NBA 20 OTTOBRE: KEMBA WALKER SCALDA KNICKS-CELTICS

Submitted by Anonymous on Wed, 10/20/2021 - 16:41
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Redazione
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L’opening night ha detto chiaramente che Giannis Antetokounmpo non ha affatto intenzione di scendere dal trono. E molti dei pretendenti scenderanno sul parquet solamente stanotte, dopo aver provato a rodare meccanismi e intesa con i compagni (vecchi e nuovi che siano) nel corso di una fugace preseason. La seconda notte NBA della stagione 2021-22 vedrà sul parquet molte delle stelle più attese, con alcuni incroci che potranno aiutare a offrire un quadro un po’ più esaustivo su ciò che il futuro a breve scadenza potrà raccontare.

KEMBA WALKER “SCALDA” KNICKS-CELTICS

Al Madison Square Garden c’è chi ha puntato la sveglia per non perdersi l’appuntamento con la (sua) storia. Perché Kemba Walker, nato nel Bronx e newyorchese doc, non vedeva l’ora di debuttare con la maglia dei Knicks. E farlo contro la sua ex squadra, che lo scorso luglio non ha esitato un istante di più a cederlo a OKC (che a sua volta poi ha accontentato il giocatore, che voleva fortemente andare a NY), rende il tutto ancor più appetitoso. Kemba, che ai Celtics non ha mantenuto le attese tra infortuni e contrasti in serie con la dirigenza, medita la sua prima vendetta. I Knicks sono una buona squadra, reduce da un’ottima stagione, pur macchiata dalla precoce eliminazione ai play-off per mano degli Hawks. Hanno in Julius Randle e Mitchell Robinson due potenziali all star e puntano a fare meglio dell’anno passato. Boston al contrario vive una sorta di anno zero: per la prima volta dopo 8 stagioni in panchina non ci sarà Brad Stevens, passato a ricoprire il ruolo di general manager, ma Ime Udoka, debuttante assoluto come head coach dopo le esperienze come assistente ai Sixers e ai Nets. Ceduto Walker, è arrivato Schroeder (reduce da un’annata no ai Lakers), che con Tatum e Brown dovrà provare ad alzare l’asticella. Il debutto al MSG è però tutt’altro che semplice, anche perché Kemba ha fatto capire di tenerci eccome a partire col piede giusto.

JOKIC NON È CONTENTO, PAUL PRENDE NOTA

Denver, abbiamo un problema. Perché se il grande appassionato di cavalli Nikola Jokic, “a tempo perso” anche prospetto all star o da primo quintetto NBA (nonché MVP in carica della stagione regolare), dice che questi Nuggets non sono tanto di suo gradimento, beh, qualcuno dovrà pure cominciare a preoccuparsi. “Joker” ha contestato il fatto che a suo dire i compagni non si stiano impegnando a fondo nel processo di crescita della squadra, tanto che in vista del debutto sul parquet di Phoenix non si aspetta nessuna buona notizia. I Suns dal canto loro, andati a un passo da un incredibile trionfo nella passata stagione (erano avanti 2-0 nella Finals, poi Giannis ha deciso di vincere l’anello e l’ha cappottati…), vogliono subito riprendere il lavoro da dove lo avevano lasciato. Chris Paul ha un anno in più sulle spalle, ma Ayton, Booker e Bridges più esperienza e i due volti nuovi (McGee e Shamet) garantiscono un apporto valido in uscita dalla panchina. Occhio però alle trade: si vocifera di un interesse marcato per KA Towns dei Timberwolves, per il quale Phoenix sarebbe pronta a sacrificare persino Ayton. Chissà che la bomba non deflagri all’interno…

SE NEW ORLEANS PIANGE, A PHILA NON VA PER NIENTE BEN…

Pelicans e Sixers hanno trascorso tutto, fuorché un’estate serena. A New Orleans, dopo la cacciata di Van Gundy, i riflettori sono sempre puntati su Zion Williamson, scelta n.1 nel draft 2020, che a riprova di una fragilità conclamata s’è tirato fuori almeno per il primo mese di RS. Il peso della squadra ricadrà allora sulle spalle di Brandon Ingram, altro prospetto che sin qui non ha mai fatto il salto di qualità. Coach Willie Green ha già le sue gatte da pelare, ma mai quante ne ha Doc Rivers. Perché a Phila da mesi tiene banco il caso Ben Simmons: l’australiano non ne vuol sapere di indossare ancora la maglia dei Sixers, complice un rapporto mai decollato con i compagni e più in generale con l’ambiente. Alla pubblica richiesta di cessione la dirigenza ha risposto picche, non trovando asset da scambiare in grado di soddisfare le richieste. E così Simmons è stato convocato per il camp in vista della nuova stagione, ma s’è presentato solo a metà ottobre e non ha mai partecipato ai lavori. Clamoroos quanto accaduto lunedì scorso, quando Simmons (per non incorrere in una multa) s’è presentato in palestra senza salutare ne rivolgere la parola a nessuno dei suoi compagni, prendendosi una metà campo tutta per se e restando sul parquet a tirare mentre gli altri si allenavano a pochi metri di distanza. La franchigia l’ha sospeso, ma la guerra è lunga dal potersi considerare prossima a concludersi. A Joel Embiid toccherà il compito di far dimenticare i guai extra campo dei Sixers, che sperano di trovare risposta anche dai giovani Thybulle e Maxey.

A RIP CITY DAME TIME È ANCORA

Altro scontento di lusso, ma con diversa predisposizione al lavoro. Perché Damian Lillard non volterà le spalle ai Blazers, pur se fino a febbraio la sua posizione sarà con vista sul mercato. Rip City spera di non privarsene mai, ma intanto già il fatto che l’estate sia trascorsa e Dame sia rimasto è un segnale di cui essere contenti. Contro i Kings, ancora lontani dal poter essere considerati un progetto a lunga scadenza, Portland riparte dalle solite certezze: oltre a Lillard occhio a Nurkic e McCullom, più Powell che rimane una garanzia. Sacramento è la solita polveriera: il caso Bagley, seconda scelta al draft 2018, messo fuori rosa dopo le accuse del manager del giocatore rivolte alla dirigenza (che non ha acconsentito a imbastire trade, nonostante la volontà di Bagley di partire e le richieste arrivate), ha reso ancor più complicata la vigilia del debutto stagionale. L’idea che si fa strada è quella di andare con un quintetto molto piccolo e un’estremizzazione di slam ball con Fox, Haliburton e Mitchell insieme contemporaneamente. Una soluzione magari già da sperimentare a Portland stanotte.

(Credits: Getty Image)

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