ALEX ZANARDI, LA FORZA DI UN UOMO CHE NON SI È MAI ARRESO

Submitted by Anonymous on Sat, 10/23/2021 - 13:29
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Redazione
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La forza di comunicare. E non importa se le gambe da 20 anni sono solo un ricordo, se quelle braccia potenti e muscolose oggi se ne restano ferme, come a riposo, o se quella bocca dalla quale per decenni ha raccontato barzellette e ricordato al mondo quanto si è fortunati a essere vivi, oggi non rilascia più alcun suono. Perché Alex Zanardi comunque comunica, magari con gli occhi, magari con un cenno del capo, semplicemente mostrandosi per quello che è. Un combattente vero, uno al quale la vita ha chiesto un conto più salato rispetto a quanto fa di regola con le persone. Abbattuto ma non annientato, Alex non può morire, semplicemente perché è immortale. E anche se è quasi un anno e mezzo che ha dovuto affidarsi unicamente all’amore e all’affetto dei suoi familiari, tutti lo sentono vicino come fosse un’altra giornata come tante. Lui che ha reso possibile l’impossibile, spiegando mirabilmente quanto la vita, per quanto crudele possa essere, offre sempre una seconda e a volte persino una terza chance.

RIDERE È LA MIGLIORE DELLE MEDICINE

Alex è oggi uno splendido 55enne che lotta con tutte le sue forze contro il destino, quello che il 19 giugno 2020 lo ha visto finire addosso a un camion che sopraggiungeva dalla parte opposta della carreggiata. Stava partecipando a “Obiettivo Tricolore”, una specie di maratona in handbike su e giù per l’Italia, un segnale forte di ripartenza dopo i mesi del lockdown e della grande paura. Era entusiasta di quell’evento e non vedeva l’ora di arrivare a Santa Maria di Leuca, tappa conclusiva di un cammino partito dal confine con la Svizzera. Ma di confini lui non ne ha mai amati stabilire tanti: da buon spirito libero, Alex è sempre stato cittadino del mondo. Partito dal cuore dell’Emilia, da quella Bologna che per lui non era la regola, semmai la regola era ed è ancora adesso lui. Non un’eccezione, piuttosto un’ispirazione per un mondo che troppo spesso ha dimenticato le proprie radici, la propria essenza più profonda. Alex è sempre stato riconoscente al Creatore: lo ha fatto dopo il terribile incidente del 2001, quando l’auto guidata da Alex Tagliani lo centrò in pieno all’uscita dai box nel corso di una gara di Formula Cart al Lausitzring, in Germania, procurandogli ferite che nella maggior parte dei casi portano alla morte in poche ore. La pellaccia dura salvò Zanardi da quella che appariva alla stregua di una fine annunciata: quattro giorni di coma, 15 operazioni chirurgiche, due gambe amputate e l’incredibile rinascita, ben più di una seconda vita. Con quelle parole di un’ironia e una spontaneità estrema pronunciate nel giorno in cui tornò a farsi vedere in pubblico, tre mesi dopo il terribile impatto, nel corso della premiazione dei Caschi d’oro, subito dopo ave ricevuto il riconoscimento da Michael Schumacher:

“Sono così emozionato che mi tremano le gambe”.

Amava ridere, Alex. E lo avrebbe fatto ogni singolo giorno della sua vita.

LA SECONDA VITA, ASPETTANDO LA TERZA

Quei motori che per 20 anni avevano rappresentato il suo mondo, partito con tanti giovani dal mondo dei kart e finito a competere in Formula Uno e nelle massime serie americane, avevano ancora un conto sospeso da saldare. Così nel 2003 Alex tornò al Lausitzring per completare i 13 giri mancanti della gara di due anni prima, poi nel 2005 si prese persino il lusso di vincere il titolo italiano di Turismo, partecipando anche a gare europee e mondiali. Ma alla sua porta stava per bussare un’altra passione, un altro modo di ispirare i giovani e coloro che come lui non potevano vivere (apparentemente) una vita “normale”: si avvicinò al ciclismo paralimpico, ponendosi obiettivi ambiziosi e cercando di veicolare un messaggio di forza e caparbietà, proprio di chi non si arrende mai di fronte alle difficoltà. Scende da volante e salta in sella, con quelle due braccia che a mano a mano diventano sempre più grandi e potenti, tanto da condurlo a sorprende tutti alla prima maratona di New York (dove chiude quarto: era il 2007) e poi di corsa fino ai Giochi Olimpici di Londra 2012 dove conquista due medaglie d’oro nelle gare individuali e una d’argento nella staffetta mista. La storia di Zanardi diventa un inno alla vita, una meravigliosa rinascita agonistica e non solo, fonte di ispirazione anche per chi lo sport è abituato a vederlo di sfuggita al telegiornale e nulla più. Diventa il fratello di ogni italiano, l’uomo capace di dar vita ai sogni. Quando a Rio, quattro anni dopo, tornerà sul podio olimpico, conquistando altre due medaglie d’oro (una a cronometro nell’individuale e una nella staffetta) e un’altra d’argento, il suo posto nell’olimpo degli dei dello sport italiano era già stato sigillato da un pezzo. Quel che è venuto, cioè l’ennesimo titolo mondiale, è stata solo la conferma di un potenziale che a Tokyo avrebbe probabilmente fatto parlare ancora di sé l’atleta più coriaceo e tenace che il bel Paese abbia mai potuto offrire al mondo. Uno che s’è spinto sempre oltre i limiti, e che grazie a ciò è entrato una volta di più nel cuore degli italiani. Da quel maledetto giorno di un anno e mezzo fa, lo aspetta una salita alta più dell’Everest. Ma Alex non è il tipo da arrendersi. Sta scalando metro dopo metro la montagna più alta del mondo. La vetta è lontana, ma nessuno gli metterà fretta.

(Credits: Getty Image)

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