TRE VALLI VARESINE, CORSA CENTENARIA MA GIOVANE NELL’ANIMA

Submitted by Anonymous on Sat, 10/09/2021 - 13:20
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Redazione
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Dice di avere 100 anni, ma davvero non li dimostra. Anzi, sembra giovane e scattante come solo le corse degne di tal nome sanno essere, capace di affascinare e ammaliare stuoli di fuoriclasse del pedale che per nulla al mondo vorrebbero mancare al banchetto, qualora ne avessero l’opportunità. Ecco allora che la Tre Valli Varesine, fresca di traguardo delle 100 edizioni, è più che mai una corsa in grado di reggere il confronto con le classiche più conclamate e conosciute al mondo. Una “classica” lo è lei stessa, se non altro per un percorso che richiede tanto sforzo e acume tattico, oltre che per un palmares che annovera nomi che hanno fatto la storia dei ciclismo, da Bartali a Coppi, da Magni a Nencini, da Motta a Merckx, da Moser a Saronni, fino ai vari Fondriest, Bugno, Rebellin, Di Luca, Garzelli, Nibali, Colbrelli e Roglic, cui è succeduto nell’edizione del centenario un “vecchietto” terribile del calibro di Alessandro De Marchi (con Formolo e Pogacar sul podio). Si capisce già da questi nomi che ci si trova di fronte a una corsa che nulla ha da invidiare alle Monumento o alle gare più note al grande pubblico. Una gara partita in sordina con soli 27 atleti 102 anni fa, ma divenuta oggi una delle più ambite dell’intero panorama italiano, e non solo.

BARTALI, COPPI E LA VOLATA DA “VAR”

La storia della Tre Valli, del resto, è figlia di un territorio profondamente legato alla bicicletta. Quando vide la luce, il 22 giugno del  1919, dovette fare i conti con un montepremi che stentava a manifestarsi, tanto che benedetta fu la promessa di un quotidiano locale (Cronaca Prealpina) che garantì di mettere in palio una collana d’oro, pur se la leggenda racconta che il direttore della testata (tale Giovanni Bagaini) non ne fosse a conoscenza, andando su tutte le furie (ma una promessa è una promessa). Pietro Bestetti fu il primo corridore a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro della manifestazione, che crebbe in fretta grazie al clamore suscitato da quella prima edizione e a quel nome così particolare che richiamava tre vallate della provincia di Varese (Valcuvia, Valganna e Valceresio). Raccontano le cronache di come Domenico Piemontesi, beniamino del pubblico negli anni che avrebbero preceduto l’arrivo di Guerra e Girardengo, riuscì a imporsi nel 1922 tra il tripudio generale, dopo essere scattato sul Marchirolo (e si ripeterà 10 anni più tardi). La corsa divenne ben presto un appuntamento tra i più rinomati in ambito nazionale, tanto da essere scelta spesso e volentieri anche per assegnare la maglia tricolore. Ma soprattutto divenne terreno di caccia per i mostri sacri del ciclismo nazional popolare: nel 1938 vinse Gino Bartali, pur se costretto a pedalare solo con la gamba sinistra negli ultimi chilometri poiché il pedale destro se n’era andato dopo un violento rimbalzo su una buca. Nel 1941 toccò a Fausto Coppi infliggere 3’ ai rivali dopo un attacco sul Viggìù. La prima Tre Valli post Seconda Guerra Mondiale, quella del 1945, andò invece ad Adolfo Leoni, velocista tra i più competitivi negli anni ’40 e ’50, ma a fare rumore fu l’edizione del 1948, vinta da Coppi in volata su Bartali al termine di un duello che scatenò un vespaio di polemiche per una presunta spinta subita dal toscano nelle fasi decisive della corsa. Coppi conquisterà anche quella del 1955, l’unica edizione disputata a cronometro su un percorso di 100 chilometri. Con il successo del belga Derycke nel 1957 arrivò la prima vittoria straniera: sono state appena 13 nelle 100 edizioni della corsa.

IL CALO E IL RITORNO IN AUGE

La fama della Tre Valli crebbe a dismisura negli anni ’60, dominati da Gianni Motta con tre successi di fila (1965, 1966 e 1967). A interromperne l’egemonia fu nientemeno che il cannibale Eddy Merckx, che nel 1968 vinse con addosso la maglia iridata conquistata l’anno precedente. All’epoca peraltro la corsa varesina era considerata una sorta di prova finale in vista del mondiale, mentre da alcuni anni si disputa a ridosso dell’ultima classica Monumento, cioè il Lombardia (come accaduto pure quest’anno). Gli anni ’70 furono monopolizzati dal binomio Moser-Saronni, che per 5 anni consecutivi non lasciarono che le briciole ai rivali. Saronni poi, vincendo anche nel 1988, raggiungerà Motta in vetta alla classifica dei plurivincitori con 4 successi. Da allora la corsa ha vissuto annate ondivaghe, con un calo di popolarità a cavallo del nuovo millennio fino a tornare in auge nell’ultimo decennio, grazie anche alla presenza di tanti campioni affermati. Tra le vittorie più belle si ricordano quelle di Rebellin nel 2011, che a 40 anni firmò un clamoroso assolo nel finale, di Nibali nel 2015, scattato ai -3 dall’arrivo e poi capace di scrollarsi di dosso Nizzolo a 600 metri dal traguardo, e di Roglic nel 2019, ultima edizione prima dello stop imposto dalla pandemia, con un finale assai particolare che vide molti big (vedi Nibali, Mollema e Valverde) sbagliare strada per colpa di una moto dell’organizzazione e di fatto perdere il treno buono per la vittoria. Dopo un anno di pausa, con la Tre Valli inglobata del Grande Trittico Lombardo (Bernocchi, Agostoni e Tre Valli Varesini riunite in un’unica corsa, causa calendario UCI concentrato in appena 3 mesi), il gran ritorno nel 2021 col successo di De Marchi in una giornata da tregenda, con temperature invernali e una tempra da uomini duri. Un successo romantico, quello del rosso di Buja, decisamente all’altezza della grande storia della Tre Valli.

(Credits: Getty Image)

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