IL PRIMO MATCH DI CASSIUS CLAY: LOUISVILLE NON SA CHE IL MONDO STA CAMBIANDO

Submitted by Anonymous on Fri, 10/29/2021 - 20:19
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Redazione
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Narra la leggenda che il 29 ottobre 1960 alla Freedom Hall di Louisville il pubblico non avesse una gran voglia di mettersi seduto a guardare un banale incontro di boxe. Banale perché mica era il clou della serata, piuttosto il terzo, forse addirittura il quarto in ordine di scaletta. Aveva unicamente un richiamo, dettato da qualcosa accaduto pochi mesi prima dall’altra parte del mondo, cioè a Roma: è lì che Cassius Clay si fece conoscere negli ambienti del pugilato, conquistando la medaglia d’oro e meritandosi una chance nell’universo del professionismo. Che all’epoca però era considerato alla stregua di una galassia parallela, roba cioè che non permetteva mica poi a così tanti prospetti di saltare dall’altra parte del fosso. C’era chi sosteneva la tesi che un bravo pugile dilettante avrebbe fatto bene a restare nel suo alveo, anziché andare a prendersi inutili rischi nella terra dei giganti. E tra questi ce n’era uno particolarmente convinto che anche per quel Clay fosse meglio lasciar perdere, e continuare a concentrarsi su ciò che il dilettantismo gli aveva dato, cioè la medaglia d’oro olimpica e una visibilità tutto sommato già accettabile. Ma provare a mettere un chiodo in testa a quel giovanotto non era affatto così semplice come a parole potrebbe sembrare.

LO SCETTICISMO DI MR. PITTER

Clay voleva dominare il mondo, e magari anche danzarci sopra. Un po’ come era solito fare quando combatteva, suscitando talvolta anche l’ilarità di chi non era abituato a vedere un simile spettacolo. I colpi il giovane Cassius li portava, ma dopo aver percorso chilometri in tondo ai fianchi dell’avversario. Che quella sera di fine ottobre, per inciso, non era neppure un professionista degno di tal nome: Tunney Hunsaker era un poliziotto che aveva scelto di interrompere momentaneamente la propria carriera nelle forze dell’ordine, solo per amore dei guantoni. Uno che non sapeva che sarebbe entrato comunque nella storia, godendosi ben più dei normali 15 minuti di notorietà, solo per essere stato il primo avversario del giovane Clay. Charles M. Pitter, l’inviato del Louisville Courier Journal, ne era perfettamente a conoscenza: non avrebbe retto le 6 riprese concordate, avrebbe fatto la solita meschina figura di fronte a un ragazzo che pure era lì solo perché s’era messo al collo una medaglia olimpica, stesso motivo per cui il capo redattore lo spedì a bordo ring a raccontare quel che succedeva. Un medagliato olimpico vale sempre la pena di essere seguito, ma a quel Charles la cosa proprio non voleva andare giù. Anche se più tardi gli sarebbe costata la reputazione.

UN SORRISO CHE TI MANDA AL TAPPETO

Sul ring, le cose più o meno andarono come previsto da Pitter. Più o meno perché Hunsaker arrivò comunque alla sesta ripresa, tanto che Clay venne dichiarato vincitore solamente ai punti. Il primo passo era stato fatto, poco contava se non era arrivato il ko. e se la guardia del debuttante si era rivelata alquanto rivedibile, sintomo che di lavoro da fare ce n’era ancora parecchio. Nel chiudere il pezzo da consegnare in redazione prima della chiusura dell’edizione serale, l’inviato del Courier Journal non le mandò a dire per il sottile.

“Clay ha vinto come fece a Roma, cioè muovendosi tanto e boxando poco. E gli è andata bene che davanti c’era un pugile di fiato modesto. La vera boxe non c’entra nulla col dilettantismo, e Clay era perfetto per quello. Sui ring veri difficilmente avrà futuro. E dispiace accorgersi della cattiva coscienza di impresari che pur di far soldi degradano la boxe, mettendo sul ring pugili di valore modesto”.

Senza saperlo, quella sera Pitter scrisse il suo de profundis giornalistico. Perché mai previsione fu meno azzeccata: il giovane Cassius se l’appuntò sulla bacheca del frigorifero di casa, pronto a servirsene al momento opportuno. Che arrivò mica tanto più tardi: quando qualche anno più tardi batté Sonny Liston, conquistando il titolo mondiale, casualmente una sera incontrò proprio quel Pitter che tanto l’aveva denigrato. Da istrione qual’era, Clay (diventato già Alì) gli andò incontro, lo salutò calorosamente, gli sorrise e poi gli fece un inchino.

“C’hai viste lungo, mister Pitter, complimenti”.

Più forte di un montante, un diabolico colpo da ko.

(Credits: Getty Image)

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