FRANCO SCOGLIO, PROFESSORE PER SEMPRE

Submitted by Anonymous on Sun, 10/03/2021 - 11:07
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Redazione
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C’è un professore che viene da Lipari e che ha insegnato un modo differente di vivere e vedere il calcio. Uno al quale il nuovo mondo del pallone, quello dove sponsor e denari imperano e dettano legge anche sulla vecchia e vetusta poesia, non calza affatto a pennello. Di quel nuovo mondo Franco Scoglio s’è detto quasi disgustato, ripugnando ideali che non facevano parte dei suoi 40 anni di storia applicata al calcio. Uno talmente avanti nell’analisi e nelle considerazioni da arrivare persino a predire la sua morte, naturalmente legandola a uno dei grandi amori della su esistenza terrena, non solo calcistica:

“Morirò parlando del Genoa”.

Così, quando alle 22,20 del 3 ottobre 2005 ebbe un malore durante un acceso confronto con il neo proprietario del club Enrico Preziosi, ospite di una trasmissione tv di Primocanale, al di là dello sbigottimento e dello shock qualcuno si rese conto per davvero che quel disegno era già stato scritto da tempo. E che il professore ancora una volta ci aveva visto più lungo degli altri.

TRE PIAZZE, UNA SOLA PASSIONE

Nato a Lipari in pieno secondo conflitto mondiale, Franco Scoglio ha dato al calcio più di quanto il calcio gli abbia concesso in cambio. Da calciatore non ha lasciato traccia, se non per un paio di sortite alla Tevere Roma e alla Palmese, squadre incontrate quasi per caso lungo il cammino di professore negli istituti scolastici (insegnò appunto nella Capitale e a Palmi, in Calabria). Laureato in pedagogia, Scoglio era però troppo innamorato del calcio per non farne qualcosa in più di una semplice passione: iniziò ad allenare nel 1971 a Gioia Tauro, appena trentenne, e da quel giorno non svestì più i panni dell’allenatore. Eccezion fatta per un salto a La Spezia (1977-78), i primi 15 anni di carriera li trascorre sullo Stretto, alternando Reggio a Messina (più Gioia Tauro) e arrivando a conquistare nel 1985 la promozione in B con la formazione peloritana, che in avanti annoverata un giovane Totò Schillaci, a segno 11 volte in stagione. Il richiamo del Nord a quel punto si fa troppo ammaliante: Genova, città di mare, diventa la sua seconda casa. Allenerà il Grifone in tre periodi diversi, instaurando un legame unico e speciale con la sua gente. Per amore del Genoa rinuncerà anche ad affrontare il mondiale 2002 con la Tunisia, dopo aver contribuito a qualificarla (prima volta nella storia), poiché salvare i rossoblù dalla discesa in B per lui contava più di una partecipazione alla Coppa del Mondo. Non ebbe altrettanta fortuna né riverenza nelle altre piazze dove negli anni ’90 venne chiamato ad allenare, tra cui Udine, Bologna, Lucca, Pescara e Torino (sponda granata), ma poco importa. L’Africa diventerà la sua seconda patria: allenerà la Libia (esonerato perché non faceva giocare Gheddafi jr…), avrebbe allenato la Guinea se solo non si fosse messo di traverso quel malore in quel giorno di inizio ottobre del 2005.

TEORIE E PAROLE DI UN UOMO FUORI DALL’ORDINARIO

Aforismi, aneddoti e racconti si sprecano quando si parla di Franco Scoglio. Primo tecnico ad adottare il centrocampo a rombo (cioè con vertice basso “alla Pirlo” e trequartista, 20 anni prima di Ancelotti col Milan…), teorico del “calcio tripallico” dove “chi ha tre palle sale a fare pressing, che ne ha due gioca al calcio e chi ne ha una si limita a disputare scapoli contro ammogliati”, culture del gioco verticale (“Io non faccio poesia, io verticalizzo”), sempre pronto a rispondere pan per focaccia al giornalista o all’interlocutore di turno. “Lei, laggiù in fondo, deve stare ad ascoltarmi, altrimenti io parlo ad minchiam”, affermò durante una storica conferenza stampa al povero giornalista (evidentemente disattento) seduto in fondo alla sala. Un uomo controcorrente che pure aveva trovato la formula giusta per il suo prototipo del calciatore perfetto:

“Deve essere fatto per il 47% di tecnica, il 30% di condizione fisica e il restante 23% di psicologia”.

Un professore nelle scuole, nelle università (a Messina tenne un corso di Teoria, tecnica e didattica del calcio), nel calcio ma anche e soprattutto nella vita, pur se a lui quell’epiteto non piaceva, preferendo che la gente lo chiamasse “maestro”. Il malore che lo colpì in quella maledetta sera del 3 ottobre 2005 hanno reso ancor più leggendaria la sua figura, specie tra il popolo genoano che ancora oggi lo ricorda con affetto e grande nostalgia. Quella che aveva Scoglio di un calcio puro e genuino, arresosi troppo presto al vil denaro al punto da affermare di non riconoscersi in quel mondo così diverso da quello da lui teorizzato. Dopotutto se sei professore la teoria verrà sempre prima della pratica.

(Credits: Getty Image)

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