JURY CHECHI, L’INIMITABILE “SIGNORE DEGLI ANELLI”

Submitted by Anonymous on Mon, 10/11/2021 - 13:11
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Redazione
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A vederlo oggi, con quel fisico da cinquantaduenne provetto, verrebbe quasi da chiedersi se Jury Chechi non abbia realmente deciso di scendere dalla pedana da ben 17 anni. Perché la carriera di uno sportivo avrà pure un tempo limitato, ma l’attitudine al lavoro per qualcuno non viene mai meno. Un fisico scultoreo che sembra resistere all’incedere degli anni, quasi un Benjamin Button moderno, capace ancora oggi di emozionare milioni di italiani che con favore ne ricordano le grandi imprese, costellate lungo una carriera fatta di trionfi e dolorosi infortuni. Forse è proprio per questo che Jury Chechi da Prato, chiamato così dai genitori in onore dell’astronauta russo che per primo ha volato nello spazio, è divenuto così familiare e caro agli occhi della sua gente. Alla quale ha regalato vittorie in giro per il mondo, oltre a un bagaglio di esperienza e competenza che ancora oggi ne fanno un riferimento in ambito sportivo. Perché Jury non è stato solo uno dei ginnasti più vincenti della storia tricolore, capace di reinventarsi un ruolo e un’identità anche nella sua “seconda” vita dentro e fuori lo sport.

BENEDETTA FU LA SORELLA…

Nato a Prato l’11 ottobre 1969, Jury deve gran parte delle sue fortune future alla sorella maggiore, iscritta a una palestra della città. E il richiamo di quel luogo ha che un che di magico anche per lui: a 7 anni i genitori decidono di iscriverlo ai corsi e un anno dopo è già campione regionale. È l’inizio di una meravigliosa storia d’amore tra parallele, cerchi e travi: il piccolo Chechi sorprende con quel fisico minuto ma dai muscoli d’acciaio, tanto che a soli 15 anni è già nel giro delle selezioni nazionali. Il trasferimento a Varese si rende necessario per poter proseguire l’attività ad alto livello, soprattutto perché nel frattempo gli anelli diventano il suo pane quotidiano, la specialità che gli conferirà la gloria immortale, il patria come all’estero. Sono anni di fuoco per il giovane pratese, che assolve la leva militare nei Vigili del Fuoco e comincia a mietere successi in campo nazionale. I Giochi del Mediterraneo del 1987 sono il primo banco di prova per il pratese, che subito conquista la medaglia d’oro (ma nel volteggio). Perché diventare il “Signore degli Anelli” richiede pazienza e tanto, tantissimo lavoro: nel 1989 la prima medaglia è di bronzo, ai campionati mondiali, ma un anno dopo a Losanna, sul palcoscenico continentale, arriva il primo oro. Dopotutto è appena iniziato il “suo” decennio d’oro. E per almeno 6 anni, ai rivali non restano che le briciole.

QUEI FAVOLOSI ANNI ‘90

Distratti dal calcio, dallo sci (sono gli anni di Tomba) e dai motori, gli italiani sono un popolo restio ad accogliere e acclamare nuovi fuoriclasse di discipline considerate minori. Ma Jury Chechi, vuoi per quel nome così musicale, vuoi per gli inconfondibili capelli rossi, vuoi perché è il primo ginnasta italiano dopo decenni a mostrarsi competitivo anche fuori dai confini nazionali, in un modo o nell’altro riesce a bucare lo schermo. Le vittorie poi certamente aiutano: gli avversari lo temono, le Olimpiadi di Barcellona si avvicinano e tutto lascia presagire che quello sarà il palcoscenico che lo rivelerà una volta per tutte al grande pubblico. In effetti quei Giochi contribuiranno a farlo conoscere a una platea più vasta del solito, ma in una veste che mai avrebbe immaginato: a un mese dall’evento il tendine d’Achille fa crac in allenamento e lui a Barcellona si presenta come commentatore delle gare di ginnastica, quelle stesse che avrebbero dovuto vederlo protagonista. È chiaro però nella sua testa che quello sarà solo un arrivederci: il quadriennio successivo, quello che porta ad Atlanta 1996, lo vede dominare completamente la scena. Infila un filotto di quattro ori mondiali consecutivi, ne aggiunge due europei, più svariati tra universiadi, Giochi del Mediterraneo e titoli nazionali. I Giochi del centenario sono lì ad attenderlo e stavolta niente e nessuno riesce a fermarlo, con un esercizio che rasenta la perfezione e tiene svegli milioni di italiani di primo mattino (sale in pedana alle 6 italiane, le 23 di Atlanta). Il cerchio s’è chiuso, a 27 anni Jury è più che mai sul tetto del mondo. E l’ora del ritiro, dopo anni di sacrifici, è prossima ad essere annunciata.

L’ULTIMA PROMESSA

Tutto va come da previsioni: il 1997 è l’ultimo anno della sua già inarrivabile carriera, condito dal quinto oro mondiale consecutivo. Ma la mente di uno sportivo, se non stacca la spina, non smette di pensare: due anni dopo annuncia di voler tornare, puntando alle Olimpiadi di Sydney. Ancora una volta la sfortuna gli mette i bastoni fra le ruote: il tendine del bicipite brachiale decide che quello non sarebbe stato il suo ultimo palcoscenico. Incredibilmente Chechi sposta l’obiettivo più avanti di altri 4 anni: 35 anni per un ginnasta sono l’età della pensione da un pezzo, lui ad Atene punta dritto a una medaglia. Stavolta c’è una motivazione extra: è una promessa fatta in ospedale al papà Leo.

“Se guarisci, giuro che faccio un’altra gara”.

Mentre lo sussurra il papà gli stringe forte la mano e quello è il segnale che c’è un’altra pagina di storia da scrivere. E dove se non ad Atene, la culla dello sport moderno: il bronzo nei Giochi che lo vedono anche sfilare come portabandiera della spedizione azzurra è la degna conclusione di una carriera inimitabile. Non si annoierà nemmeno dopo, stimato opinionista televisivo, triatleta e testimonial di tante iniziative. Dopotutto ce l’aveva scritto nel nome: come Gagarin, anche lo Jury italiano ha fatto un giro nello spazio ed è tornato terra.

(Credits: Getty Image)

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