EMINEM, I PISTONS E LA SERA CHE A DETROIT NON SI PARLAVA D'ALTRO

Submitted by Anonymous on Sun, 10/17/2021 - 20:22
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Redazione
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Quella sera a Detroit non si parlava d’altro. E trovare un taxi con l’idea di recarsi al nuovo palazzo dello sport era pressoché impossibile, manco fosse una giornata in cui i mezzi pubblici avevano deciso di scioperare e lasciare tutti a piedi. Quella sera, alla nuovissima Little Caesars Arena, nessuno voleva perdersi lo spettacolo. I Detroit Pistons “tornavano a casa” dopo 40 anni di esilio forzato, perché né il Silverdome di Pontiac e tantomeno il Palace di Auburn Hills agli occhi dei cittadini più tradizionalisti di Motor City, rappresentavano quel che si potrebbe definire la propria casa di provenienza. Erano luoghi cari ai tifosi, quantomeno per il fatto che ospitarono alcuni tra gli eventi più grandiosi e memorabili che la storia della città del Michigan aveva avuto l’onore di organizzare: il SIlverdome fu teatro del SuperBowl del 198, di Wrestlemania III del 1987, dalla messa di Giovanni Paolo Secondo (con quasi 100.000 fedeli) e di 4 gare di USA ’94, le prime al coperto della storia dei mondiali, nonché fino al 1988 il terreno di gioco dei Pistons. Che si trasferirono al Palace giusto in tempo per godersi i due titoli dei “Bad Boys”, il favoloso back-to-back del 1989-1990, poi rinverdito nel 2004 dall’anello conquistato da coach Larry Brown e i suoi ragazzi (Billups e Wallace su tutti). Ma appunto Pontiac e Auburn Hills erano pur sempre due sobborghi, e al tifoso conservatore tutto ciò non piaceva troppo. E nessuno pianse quando, rispettivamente nel 2016 e nel 2020, i due impianti vennero demoliti e consegnati alla storia. Piuttosto, quando la sera del 19 ottobre 2017 i Pistons inaugurano l’avveniristica Little Caesars Arena, nessuno voleva mancare all’appello. Nemmeno il tifoso più noto alle masse.

BENTORNATI A CASA

Per non dare troppo nell’occhio, quella sera preferì presentarsi quasi in incognito. Solita felpa d’ordinanza con il cappuccio e occhiale scuro, ma fu chiaro a tutti, non appena si mise a sedere a bordo campo, che quello che si nascondeva sotto le lenti altri non era, se non Marshall Bruce Matthers III. Che per la cronaca è nato a St. Joseph, cittadina del Missouri, trapiantato però sin dalla più tenera età a Detroit e divenuto tifosissimo dei Pistons anche grazie ai successi dei “Bad Boys”. Che magari gli saranno serviti da ispirazione, vista la durezza e il cinismo di alcuni suoi testi. Il rapper per antonomasia della scena a stelle e strisce, noto al mondo con il nome di Eminem, quella sera, giusto un paio di giorni dopo aver soffiato sulle 45 candeline (oggi sono 49), era pronto a prendersi la scena prima che i giocatori facessero il loro, battendo per 102-90 i Charlotte Hornets. E sulla base di Lose Yourself, uno dei più grandi successi della sua carriera discografica, presente all’interno della colonna sonora del film 8 Mile, motivò a modo suo la squadra, arringando anche il pubblico presente sugli spalti.

“Detroit, date il bentornato ai giocatori – per la prima volta in 40 anni – alla nostra città, la mia città, la vostra città! Fatevi sentire, andiamo!”.

Eminem quella sera indossava anche una felpa con il nuovo logo della squadra e do fatto oscurò quasi del tutto le pur illustri presenze accorse per la prima assoluta dei Pistons nella loro nuova casa, vedi Kid Rock, Big Sean, Grant Hill e altri ancora.

IL FUTURO PARTE DA CUNNINGHAM

Vedere Slim Shady a bordo campo al Little Caesars non è così raro: fino a che la pandemia non c’ha messo lo zampino, di tanto in tanto le tv andavano a pescarlo intento ad osservare da vicino i “suoi” ragazzi. Certo i risultati recenti dei Pistons non hanno contribuito a invogliarlo più di tanto: l’ultimo posto occupato a Est nella passata stagione è stato accolto con disappunto da una tifoseria che, al netto del ritorno in città della squadra, si sente ancora ferita, ripensando ai bei tempi andati e alle magre prospettive attuali. L’unica speranza è affidata allora a Cade Cunningham, il prospetto scelto alla numero 1 all’ultimo draft, arrivato direttamente da Oklahoma State: sui social il giovane talento, considerato un potenziale All Star dei prossimi 10/15 anni, da tempo aveva già cominciato a seguire proprio Eminem e Big Sean, quasi a voler mandare segnali chiari circa le sue reali intenzioni di far tornare grande Detroit e tutto ciò che ne consegue. E magari, perché no, convincere il rapper a tornare a seguire le gare da bordo campo e distrarsi un po’ da quella che è diventata la sua nuova occupazione, cioè il cameriere nel ristorante a base di pasta di cui è proprietario.

“Il successo è la mia sola fottuta opzione, non il fallimento”.

Auguri, Marshall.

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