BRESCIA-ATALANTA E LA CORSA LIBERATORIA DI CARLO MAZZONE

Submitted by Anonymous on Thu, 09/30/2021 - 09:24
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Redazione
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Ci sono corse scolpite nella storia, capaci di bucare l’immaginario collettivo ed essere tramandate ai posteri per la loro ineguagliabile bellezza o per il significato che portavano con esse. È il caso della maratona di Londra 1908, col discusso finale che portò alla squalifica di Dorando Pietri, o i 100 metri vinti da Jesse Owens a Berlino 1936. O ancora i 200 metri di Messico 1968, quelli che portarono alla protesta sul podio di Smith e Carlos, o la discussa finale di Seul 1988, con la squalifica per doping di Ben Johnson e la conseguente vittoria di Carl Lewis. E non ultima quella di Marcell Jacobs a Tokyo, uno che ha peraltro qualcosa a che fare con Brescia, abitando a Desenzano. Ma se si parla di corse, a Brescia, ce n’è una che non può competere con nessun’altra per manifesta superiorità. E che ha per protagonista un sanguigno tecnico romano che in una partita non certo come le altre si concesse una divagazione sul tema di cui ancora oggi, a 20 anni di distanza, non s’è spenta l’eco.

“MO SE PAREGGIAMO VENGO DA VOI…”

Carlo Mazzone per decenni è stato uno dei tecnici più apprezzati d’Italia. Che ha girato in lungo e in largo passando per tanti campi di provincia, esaltandosi nel compito che meglio gli riusciva, quello di portare in salvo formazioni perennemente in lotta per non retrocedere. Quando nell’estate del 2000 accetta la proposta del Brescia gli viene in mente un’idea meravigliosa: convincere Roberto Baggio, col quale aveva lavorato tre anni primi a Bologna, a seguirlo in questa nuova avventura. Desiderio esaudito e inizio di un’avventura speciale che ha nel 30 settembre 2001 una data tutta particolare. Quel giorno infatti si disputa il derby Brescia-Atalanta, uno dei più sentiti d’Italia. Le Rondinelle vanno avanti grazie a un gol di Baggio, ma la Dea ribalta la situazione portandosi sul 3-1. Mentre Mazzone schiuma rabbia in panchina, dal settore ospiti i tifosi atalantini cominciano a bersagliare d’insulti il tecnico romano, riservando anche cori poco graditi all’indirizzo della mamma, scomparsa quando Carlo era solo un ragazzino. E quell’insulto così gratuito Mazzone sa di non poterlo accettare: quando Baggio realizza il 2-3 le telecamere lo riprendono mentre “minaccia” quello spicchio di tifosi (“Mo se pareggiamo vengo da voi…”). E siccome il Divin Codino per il suo allenatore sarebbe pronto a buttarsi sul fuoco, al 90’ esaudisce il suo desiderio: firma su punizione il 3-3, ma di quel gol nessuno si ricorda. Perché è quel che accade nei successivi 30 secondi a finire nel libri di storia: Mazzone scatta come un centometrista verso il settore ospiti, col pugno destro alzato e il volto di chi non vedeva l’ora di urlare in faccia a quegli ingrati che avevano deriso sua madre tutta la sua rabbia. Cesare Zanibelli, il dirigente accompagnatore che aveva intuito quello che sarebbe potuto accadere (“Carlo era un uomo di parola…”), lo rincorre per fermarlo, ma sorride e in cuor suo è felice che quella corsa sia vera, reale, così spontanea e genuina. Anche Leonardo Menichini, storico vice di Carletto, prova a corrergli dietro, ma è tanta la gioia e l’ebbrezza di un momento unico e irripetibile. Mazzone si ferma solamente una volta arrivato davanti ai cartelli pubblicitari, sfinito ma soddisfatto per aver dimostrato a chi lo insultava che non lo avrebbero mai abbattuto, in campo come nella vita. “Quello che avete visto correre era il mio gemello”, dirà in seguito l’allenatore, che per quella corsa prese 5 giornate di squalifica. Ma che volete che siano cinque domeniche in tribuna se la ricompensa è la gloria eterna…

(Credits: Getty Images)

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