Inter-Juventus è il derby d’Italia e se volete sapere chi l’ha chiamato così, trovare la risposta non è poi così complicato: Gianni Brera. Perché Inter-Juventus non è un vero derby con i 140 chilometri che dividono Milano da Torino, ma è appunto la sfida tra le due squadre che oggi, come nel 1967, quando entrambe avevano già una stella sul petto e il celebre giornalista sportivo coniò la definizione, sono le più titolate del Paese, 19 scudetti una, 36 l’altra (escludendo ovviamente i due del 2005 e del 2006). Domenica sera a San Siro saranno contro in partite ufficiali per la 242esima volta. E solo un anno, com’è noto, il match è saltato in Serie A: nel 2006-2007, quando i bianconeri ripartirono dalla B dopo lo scandalo Calciopoli. Perché l’Inter, invece, come amano ricordare i suoi tifosi, in B non ha mai giocato.
INTER-JUVENTUS, UNA RIVALITÀ ANTICA
Snocciolare i numeri di Inter-Juventus non lascia il tempo che trova: i bianconeri hanno vinto 93 volte e i nerazzurri 59, con 51 pareggi, e in Serie A il gap aumenta con un eloquente 85-47 per la Juve. La differenza rivela due cose: nella storia la Signora ha avuto squadre mediamente più forti, il corso della storia ha prodotto una rivalità che non ha nulla a che vedere con il campanilismo, ma è fondata sulla lotta per la supremazia raggiunta attraverso due stili differenti. Da un lato il celebre “vincere è l’unica cosa che conta”, dall’altro la pazza Inter, estrosa e naif, a volte masochista. La Juve degli Agnelli da sempre simbolo del potere, l’Inter dei Moratti (prima padre e poi figlio a distanza di anni, con altre proprietà che si sono alternate al timone del club) l’antipotere, ma non certo antisistema.
INTER-JUVENTUS, DALLA PRIMAVERA IN CAMPO AL RIGORE DI RONALDO
Inter-Juventus è la partita delle polemiche, fin dal 1961. L’Inter vince a tavolino il 16 aprile, perché a Torino c’è un’invasione di campo con tanti tifosi entrati senza biglietto, la Juve fa ricorso e ottiene la ripetizione della partita, alla viglia dell’ultima giornata. La gara, così, si recupera a campionato finito, con lo scudetto già in tasca ai bianconeri, anche per colpa dell’Inter che si fa battere 2-0 a Catania. Così Angelo Moratti decide di mandare in campo la Primavera (che all’epoca si chiamava squadra De Martino) e l’Inter perde 9-1. Peppino Prisco, storico dirigente nerazzurro, negli anni successivi ci scherza su, ma forse neanche troppo: “Se mi dà la mano un milanista me la lavo, se ma la stringe uno juventino mi conto le dita”. Ma la madre di tutte le polemiche è quella del 26 aprile 1998, con il rigore non assegnato a Ronaldo per il contatto con Iuliano e la vittoria di fatto decisiva della Juventus. Lo scandalo Calciopoli, che coinvolge Moggi e Giraudo, scoppierà otto anni più tardi: lo scudetto del 2006 viene tolto alla Juventus e assegnato all’Inter. Massimo Moratti, senza festeggiarlo, ne andrà orgoglioso come il titolo degli onesti, i tifosi della Juve lo definiscono lo scudetto di cartone e il club continua a conteggiarlo come proprio, così come quello (cancellato) dell’anno prima.
INTER-JUVENTUS, DA MEAZZA A DEL PIERO
Inter-Juve è una delle poche grandi sfide in cui i principali marcatori risalgono ancora al calcio di un’altra epoca. A quota 12 ci sono Mezza, Sivori e Boninsegna, quest’ultimo in gol con entrambe le maglie. Ma a 10 c’è Alessandro Del Piero, che proprio dopo una delle sue magie, su punizione, contro l’Inter, mise il marchio di fabbrica sulla linguaccia, sua celebre esultanza: era il 2006 e anche se lo scudetto è stato cancellato quel gol meraviglioso a San Siro resta. Quattro anni prima segnò sempre lui, su rigore, sempre a San Siro. Ma al 95’, su una carambola, l’Inter pareggiò grazie a Toldo, proprio lui, il portiere, che si attribuì il gol, in realtà assegnato a Vieri. Quella palla sbatteva su una gamba e poi sull’altra, non finiva più di rimbalzare, e alla fine entrò. In piena stile pazza Inter.
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