L’ULTIMO MONDIALE DI AYRTON SENNA, IL PILOTA PIù AMATO

Submitted by Anonymous on Wed, 11/03/2021 - 17:40
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Redazione
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Arrivare secondo non è mai stato nelle mire di Ayrton Senna. Per lui, anzi, quella posizione somigliava tanto a una gogna: non è vero che lo diceva “solo” Boniperti, anche in Brasile sapevano che arrivare dietro al primo classificato significava essere il primo degli ultimi. Ma ci sono secondi posti che possono essere accolti comunque col sorriso, anche e soprattutto quando dipendono dalle scelte che ognuno decide liberamente di fare. E lasciar passare Gerard Berger in quel pomeriggio assolato di Suzuka era quanto di meglio il buon Ayrton avesse in animo da fare. A lui in fondo bastava solo tagliare il traguardo alle sue spalle: sapeva tenere bene i conti, e siccome il secondo posto gli avrebbe consentito di conquistare il terzo mondiale personale, di farsi scrupoli nel cedere il gradino più alto del podio al compagno di squadra proprio non se ne fece alcuno. Doppietta McLaren, titolo piloti e costruttori, tutto in un sol giorno. Anzi, in un sol Levante. L’ultima impresa di un pilota consegnato già alla leggenda.

IL DUELLO CON LA WILLIAMS

Il 1991 di Ayrton fu un lento ma inesorabile capolavoro, fatto di alti bassi al pari di ciò che ha raccontato tutta la sua parabola in Formula Uno. Sfolgorante all’inizio, con i primi quattro GP nei quali tagliò per primo il traguardo, lasciando davvero solo le briciole agli avversari. Complicato nel mezzo, perché nel frattempo la Williams Renault stava cominciando a diventare quella potenza che avrebbe dominato la scena per quasi tutto il decennio, a tal punto da mettere seriamente in discussione la superiorità del motore 12 cilindri Honda montato sotto la livrea biancorossa, gentile cadeau di Marlboro, principale sponsor McLaren. Ci volle il miglior Senna per raddrizzare la situazione: i successi in Ungheria e Belgio servirono a ricacciare indietro i propositi di Mansell, che pagò sulla sua pelle l’errore del muretto box nel concitato GP dell’Estoril, quando i meccanici sbagliarono a montare la ruota posteriore destra, che rotolò via non appena il britannico provò a uscire dalla pit lane. A Suzuka, penultimo atto del mondiale, a Senna sarebbe bastato arrivare secondo per chiudere i giochi con una gara d’anticipo, indipendentemente dal risultato del rivale. Che pure sin dallo start si ritrova dietro al brasiliano, costretto a forzare ad ogni passaggio pur di non vederlo scappare. E proprio l’errore di Mansell al decimo passaggio fa scendere in anticipo i titoli di coda sulla lotta mondiale.

IL GRAN PREMIO PIÙ CORTO DELLA STORIA

L’ultima gara della stagione, in programma due settimane dopo ad Adelaide, diventa così solo una passerella con vista sul futuro. Senna è già campione, ma dopo aver “concesso” la vittoria a Berger a Suzuka fa capire sin dalle prove di voler chiudere il campionato con l’ennesima vittoria. Per trovare un buon motivo per mettere presto la sveglia in Italia bisogna però guardare a quel che avviene in casa Ferrari, dove Prost viene silurato in anticipo (pagherà le affermazioni critiche all’indirizzo del mezzo, definitivo senza mezzi termini “un camion”), con Gianni Morbidelli promosso dalla Minardi (chiuderà ottavo alle spalle di Alesi). La gara in realtà durerà lo spazio di soli 16 giri e diventerà la più corta mai corsa in Formula Uno: una pioggia torrenziale accompagnerà i piloti sin dallo start, tanto da provocare anche diversi incidenti. Interrotta al 17esimo passaggio, inizialmente i commissari pensarono a una ripartenza un quarto d’ora più tardi, confidando in una tregua. Ma i piloti (Senna e Patrese in testa) si ribellarono a quella decisione, e così la gara venne dichiarata conclusa e i punteggi assegnati in formato dimezzato.

L’URLO DI INTERLAGOS, IL PASS PER LA LEGGENDA

In pochi quel giorno avrebbero immaginato che quello sarebbe stato l’ultimo trionfo mondiale di Ayrton. Il quale nelle due stagioni successive avrebbe dovuto pagare dazio alla crescita di una Williams divenuta pressoché imbattibile, capace di conquistare l’iride prima con Mansell e poi con Prost e di farlo sempre a suon di record. Nel 1994 quella stessa monoposto sarebbe finita proprio nelle mani di Senna, ma l’incidente di Imola gli impedì di aprire un nuovo ciclo di vittorie come quello in McLaren. Di quel 1991, invece, nella memoria collettiva è rimasto soprattutto l’urlo di gioia, rabbia e commozione seguito alla vittoria di Interlagos, l’unica ottenuta dal brasiliano davanti al pubblico di casa in tutta la sua carriera. Una gara che Senna stava dominando, fino a che il cambio decise di mollarlo a una decina di giri dalla fine. La quarta marcia fu la prima a saltare, seguita poi dalla terza, dalla quinta e pure da quelle più basse. Al pilota non restò che proseguire con la sola sesta marcia innestata, ma a costo di uno sforzo fisico immane: orfano della potenza del freno motore, ad ogni curva doveva sforzarsi di mantenere la leva del cambio in posizione e di frenare con tutte le residue energie. Alla richiesta del muretto box di procedere con cautela, Ayrton rispose aumentando la percorrenza sul giro, allo scopo di abbreviare l’agonia e di chiudere il più in fretta possibile gli ultimi chilometri che lo separavano dalla vittoria. La voglia di trionfare davanti alla sua gente lo spinse ad andare oltre i propri limiti: dirà in seguito che in quel momento fu Gesù a sostenerlo, a rendere possibile l’impossibile. Sul podio, stremato, non riuscì neppure ad alzare il trofeo. Aveva fatto la storia. Era già a banchettare con gli dèi nell’olimpo dell’automobilismo.

(Credits: Getty Image)

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