MARTINA NAVRATILOVA E IL TENNIS, COME LEI NESSUNA MAI

Submitted by Anonymous on Mon, 10/18/2021 - 10:47
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Redazione
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Se da secoli in tanti si interrogano sul fatto se sia nato prima l’uovo o la gallina, nel mondo del tennis non sono pochi quelli che fanno altrettanto chiedendosi se siano nato prima il tennis o Martina Navratilova. Che nessuno s’offenda, almeno i puristi della racchetta: è evidente come il tennis esistesse da prima, ma quello seguito all’irruzione sulla scena della giocatrice ceca certamente era ben diverso da quello che lo aveva preceduto. Un vulcano in tutti i sensi, una donna libera e in grado di parlare senza barriere, di aprire i rubinetti e non badare troppo all’acqua che scorre. Un fiume in piena lo era in campo, seppur spesso accusata di essere un po’ troppo piagnucolona (un appellativo che la perseguita da quando, negli anni ’70, divenne famosa nel circuito e soprattutto negli Stati Uniti). Ma le sue vittorie sono state capaci di azzittire i tanti detrattori, che più che per le qualità indiscusse sul campo cercavano pretesti per screditarla all’esterno. Perché Navratilova, oltre ad essere stata una delle tenniste più vincenti della storia, è anche stata la prima giocatrice al mondo a mettere in piazza le proprie vicende personali e le proprie idee, quasi tutte (per l’epoca, ma forse anche per l’oggi) controcorrente.

CONTROCORRENTE, SEMPRE E COMUNQUE

Dopotutto la vita di Martina è stata tutto, fuorché lineare, sin dai primi passi. Nata a Revnice il 18 ottobre 1956, all’età di tre anni dovette fare i conti con la separazione dei genitori. Il papà di cognome faceva Subertova, ma quando nel 1962 sua madre sposò l’allenatore di tennis Miroslav Navratil, pochi anni dopo Martina decise di prendere il cognome del patrigno, rendendolo un po’ più cecoslovacco con l’aggiunta del suffisso “ova”. Poco da dire: era decisa e determinata a volere ciò che più gli piaceva, e il mondo comunista dell’epoca era lontanissimo dai suoi standard. A 18 anni, nel 1975, si presentò a New York all’ufficio immigrazione chiedendo di diventare cittadina americana, ottenendo subito una green card e ricusando le sue origini cecoslovacche, fino a ricevere la cittadinanza nel 1981 dopo essere stata apolide per 6 anni. Basterebbe già questo per renderla unica e irripetibile, ma ciò che avrebbe rivelato a partire dall’anno seguente creò ancora più scompiglio nel mondo del tennis: fu una delle primissime giocatrici a dichiararsi lesbica, ponendo sotto i riflettori la sua relazione con Judy Nelson, con cui farà coppia fino al 1991 prima di dar vita a una strana e per certi versi ambigua battaglia legale. I successi sul campo aiutavano a tenere desta l’attenzione sulle sue indiscusse qualità tecniche, figlie anche di un modo rivoluzionario di affrontare l’attività sportiva applicata alla racchetta: una ferrea dieta e tanta palestra le consentirono di spostare l’asticella della disciplina verso mondi sin lì inesplorati, uscendo dal semplice lato tecnico fatto di colpi eleganti e in generale di ritmi non sempre alti. A chi si domandava (all’epoca) se la Navratilova fosse l’uovo o la gallina, la risposta la diedero i numeri e l’attenzione mediatica che sprigionò la talentuosa giocatrice: forse era entrambe le cose, quindi non c’era bisogno nemmeno di porsi troppe domande. Semplicemente, il tennis da quel momento era entrato in una nuova dimensione.

COME LEI, NESSUNA MAI

Ancora oggi, Martina è la tennista più vincente della storia, forte di ben 344 tornei vinti in carriera, di cui 167 in singolare e 177 in doppio, specialità nella quale è arrivata  competere fino a 50 anni (l’ultimo trionfo, nel 2006, agli US Open, il torneo in cui decise di dire stop). Ha attraversato quattro decadi e ha trovato sulla sua strada tantissime rivali: con Chris Evert è stato odio all’inizio, quando nella sola annata 1975 le portò via tre potenziali titoli dello Slam (due in finale, uno in semifinale), poi nel tempo la loro è diventata una rivalità sana che ha prodotto effetti benefici per tutto il settore del tennis femminile, oltre che capace di intrecciarsi eccome anche fuori dal campo. Fu Martina a presentare a Chris il futuro marito Andy Mills, conosciuto sulle piste da sci, altra grande passione di gioventù nella quale l’atleta ceca eccelleva prima di dedicarsi anima e corpo alla racchetta.  Gli anni ’80 furono gli anni d’oro della Navratilova, che arrivò a vincere 9 Wimbledon in singolare (più 11 in doppio) e a restare in vetta alla classica mondiale praticamente per tutto il decennio. La burrascosa fine della relazione con la Nelson (che per stare con lei piantò da un giorno all’altro un marito e i due figli, che pure poi divennero parte integrante della strana famiglia allargata della quale faceva parte anche la tennista) causò turbolenze tali da convincere la giocatrice ad appendere una prima volta la racchetta al chiodo nel 1994. La riprenderà in mano nel 2000, dedicandosi principalmente a giocare in doppio, toccando quota 59 tornei dello Slam (18 in singolare, 31 in doppio, e 10 nel doppio misto).

IL CORAGGIO DI DIRE CIÒ CHE SI PENSA

Negli ultimi 15 anni di Martina si è sentito ancora parlare tanto. Nel 2014 ha sposato Julia Lemigova, Miss Russia 1990, e per un periodo è stata anche allenatrice di Agnieszka Radwanska, incarico terminato dopo pochi mesi, ritenendo che non fosse quella la sua strada. Si diletta come commentatrice sui social e per molti canali tematici, è impegnata su tanti fronti umanitari e nelle lotta per i diritti civili, anche se a seguito di alcune frasi dedicate alla posizione delle donne transessuali nello sport (ha affermato che queste non dovrebbero competere nelle competizioni femminili, alludendo a una disparità di performance) nel 2019 è stata rimossa dall’incarico di ambasciatrice e consigliera di Athlete Ally, l’organizzazione statunitense che si batte per i diritti sportivi della comunità LGBT. La Navratilova però non è il tipo da farsi mettere idee in testa: lei ha sempre viaggiato spedita con le sue, rifuggendo qualsiasi tipo di compromesso. L’ha fatto quando c’era da competere sul campo, aprendo a un modo tutto nuovo di giocare a tennis, fatto anche di empatia con il pubblico a tal punto da mostrarsi irritata o esaltata a seconda dell’esito di uno scambio, cosa che le sue colleghe non si sognavano nemmeno di fare. Arrivò in un mondo ovattato rendendolo un vulcano, rendendo infuocato talvolta il clima dall’altra parte della rete e trascinando il pubblico a partecipare emotivamente all’incontro. Ha ispirato milioni di ragazzine, anche al di là della cortina di ferro che lei ha sempre avversato, ritenendola limitante per la libertà dell’uomo, oltre che dell’atleta. Ha portato sui media tematiche spesso tabù, senza mai vergognarsi delle proprie azioni. E seppur a volte è stata sul punto di crollare (emblematico il caso della battaglia legale post separazione dalla Nelson), è rimasta sempre in piedi. Ancora oggi è un’icona del tennis, e le sue frecciatine (Twitter raccoglie le più ficcanti) fanno notizia e vanno in rete senza filtro. Dopo 65 anni vissuti sempre con l’elmetto in testa, Martina se le può permettere.

(Credits: Getty Image)

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