Se sei una tennista e ti chiami Martina, in qualche modo nel tuo destino c’è qualcosa che è lì ad attenderti. Se poi a 16 anni e mezzo decidi di conquistare il mondo, vincendo tre Slam tutti d’un fiato e concedendoti pure il lusso di lasciarne uno per strada in finale, allora forse la storia ha deciso di entrare dalla porta principale con tutti gli onori del caso. Flash abbaglianti che in qualche maniera hanno finito per riservare anche qualche sgradita sorpresa a Martina Hingis, talento purissimo del tennis che oggi compie 41 anni, ma 25 anni fa ha stupito il mondo al punto da abbattere record di precocità come nessun’altra prima (e neppure poi) aveva saputo fare. Una ragazza che ha finito per restare schiacciata dalle sue stesse aspettative, ma che in un modo o nell’altro ha scritto pagine di memoria tennistica di cui parleranno generazioni e generazioni di appassionati. Uno scriccioli che ha pagato dazio ai tanti, troppi infortuni, senza i quali probabilmente la sua aurea sarebbe stata ancora maggiore.
COME VINCEVO DA BAMBINA
I numeri, però, dicono che come lei ben poche sono le giocatrici capace di mettere assieme 25 titoli dello Slam (5 in singolare, 13 in doppio e 7 in doppio misto), dove tra il primo e l’ultimo intercorrono addirittura 20 anni di distanza. Eppure il destino crudele di molte campionesse vuole che ad essere ricordate sono più le due sconfitte patite al Roland Garros contro Majoli (1997) e Graf (1999) che non tutte le altre perle della collezione. È la condanna di chi a soli 16 anni s’è presentata nel bel mezzo di una rivoluzione che stava avanzando, con il tennis che stava migrando dall’epoca di Seles, Sabatini, Capriati e Graf (classe cristallina unita a tecnica e buona costanza) a quella delle sorelle Williams, Davenport e Mauresmo, dove la forza fisica diveniva la regola nonché il nuovo standard del prototipo del dominatore. Hingis, nata da padre svizzero e madre cecoslovacca (entrambi tennisti: se si chiama Martina è per la venerazione che in casa si registrava nei confronti della Navratilova), è passata in mezzo al guado tra ascese e risalite. Impetuoso fu l’ingresso nel mondo WTA, coronato nel 1997 dal successo agli Australian Open, a Wimbledon e all’US Open in una stagione memorabile fatta di 12 tornei vinti in singolare sui 13 disputati, con la finale di Parigi unico cruccio, complice anche un infortunio al ginocchio rimediato dopo una caduta da cavallo, altra grande passione di famiglia. A soli 17 anni l’elvetica salì indiscussa alla numero 1 mondiale e divenne un personaggio ambito da aziende e televisioni. Col moltiplicarsi degli impegni, però, vennero meno le prestazioni: pur cimentandosi con successo anche nel doppio, già all’epoca disciplina in decadenza, la Hingis non riuscì a ripetersi alla fine degli anni ’90, pur mettendo in bacheca altri due Australian Open (1998 e 1999). La sconfitta al Roland Garros contro Graf nel ’99 fu un primo spartiacque di una carriera che nel 2003 s’interruppe per un paio d’anni, complici i tanti infortuni che le impedivano di giocare ad alti livelli.
A VOLTE RITORNANO (IN DOPPIO)
Il primo ritiro della Hingis alimenta dubbi e perplessità. Nel 2005 ritrova però la voglia di rimettersi in gioco: c’è sempre l’amato doppio a regalargli gioie e soddisfazioni, ma in singolare riesce comunque a rientrare nella top 10 prima che un problema all’anca alla fine del 2006 la metta nuovamente fuori gioco. Così nel 2007 arriva il secondo ritiro, condizionato anche da una squalifica per doping (viene trovata positiva alla cocaina, ma la vicenda si rivelerà abbastanza intricata e poco chiara) che la toglie dai giochi per due anni. Per tutti ormai Martina è un’ex tennista, ma ancora una volta l’elvetica sorprende e rilancia: nel 2013 torna a giocare, anche se solamente in doppio. Una scelta che si rivela felice: dopo un paio d’anni di rodaggi, tra il 2015 e il 2017 mette assieme ben 10 titoli dello Slam, imponendosi sia nel femminile (con Sania Mirza) che in quello misto con Leandro Paes e Jamie Murray. L’ultimo titolo lo conquista a Flushing Meadows in coppia con la tailandese Latista Chan: a fine anno Martina chiude definitivamente col tennis giocato mentre è ancora la numero 1 al mondo della disciplina. Diventa allenatrice e prende la guida della Svizzera in Fed Cup, ma per tutti rimarrà sempre quel prodigio che ha incantato il mondo nel bel mezzo di una rivoluzione che avrebbe cambiato per sempre il tennis. Tra le vittorie più belle, però, ne può annoverare una tutta speciale: quella di aver influenzato positivamente il quasi coetaneo Roger Federer quando, alla fine degli anni ’90, decise a sua volta di diventare un giocatore professionista. Solo per questo andrebbe ringraziata a vita.
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