DANIIL MEDVEDEV, IL RUSSO CHE PIACE A POCHI MA BATTE (QUASI) TUTTI

Submitted by Anonymous on Fri, 11/19/2021 - 14:37
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Redazione
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Avete presente l’immagine di quei russi tutti d’un pezzo, niente sorrisi e forza bruta che esce da tutti i pori, rigidi come l’inverno di San Pietroburgo e simpatici manco per sogno? Ecco, Daniil Medvedev è più o meno l’esatto opposto. Oddio, sulla simpatia qualcuno avrebbe certamente da obiettare. Nel senso che simpatico lo è, ma molto a modo suo. Di un’ironia che non sempre è facile cogliere. Che sia di forza bruta, beh, anche questo è opinabile: somiglia di più a un muro di cemento armato, che rimanda dall’altra parte del campo qualunque cosa gli venga tirata addosso. Alto, magro, sgraziato (stilisticamente parlando), ma efficace come pochi. E oggi come oggi, l’unico vero rivale di Novak Djokovic nella corsa al primo posto mondiale. Tanto da avergli fatto persino uno sgarbo destinato a fare clamore: battendolo in finale all’US Open, gli ha tolto la possibilità di centrare il grande slam, cioè di vincere tutti e 4 i titoli dello slam nello stesso anno. Un evento che sarebbe stato salutato alla stregua delle imprese delle imprese. Già, ma se di mezzo ci va Daniil, certi programmi rischiano di saltare in un battibaleno.

ANTICONVENZIONALE IN TUTTO

Per qualcuno è la faccia “cattiva” del tennis contemporaneo, ma forse è solo un po’ di invidia, quella che produce tanto fastidio agli occhi dei detrattori. Di sicuro Medvedev fa poco per rendersi simpatico agli occhi del grande pubblico, tra rimproveri plateali ad arbitri e giudici di sedia, risposte piccate agli spettatori (anche con ampi gesti poco edificanti e vietati a un pubblico minore di 18 anni), frecciatine al vetriolo all’indirizzo degli avversari. L’ultima bravata, se tale si può definire, l’ha riservata a Sinner nel corso della gara disputata giovedì 18 novembre alle Nitto ATP Finals di Torino: durante un cambio di campo, giunto nei pressi dell’altoatesino, si è lasciato andare a uno sbadiglio decisamente inconsueto.

La verità è che volevo andare a casa in fretta, come avete visto nel primo set. Ma poi Jannik ha giocato benissimo e me l’ha impedito. Ciò non toglie che ero stanco e pensavo fosse carino farlo capire in quella maniera

ha risposto col sorriso nel post match alle domande (spesso impertinenti) dei cronisti. Del resto, chi lo conosce bene, sa che Daniil fuori dal campo è tutta un’altra persona: sorridente, scanzonato, un po’ guascone e sempre pronto a fare un po’ di baldoria. Solo che quando vede la rete si trasforma e diventa spesso e volentieri intrattabile. Un po’ come McEnroe, anche se nato dalla parte opposta del mondo.

L’ASCESA DI UN TENNISTA DIVERSO DAL SOLITO

Il giorno che è venuto alla luce, l’11 febbraio del 1996, il tennis russo conosceva una pagina triste della sua storia: al Foro Italico l’Italia di Adriano Panatta, guidata in campo da Andrea Gaudenzi, Renzo Furlan e Diego Nargiso, faceva suo il primo turno di Coppa Davis proprio contro la Russia al termine di un week-end a dir poco emozionante, nonostante il freddo pungente e il clima inclemente. Daniil non poteva sapere che in qualche modo nel suo futuro ci sarebbe stata una racchetta: gli studi di fisica e matematica, mai completati all’Università, testimoniano però quanto la sua mente sia strutturata e analitica. E in fondo quando gioca è molto analitico, quasi scientifico nei colpi che riserva agli avversari. A 17 anni comincia a farsi notare nei tornei Futures sparsi in tutto il mondo, tanto che il primo lo vince in Georgia battendo in finale Gianluca Mager. Il primo Challenger arriva nel 2016 a Saint-Remy de Provence, poi nel 2017 comincia a farsi vedere assiduamente nel circuito ATP, perdendo la finale di Chennai contro Batista Agut ma salendo tra i primi 50 giocatori al mondo. E dal 2018 repentinamente l’orizzonte cambia: battendo De Minaur vince il primo titolo ATP della sua carriera a Sydney, poi ad agosto si ripete a Winston-Salem e a ottobre nell’ATP 500 di Tokyo, superando l’idolo di casa Kei Nishikori. A fine anno è numero 16 al mondo, ma nel 2019 fa ancora meglio conquistando 9 finali, vincendone 4 (tra le altre arrivano i primi Masters 1000 a Cincinnati e  Shanghai) e perdendone 5, di cui una, all’US Open, dopo una maratona infinita contro Rafael Nadal. E se nel 2020 tira un po’ il fiato, concedendosi solo due trofei in bacheca (Parig-Bercy e le ATP Finals di Londra), nel 2021 diventa il primo rivale di Djokovic tra tutti i tennisti in gioco: approfittando degli infortuni di Federer e Nadal sale fino alla numero 2 mondiale, primo atleta a riuscire nell’impresa dal 2005 (all’infuori di Djokovic, Federer, Nadal e Murray), mettendo le mani sul primo slam in carriera, appunto il già citato US Open nel quale regola Nole in tre set.

DARIA, GILLES, LA PLAY E LA PALESTRA

Devastante sul cemento, non così performante sulla terra e tantomeno sull’erba, Medvedev rappresenta oggi il primo faro della ricostruzione post Fab 3 del tennis mondiale. Sposato con Daria, che lo accompagna in ogni angolo del mondo, è allenato da Gilles Cervara, che lo segue dal 2017 ma che spesso, a furia di scontrarsi con lui, abbandona il palco pur di non uscire completamente dai gangheri. Detto della sua preparazione fisica e matematica, ama giocare alla play e passa molto tempo in palestra, dove si esercita soprattutto con pesi ed esercizi di equilibrio. Quello che in campo spesso non ha, anche se così facendo disorienta ancor di più gli avversari. Che adesso lo temono, sapendo che la sua fame è ancora bel lontana dall’essere saziata. Un po’ di riposo in Costa Azzurra e poi si riparte all’assalto di qualche titolo.

(Credits: Getty Image)

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