I 40 ANNI DI TRIVIAL PURSUIT E LA LEGGENDA DELL’AUTOSTOPPISTA

Submitted by Anonymous on Wed, 11/10/2021 - 17:19
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Redazione
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Quante volte ci è capitato di aprire una scatola di un gioco da tavola e scoprire che al suo interno mancano alcuni pezzi? Non un fatto isolato: perdere qualche dettaglio è un’abitudine comune a tutti, così come perdere qualche pezzo che nel caso citato finisce per rendere impossibile proseguire con il gioco. Ma se essere sbadati o confusionari è la regola, a quanti è capitato di ritrovarsi in una situazione simile e rispondere provando a realizzare un gioco alternativo? Perché il grande passo fatto da Chris Haney, ricercatore iconografico del quotidiano locale di Montreal The Gazette, e Scott Albott, giornalista sportivo del Canadian Press, fu proprio quello di andare oltre il rammarico di non poter proseguire la partita di Scarabeo. Anziché rimettere il gioco in scatola, decisero che da quella sera avrebbero pensato a come realizzare un nuovo gioco. Dove magari qualche tessera poteva anche andare persa, senza però dover giocoforza rinunciare a giocare. Nessuno dei due lo sapeva, ma in quell’istante stava per vedere la luce il gioco da tavola che avrebbe riscritto la storia dei giochi da tavola.

L’ISPIRAZIONE DATA DALLO SCARABEO “MUTILATO”

Trivial Pursuit ormai è un compagno di viaggio fedele di qualsiasi adolescente, un oggetto che raramente non trova posto negli scaffali di casa. La sua diffusione nel mondo è stata capillare e immediata: si stimano circa 200 milioni di pezzi venduti in ogni parte del globo, con le versioni online che negli ultimi tempi hanno contribuito ulteriormente ad aumentare gli incassi. Si, perché il gioco, che come vendite nella storia è dietro solo a Scarabeo e Monopoly, è diventato ben presto una sorta di passatempo irrinunciabile per ragazzi e adulti, al punto da finire spesso anche sulle discussioni legate all’ambito scolastico. Perché in fondo per giocare a Trivial Pursuit (che si traduce in “futile ricerca”, o “banale caccia” a seconda dei punti di vista) serve essere pure acculturati. Un gioco che stimola la mente e induce l’utente a volerne sapere sempre di più sui più disparati argomenti. I 6 colori, ognuno dei quali caratterizza un particolare ambito, servono proprio a testimoniare la bravura dell’uno o dell’altro in base all’argomento scelto: si va dal blu della geografia al rosa dello spettacolo, dal giallo della storia al marrone per arte e letteratura, fino al verde per natura e scienza e all’arancione per hobby e sport. Le regole sono piuttosto semplici: l’obiettivo è arrivare al centro dell’esagono dopo aver risposto bene alle domande di ogni singola categoria. E il domandone finale, da estrarre in base all’argomento, è l’ultimo ostacolo prima dell’incoronazione del vincitore.

I COSTI PROIBITIVI, LA SVOLTA CON HASBRO

Quando nel 1979 Haney e Albott decisero di cominciare a lavorare su un nuovo gioco, chiesero dapprima aiuto a John Haynes (fratello di Chris) e poi all’avvocato Ed Werner, che avrebbe contribuito a registrare il marchio attraverso una nuova società chiamata Horn Albott Ltd,. A scegliere il nome del gioco fu invece la moglie di Chris. Il 10 novembre 1981 venne depositato il brevetto, dando di fatto il via ufficiale alla storia di Trivial Pursuit. All’inizio però non furono tutte rose e fiori: benché l’idea fosse buona, il costo del prodotto si aggirava intorno ai 75 dollari, a fronte di un prezzo di vendita inferiore ai 30 dollari. La Horn Albott Ltd aveva dunque vita breve: già nel 1982, dopo che il gioco venne presentato alla fiera internazionale del giocattolo a New York, i soci decisero di cedere la licenza del gioco ad Hasbro, che subito ne intuì le potenzialità, riuscendo anche a imporre un prezzo tale da poterne ricoprire i costi. La scommessa di Hasbro pagò subito dividendi: nel 1984 solo in Canada si arrivò a vendere oltre due milioni di pezzi, e ben presto la Trivial Pursuit mania arrivò a toccare anche gli Stati Uniti e il mercato europeo. In Italia l’anno di debutto del gioco fu il 1984: a presentarlo, in un evento tenuto presso il Circolo della Stampa a Milano alla presenza di numerosi volti dello spettacolo, dello sport e della letteratura. Pur a fronte di un prezzo piuttosto elevato per l’epoca (99.000 lire), la novità fece breccia nei primi mesi, senza però riuscire davvero a sfondare almeno fino alla metà degli anni ’90, quando il lancio di una versione aggiornata nei contenuti e ridotta nel costo (55.000 lire) lo proiettò in cima alla lista dei desideri di tante famiglie. Da allora, Trivial Pursuit è entrato nelle case degli italiani come nessun altro gioco ha saputo fare da almeno 30 anni a questa parte.

LA LEGGENDA DELL’AUTOSTOPPISTA

Di versioni, oggi, ne esistono a iosa. Tradotto in 17 lingue e distribuito in oltre 30 paesi, spesso con domande personalizzate, Trivial Pursuit è più che mai attuale e al passo con i tempi. E continua a stimolare la fantasia degli appassionati, tanto che in Russia è stato creato temporaneamente un albergo ispirato proprio al gioco, dove in base alle risposte offerte si può persino arrivare a soggiornare gratuitamente (è la cultura che paga, in tutti i sensi). Qualche anno fa, poi, la genesi del gioco è tornata d’attualità quando David Wall, appassionato di giochi da tavola, se ne uscì dicendo che l’ideale originale di Trivial Pursuit era stata sua. Solo che la raccontò a un’autostoppista, che poi in futuro scoprì essere Chris Haney, accusandolo di avergli rubato l’idea. La causa, fatta con 30 anni di ritardo, produsse un nulla di fatto, ma servì a convincere tutti che nel dubbio, agli sconosciuto, è sempre bene non rivelare troppe idee o segreti.

(Credits: Getty Image)

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