Il pentathlon dice addio alla prova di equitazione da Los Angeles 2028, scattano le proteste degli atleti. Non è certo passata inosservata la scelta del Uipm, consiglio direttivo dell’organo di governo internazionale dello sport, di escludere dalla disciplina la prova a cavallo una volta che si sarà conclusa Parigi 2024. Alla decisione sono seguite le proteste delle federazioni e degli atleti di tutto il mondo, racchiuse in una lettera con oltre 650 firmatari appartenenti al mondo del pentathlon.
Tra loro tanti campioni olimpici ancora in attività, spiccano i nomi dei britannici Joseph Choong e Kate French, oro a Tokyo 2020, così come quelli di David Svoboda, oro a Londra 2012, e l’azzurro Gianluca Tiberti. Ma perché questa decisione è stata così fortemente criticata dagli atleti? Oltre per la mancata consultazione delle federazioni, la decisione del comitato rappresenta un cambio di direzione netto rispetto a quella che è la storia della disciplina.
La gara di equitazione è infatti una parte della prova presente da sempre, fin dalla fondazione nel 1912, quando De Coubertin volle che “l’atleta completo” dimostrasse le sue abilità anche in sella ad un cavallo. Ad essere decisiva nella scelta anche la brutta scena a cui gli spettatori di tutto il mondo hanno assistito durante le ultime olimpiadi quando, l’allenatrice tedesca Kim Raisner, ha colpito, con dei pugni, il cavallo che stava disubbidendo.
La particolarità del pentathlon è che all’atleta viene assegnato un cavallo appena venti minuti prima della gara, impedendo così ai due di familiarizzare. È impossibile ora sapere se alle proteste seguirà un’inversione di rotta del comitato ma, se ciò non dovesse verificarsi, alla corsa, al nuoto, alla scherma e al tiro bisognerà affiancare una quinta disciplina che con molta probabilità sarà il ciclismo a cui toccherà guidare il pentathlon verso il futuro.
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