MARCO SIMONCELLI, PER SEMPRE SIC58

Submitted by Anonymous on Sat, 10/23/2021 - 13:55
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Redazione
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Se c’era una cosa che Marco Simoncelli sapeva fare bene, quella era ridere. Un sorriso mai forzato, perché a lui la vita piaceva viverla come veniva, ogni giorno con la sua pena, che poi tale non era perché bastava appunto un sorriso e tutto acquistava un altro sapore. L’essenza più profonda dei romagnoli, del resto, è figlia di quel modo di affrontare le cose in maniera fin troppo scanzonata, roba che quasi verrebbe voglia di non dar loro troppo credito, perché in fondo lì vedi sorridere e non ti viene nemmeno voglia di prenderli troppo sul serio. Che al Marco, diobo’, al Marco volevano bene tutti. Ma tutti.

E lui, Marco, quando allacciava il casco, diventata una furia, di quelli che non guardano in faccia nessuno. Sapeva estraniarsi dal suo mondo fatto di amici, sorrisi e battute, diventando un rivale temibile per chiunque provasse a intralciarne la strada. Correva forte, con le moto. L’amore che aveva cullato sin da bambino, grazie anche a papà Paolo che pur con tutte le accortezze che un padre riserva al proprio figlio non se l’era mai sentita di farlo scendere dalla sella, perché sapeva che quello era ciò che lo rendeva davvero felice. Aveva un talento naturale, nonostante un’altezza un po’ più alta rispetto a quella dei colleghi, il che non rappresentava giocoforza un vantaggio, anzi. Era un gigante in un mondo di lillipuziani, ma non sapeva che la vittoria più grande, anziché in pista, l’avrebbe conquistata nel cuore di milioni di appassionati.

A UN PASSO DALLA GLORIA

Il vero problema del Sic, almeno nei primi anni in cui arrivò a correre in top class dopo aver conquistato il mondiale in 250 nel 2008, era quello di dover raccogliere un’eredità pesantissima, dentro e fuori dal paddock. Tra lui e Valentino Rossi passavano una manciata di chilometri e una decina scarsa d’anni di differenza: l’Italia delle moto l’aveva designato quale erede naturale, anche per quella vocazione a rompere gli schermi con tutto il carico di spontaneità e simpatia che si portava appresso. Ci sarebbe voluto tempo, però, per portarlo al livello del rivale e amico, anche perché in quel terribile 2011 le cose per Marco non è che stessero andando proprio per il sottile: molti dei suoi colleghi l’avevano preso di mira, bollandolo come “pericoloso” in quanto protagonista di alcuni contatti e sorpassi che finirono sotto la lente d’ingrandimento della commissione sicurezza. Valentino fu tra i pochi a prendere le sue difese, ma quando il 23 ottobre 2011 a Sepang scattava il penultimo appuntamento di un mondiale già andato in soffitta, vinto con due gare d’anticipo da Casey Stoner, la tensione era ancora alle stelle. Simoncelli però era felice perché una settimana prima, a Philips Island, era salito sul secondo gradino del podio per la prima volta da quando correva in MotoGP, e sentiva che il momento della prima vittoria non sarebbe arrivato tanto tardi. L’incredibile carambola che lo vide coinvolto nel secondo giro di gara gli presentò un conto salatissimo da pagare: il contatto con la moto di Colin Edwards, la caduta con conseguente perdita del casco, l’incredibile quanto accidentale scontro con la moto di Valentino, il colpo al collo e la tragedia: attimi terribili, nulla in confronto delle ore successive, vissute con angoscia in ogni angolo dell’universo. Di quella mattina tremenda rimane innanzitutto lo sguardo perso nel vuoto di papà Paolo quando dalla clinica mobile gli viene comunicato che suo figlio non sarebbe più tornato. E poi le lacrime della fidanzate Kate, la stessa che pochi giorni dopo, nel giorno dei funerali, dirà che in cielo avevano bisogno di un angelo, e Marco era perfetto per quel compito, forse troppo perfetto per poter continuare a vivere su questa Terra.

SIC 58 PER SEMPRE

Il mondo dei motori è per vocazione un terreno minato, un luogo tanto adrenalinico, quanto pericoloso. Simoncelli ne ha incarnato lo spirito, la voglia di spingersi sempre oltre le difficoltà, anche il modo di affrontarlo senza paure o timori reverenziali. Il 58 nel tempo è diventato sinonimo di bellezza e di autentica nostalgia, tanto che a 10 anni dalla morte il suo ricordo è se possibile ancora più forte di quanto non lo fosse allora, quando studiava dai migliori e si preparava a diventare il nuovo volto iconico e vincente del motor sport italiano. Dopotutto, se è vero che gli eroi restano sempre giovani e belli, Marco ha semplicemente confermato la regola. E che non serve vincere per forza una gara o un mondiale per vedere scolpito il proprio nome nella leggenda.

(Credits: Getty Image)

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