PIPPEN CONTRO JORDAN. UNGUARDED: ACCUSE A MJ23 E THE LAST DANCE

Submitted by Anonymous on Fri, 11/05/2021 - 19:33
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Redazione
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C’eravamo tanto amati. O no, forse suona meglio così: c’eravamo tante volte passati la palla. Ma il tempo cancella un po’ tutte le cose, e anziché fare pace Scottie Pippen e Michael Jordan hanno deciso di farsi la guerra. Più di vent’anni dopo il celebre ultimo ballo dei Bulls, la squadra che ha dato loro gloria immortale grazie ai 6 titoli conquistati a cavallo tra il 1991 e il 1998. Solo che sotto la cenere, a quanto pare, covava ancora il fuoco, ed è bastato un documentario su Netflix per far esplodere un caso di cui, francamente, il mondo della pallacanestro (e in generale di tutti gli amanti dello sport) non sentiva affatto il bisogno. Ma si sa, parlare di quei Bulls fa salire audience e attenzione come poche altre franchigie NBA hanno mai saputo fare. E il veleno sputato da Scottie, il “Robin” per eccellenza dello sport Made in USA, inevitabilmente qualche scossone l’ha prodotto. Anche perché apparso sostanzialmente gratuito, quasi rivolto più a far vendere copie dell’imminente autobiografia in uscita nelle migliori librerie (“Unguarded”) che non a reale veridicità storica dei fatti riportati. Perché va bene un’antipatia a pelle, ma tutto questo astio francamente puzza di bruciato.

NON SI VINCE MAI DA SOLI

The Last Dance”, la pellicola prodotta da Netflix, incentrata sull’ultima annata sul parquet di MJ con la maglia dei Bulls prima dell’annuncio del secondo ritiro dal parquet (tornerà per una comparsata, ma con la maglia dei Washington Wizards), è fatalmente la pietra dello scandalo. Con Pippen che ha accusato l’ex compagno di aver volutamente forzato la mano, realizzando un prodotto di auto incensazione teso a glorificare la propria persona e il suo status d’atleta, senza tener conto degli sforzi e della fatica fatta dai compagni in quelle stagioni nel consentirgli di raggiungere i 6 titoli poi conquistati.

“Hanno pensato soltanto a glorificare Michael senza dare il giusto merito né a me né ai miei compagni. E la colpa non può che essere di Michael, che ha avuto il completo controllo editoriale del progetto. Senza il suo ok, non sarebbe mai uscito: non solo ne è stato il principale protagonista, ma anche il regista”.

Le accuse hanno riguardato anche il lato economico, con MJ che avrebbe percepito 10 milioni di dollari per la sua partecipazione alla serie, a differenza degli zero centesimi versati nelle casse di tutti coloro che a loro volta hanno prestato il loro volto e i loro racconti. “Egoista” è la parola che ricorre più spesso tre quelle pronunciate da Pippen. Che si era sempre tenuto un po’ in disparte quando c’era da omaggiare His Air per tutti i successi ottenuti in carriera, ma che in pochi avrebbero immaginato così distante sul piano personale dal compagno di mille battaglie.

DIETRO L’INVIDIA, ANNI DI TENSIONI “NASCOSTE”

È una storia vecchia come il cucco: stare in mezzo ai riflettori piace, è gratificante e offre una dimensione che miliardi di comuni mortali possono solo sognare. Pippen nelle sue 11 stagioni ai Bulls (12 considerando la parentesi di fine carriera del 2004) ha dato tanto alla causa di Chicago, elevandosi al rango di spalla necessaria per consentire a Jordan di conquistare i primi anelli e soprattutto di far crescere il suo brand a livello globale. Ciò che viene rinfacciato oggi al 23, cioè il fatto di non aver mai avuto rispetto per i compagni dell’epoca, può apparire alla stregua di uno sfogo figlio dell’invidia, ma forse cela mali e tensioni che la serie Netflix ha saggiamente provato a nascondere. Perché è vero che i Bulls degli anni ’90 avevano l’abitudine a non sbagliare le gare che contavano, ma di difetti ne avevano al loro interno a iosa. E già il primo addio di Jordan, avvenuto il 6 ottobre 1993 (in pieno training camp e senza poter dare alla franchigia la possibilità di operare sul mercato), aveva creato una crepa all’interno dello spogliatoio. Il suo ritorno nel 1995 fu dettato da ragioni di sponsor e marketing, prima ancora che tecniche. Il fatto di aver messo altri 3 titoli in bacheca rese l’idea della forza di quel gruppo, ma le vittorie non aiutarono a riannodare i fili. E le accuse a Krause, unico su “The Last Dance” impossibilitato a rispondere (perché deceduto nel 2017), avevano sollevato a loro volta la polemica su quanto Jordan avesse voluto accentrare i riflettori su se stesso. Un sopruso che Pippen, che il mondo ha conosciuto come “Robin” di “Batman” Michael, evidentemente ha ritenuto a ragione di rimuovere.

“Non siamo mai stati amici, eravamo compagni e complici in campo, ma fuori dal campo non ci siamo mai frequentati. Valeva allora, valeva oggi”.

Per carità, ce ne saremmo fatti una ragione anche senza vederlo scritto su un libro. Ma anche quello, caro Scottie, evidentemente fa parte del gioco.

(Credits: Getty Image)

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