CLAUDIO RANIERI, L’ALLENATORE GENTILUOMO COMPIE 70 ANNI

Submitted by Anonymous on Wed, 10/20/2021 - 13:07
Hero image
Autore
Redazione
news date
News di tipo evento?
No

Di allenatori gentiluomini il calcio non ne è affatto pieno. Merce rara, anzi rarissima, di cui Claudio Ranieri è certamente fiero rappresentante. Emblema di un modo di vivere lo sport, e in particolare la disciplina collegata al pallone, che nel tempo ha smarrito la via, dimenticandosi che prima del risultato ci sono valori che non possono essere barattati per qualche ”sporco” risultato. Uomo tutto d’un pezzo, Ranieri, o forse si farebbe meglio a dire un uomo vero, semplice, schietto e genuino. Quello che va in panchina o davanti le telecamere, altri non è che il Claudio che ogni giorno si alza dal letto e la sera fa ritorno a casa, consapevole di aver fatto il massimo e di aver preso onore al mondo al quale appartiene. Se il Watford a 70 anni gli ha affidato le chiavi di una laboriosa risalita dai meandri della Premier League non è per voyeurismo o per provare chissà quale colpo a effetto, ma perché dell’aggiustatore per antonomasia si fida per davvero. E nonostante le primavere da contare comincino ad essere tante, lui continua a dispensare sorrisi e buonumore.

L’IMPRESA DEL “NORMAL ONE”

Perché si parte sempre da un bel sorriso, come quello mostrato da Klopp quando, sabato scorso, lo ha salutato prima del debutto in Watford-Liverpool, togliendosi persino il cappello in segno di riverenza. Lo 0-5 al 90’ ha confermato che il lavoro di Ranieri sarà piuttosto complesso, ma intanto il suo ritorno ha riannodato i fili della nostalgia in un paese che assistette incredula e meravigliata al più grande miracolo calcistico degli ultimi decenni. Era l’estate del 2015 e a Claudio venne affidata un po’ a sorpresa la panchina del Leicester, dopo che 9 mesi prima l’avventura con la nazionale greca era naufragata senza gloria dopo appena 4 partite. Le Foxes ambivano a una tranquilla salvezza, ma quello che accadde nei successivi 9 mesi fu qualcosa che nemmeno il più inguaribile degli ottimisti avrebbe potuto prevedere. Con una squadra di onesti mestieranti, giocatori pescati nelle serie minori o finiti ai margini di club neppure di alta fascia, Ranieri confezionò un clamoroso trionfo che ebbe una vastissima eco in tutto il mondo, mettendosi alle spalle club con disponibilità finanziarie ben superiori, oltre che storia e blasone. A 65 anni quell’allenatore minuto e dalla battuta sempre pronta, partito dal quartiere di Testaccio dove tra un allenamento e l’altro aiutava il papà in macelleria (da qui il primo soprannome “Er Fettina”, come ancora viene chiamato nel suo quartiere dagli amici di sempre), toccò il cielo con un dito, raggiungendo una vetta che per un “Normal One” (in contrapposizione allo “Special One” Murinho) non avrebbe nemmeno dovuto essere contemplata.

L’UOMO DEL SUD, IL VATE DI BATISTUTA

Ridurre però l’uomo, l’allenatore e il personaggio Ranieri al solo titolo conquistato col Leicester sarebbe troppo riduttivo. Dire che forse abbia dato di più al calcio rispetto a quanto ha ricevuto è semmai ragionamento abbastanza condivisibile. Da calciatore s’è fatto conoscere nella “sua” Roma, finendo poi al Sud tra Catanzaro, Catania e Palermo, prendendosi qualche bella soddisfazione. Da allenatore è ripartito proprio dal meridione, saltando nel 1986 sulla panchina della Vigor Lamezia per poi conquistare la prima promozione in carriera (dalla C2 alla C1) con la Puteolana. Una ragione sufficiente per attrarre l’interesse di club di primo piano: il Cagliari nel 1988 gli chiede di riportare in alto una squadra scesa fino alla terza serie, e Ranieri in due anni la riporta in A conquistando la fiducia di tutta la Sardegna, e ottenendo la salvezza al primo colpo. Il Napoli del post Maradona gli affida il difficile compito di mantenere i partenopei nelle zone nobili della classifica, raggiungendo l’obiettivo nella prima stagione, incappando nel primo esonero in carriera in quella successiva. È la Fiorentina, a sua volta finita in B, a rimetterlo in sella nell’estate del 1993, aprendo il ciclo che vede Batistuta, Rui Costa e compagni arrivare a mettere le mani sulla Coppa Italia (1996) e fino alla semifinale di Coppa delle Coppe dell’anno successivo. Ranieri è ormai conosciuto anche all’estero e nel 1997 si va a fare un bel giro in Spagna: a Valencia (dove vince Intertoto e Coppa del Re) fa benone, all’Atletico Madrid meno, complici i guai finanziari del club. Il Chelsea però nel 2000 decide di puntare su due lui e in quattro anno i Blues passano dalla metà della classifica alla Champions League. Abramovic lo sostituirà con Mourinho, ma nel cuore dei tifosi “Tinkerman” avrà sempre un posto d’onore.

QUELLO SCUDETTO SVANITO, L’UNICO VERO RIMPIANTO

Dopo un fugace ritorno a Valencia, nel 2007 torna in Italia e compie un altro capolavoro, salvando il Parma grazie a uno strepitoso girone di ritorno, alla media di 1,68 punti a partita. L‘exploit gli vale un’altra chiamata importante, con la Juventus appena tornata in A dopo Calciopoli che gli affida le chiavi dello spogliatoio: il terzo posto dell’annata d’esordio vale tanto, nella seconda il trend è meno costante e in vista del traguardo la società gli da il benservito, con la squadra che chiuderà comunque alle spalle dell’Inter. A settembre del 2009 arriva però la chiamata attesa una vita: la Roma lo cerca per subentrare dopo due sole giornate a Spalletti. Ranieri vive il suo sogno, la squadra recupera 14 punti all’Inter e arriva a giocarsi lo scudetto all’ultima giornata. Per 37’ i giallorossi saranno campioni d’Italia, poi Milito segnerà a Siena e li rispedirà due punti dietro in classifica. I rimpianti di Claudio hanno una data ben precisa: 25 aprile 2010, quando la Roma è avanti 1-0 con la Samp ma viene battuta nella ripresa, consegnando all’Inter la chance di effettuare il controsorpasso. L’idillio con la piazza viene meno nella stagione successiva, quando a febbraio si dimette e saluta tutti dopo un clamoroso ko. a Genova (da 3-0 a 3-4 nella ripresa). Ancora oggi quella è una ferita che fatica a rimarginarsi, ma Ranieri nel frattempo s’è preso le sue rivincite dopo una parentesi senza acuti all’Inter (al posto di Gasperini) e un biennio al Monaco dove vince Ligue2 e arriva secondo in Ligue1. L’intermezzo della nazionale greca quasi non lascia traccia: l’appuntamento col destino è al Leicester, che dopo il trionfo del 2015-16 nella stagione successiva lo solleva dall’incarico a febbraio, con la squadra in difficoltà in Premier ma agli ottavi di Champions. Un esonero che in Inghilterra viene assimilato a una sorta di scandalo, ma che Claudio accetta al solito col sorriso. Sa che il calcio è fatto anche di giornate così, dove non c’è posto per la riconoscenza. Nantes, Fulham e un’altra parentesi romana non rinverdiscono i fasti del passato. Alla Samp ottiene due salvezze e tanti apprezzamenti, ma con Ferrero è dura andare d’accordo. A 70 anni comincia a pensare alla pensione (quella vera), ma non resiste al richiamo del Watford. L’ennesimo capitolo di una storia che fa tanto bene a tutto il mondo del calcio. Auguri, sir Claudio.

(Credits: Getty Image)

Template News
Post
Fonte della news
SN4P
Sport di Riferimento
Calcio