero rimasto vittima di un incidente durante le prove della gara di Moto3 al Mugelo lo scorso 30 maggio, il triste elenco è arrivato ad annoverare ben 47 piloti. E se è vero che negli ultimi 30 anni gli incidenti mortali sono diminuiti sensibilmente, arrivando a contare 8 corridori prematuramente scomparsi, è pur vero che la creazione della Commissione Sicurezza (oggi presieduta da Franco Uncini e Loris Capirossi) non ha potuto rimuovere del tutto l’imponderabile, specie in alcune situazioni di gara. È il caso dell’incidente che è costato la vita a Marco Simoncelli sul circuito di Sepang nell’ottobre del 2011, quando una carambola al via finì per far cadere a terra il pilota romagnolo, il quale venne investito accidentalmente da una moto che sopraggiungeva e che non poté far nulla per impedire il contatto, provocando danni irreparabili che portarono poi al decesso all’arrivo dell’ambulanza in ospedale. Un destino differente rispetto a quello che toccò in sorte a Daijiro Kato nel 2003 sul circuito di Suzuka: uno schianto a 200 km/h contro le barriere, frutto di un errore del pilota (o per alcuni di un guasto alla sua Honda), reso però fatale dalla fatto che lungo la via di fuga c’era un muretto troppo vicino alla pista. Kato, che vinse un mondiale 250 ed era considerato uno dei piloti più apprezzati dell’intero circus (nonché amico di tutti i colleghi, data la sua simpatia contagiosa), morì dopo 13 giorni di coma.

DECENNI DI DOLORE

Prima di Dupasquier, l’ultimo pilota a perdere la vita nel motomondiale fu lo spagnolo Luis Salom nel 2016, a Montmelò, vittima di un errore in frenata alla curva 12 e finito addosso alla sua stessa moto, impatto che si rivelò fatale. Nel 2010 la stessa sorte toccò a Shoya Tomizawa, pilota giapponese deceduto dopo un incidente all’undicesimo giro della gara di Moto2 di Misano, con l’autopsia che stabilì che a ucciderlo fu la compressione della cassa toracica dovuta allo schianto. Certo di strada ne è stata fatta tanta da quando quasi con cadenza annuale il moto delle due ruote si ritrovava a piangere qualche suo corridore. Nel solo 1951 furono addirittura tre i piloti italiani che persero la vita, due dei quali (Gianni Leoni e Sante Geminiani) nel GP dell’Ulster nella medesima sessione di prove. Nell’immaginario collettivo resta indelebile il ricordo della maledetta domenica del 20 maggio 1973, quando sul circuito di Monza si correva il GP delle Nazioni e nell’incidente innescato subito dopo la partenza alla prima variante morirono Renzo Pasolini e Jarno Saarinen. L’ultimo italiano a perdere la vita prima di Simoncelli fu Sauro Pazzaglia, vittima di un incidente mortale nelle prove del GP di San Marino del 1981. Lui, come tutti gli altri, ha pagato un prezzo troppo alto, sacrificandolo sull’altare di una passione che non conosce limiti.

(Credits: Getty Images)

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