I GRANDI RIVALI DI VALENTINO ROSSI

Submitted by Anonymous on Thu, 10/28/2021 - 19:27
Hero image
Autore
Redazione
news date
News di tipo evento?
No

Valentino Rossi contro tutti. Si, ma i “tutti” avranno pure un nome. Fortuna che a dirimere sul nascere la questione c’abbia pensato il diretto interessato, senza intermediari.

“Max Biaggi, Casey Stoner, Jorge Lorenzo”.

Con tanti saluti a Marquez, Gibernau e Capirossi, giusto per citarne qualcun altro. Perché alla fine i rivali, un po’ come le scarpe o i vestiti, ognuno se li sceglie a seconda dei propri gusti. Dopotutto Valentino Rossi avrebbe solo avuto l’imbarazzo della scelta per elencarne un quantitativo tale da rendere ancor più leggendaria la sua aurea, per nulla intaccata da una seconda parte di carriera che non ha certo rispecchiato quanto fatto vedere nella prima. Col tempo, però, le delusioni delle ultime stagioni scivoleranno nel dimenticatoio, lasciando spazio solo ai ricordi belli. E perché no, anche ai confronti che in un modo o nell’altro hanno contribuito a far diventare Vale il pilota più vincente e osannato della storia del motomondiale, numeri alla mano dietro solo al grande Giacomo Agostini.

QUANDO CON MAX L’ITALIA ERA DIVISA

Biaggi, Stoner, Lorenzo. Logico partire dal primo, il rivale per antonomasia, quello con il quale ha condiviso i primi anni di carriera, seppur inizialmente in classi diverse, fino poi a dare vita a un dualismo che ha spaccato in due l’opinione pubblica. Si spartivano i titoli di prima pagina, l’uno vincente in 250 (cioè Max, il “corsaro nero” dell’Aprila), l’altro in 125. E proprio un’esultanza un po’ troppo “spinta” fece scoccare la scintilla della rivalità: mentre Biaggi era impegnato (bontà sua) con Naomi Campbell, Rossi festeggiò il successo al Mugello del 1997 con una bambola gonfiale che ritraeva le sembianze di Claudia Schiffer, all’epoca antagonista principale della Campbell. Le punzecchiature a distanza trovavano terreno fertile tra i rispettivi fans, che all’inizio del nuovo millennio finalmente poterono confrontare i cavalli direttamente in pista. L’esordio di Rossi in 500 sparigliò le carte, tanto che nel 2001, al secondo anno in top class, il “Dottore” fece suo il mondiale con la Honda imponendosi proprio sulla Yamaha di Biaggi. Un’annata vissuta ad alta tensione: in Giappone i due diedero vita a un duello ai limiti del regolamento, con sorpassi e controsorpassi da brividi e un dito medio di troppo mostrato da Rossi dopo l’ultimo contatto. Il clou avvenne però a Barcellona, quando la cerimonia del podio venne funestata da una rissa verbale tra Biaggi, Rossi e Gibo Badioli, manager di Valentino, accusato da Max di averlo spintonato e di aver dato il là a quel parapiglia. Gli anni successivi furono tutti appannaggio di Rossi, anche il biennio 2004-2005 quando il passaggio di quest’ultimo in Yamaha (con Biaggi nel frattempo finito alla Honda) rovesciò l’inerzia dei valori espressi nelle precedenti stagioni. Memorabile fu un duello nel GP d’Italia del 2005, con staccate al limite e grandi gesti tecnici, vinto al solito da Rossi. Negli anni la rivalità è andata scemando, tanto che oggi i due hanno ammesso di essere stati stupidi all’epoca a soffiare sempre e soltanto sul fuoco delle polemiche. Con la vecchiaia, si sa, si diventa più saggi.

L’AUSTRALIANO CHE SAPEVA VOLARE

Casey Stoner è semplicemente l’opposto di ciò che è e rappresenta Valentino. Taciturno, riservato, amante della tranquillità, riluttante di fronte alle luci della ribalta e alle telecamere. Insomma, l’anti divo per eccellenza, dotato però di un manico da paura. Rossi l’ha riconosciuto come “il rivale più grande”, ricordando il duello di Laguna Seca 2008 come il più bello ed entusiasmante di tutta la sua carriera.

“È stato il gran premio più bello che la storia della MotoGP abbia mai saputo raccontare. Stoner era fortissimo e batterlo in quella maniera, riuscendo a stare al passo con la sua Ducati sin dalle prime curve di gara, fu semplicemente meraviglioso, oltre che emozionante”.

Tra i due il rispetto è stato sempre massimo, ma in una cosa l’australiano ha saputo andare persino oltre Vale: vincere un titolo con la Ducati, moto che invece è risultata particolarmente indigesta al fenomeno di Tavullia. Stoner è stato davvero il rivale più ostico per Rossi nella parte centrale della propria carriera, quello che forse la spinto più di ogni altro ad alzare l’asticella.

L’ALTRO GALLO NEL POLLAIO

Jorge Lorenzo a sua volta ha saputo fare qualcosa che nessun altro ha saputo ripetere: battere il “Dottore” con le sue stesse armi. Perché in Yamaha tra il 2008 e il 2010 la battaglia è stata dura, nonostante il box da condividere fosse il medesimo (ma con un bel muro di cartapesta in mezzo). Amici veri mai, perché a detta dei diretti interessati non poteva esistere una cosa del genere. Era due galli nello stesso pollaio (parole loro), ma il rispetto fuori dalla pista non è mai venuto meno. Tanto che anche nel 2015, anno dell’ultimo trionfo iridato di Lorenzo, la “colpa” di tutto quel che accadde nell’ultima parte del campionato Rossi la diede a Marquez, accusandolo di aver preferito aiutare un suo connazionale (seppur su moto rivale) pur di non veder trionfare ancora una volta colui che all’epoca lo sopravanzava nella classifica dei mondiali conquistati in carriera (appunto Vale).

EREDE SÌ, MA SEMPRE DETESTATO

Appunto, Marquez. Tenerlo fuori dalla disputa non è deontologicamente corretto, perché seppur a Rossi non sia mai andato a genio, come dimostra la mancata stretta di mano in conferenza stampa a Misano nel 2018, il confronto tra i due è inevitabile. Dopo Vale è stato proprio MM93 a raccogliere il testimone di uomo copertina del motomondiale, del campione che straccia record e fa incetta di vittorie, anche a volte con quel carattere non propriamente angelico, a dispetto dei suoi lineamenti da ragazzino sempiterno. La grandezza di Marquez sin qui è stata calcolata anche sul fatto di aver scalzato definitivamente dal trono iridato quel Valentino col quale nel 2015 ha vissuto un duello all’ultima curva, fatto di contatti proibiti, di veleni a mezzo stampa, di accuse reciproche e di aiuti più o meno mascherati, col solo intento di mettere in cattiva luce il “Dottore” e regalare il titolo a Lorenzo. Di fatto hanno monopolizzato due decadi differenti: Rossi la prima del nuovo millennio, dove ha concentrato buona parte delle sue vittorie, Marquez la seconda, segnata dal 2019 da un brutto infortunio col quale ancora oggi continua a fare i conti, tanto da aver lasciato sul piatto due mondiali (2020 e 2021) che in condizioni normali difficilmente gli sarebbero scappati via.

IL SOGNO INFRANTO DELLO SPAGNOLO MODELLO

Postilla finale: forse il vero rivale di Valentino è sé stesso, inteso come l’uomo, il pilota e il personaggio che ha saputo riscrivere pagine e pagine di storia delle due ruote. Talmente grande da non poter trovare qualcuno realmente alla sua altezza. Un po’ quello che capitò nel 2004 a uno spagnolo catapultato al posto giusto nel momento giusto, cioè sulla moto più forte del circus, rimasta orfana del “suo” padrone passato a una concorrenza (all’epoca) decisamente poco affidabile. Eppure la favola di Sete Gibernau è durata lo spazio di pochi giri, quelli del gran premio d’apertura di Welkom, in Sudafrica, teatro di una battaglia agonistica senza paragoni che vide Rossi spuntarla all’ultima curva, conquistando una vittoria che di lì a poco sarebbe diventata la regola anche col mezzo (evidentemente) erroneamente considerato meno competitivo. Povero Sete: aveva tutto dalla vita, una bella moto, una fidanzata chic e invidiata da tutti e la sensazione di poter ambire a diventare il numero uno. Si ritrovò in un amen come catapultato in psicoanalisi, per giunta a causa di un “Dottore”.

(Credits: Getty Image)

Template News
Post
Fonte della news
SN4P
Sport di Riferimento
Motociclismo