KRISTIAN GHEDINA, IL FUORICLASSE CHE HA SFIDATO LE LEGGI DELLA FISICA

Submitted by Anonymous on Sat, 11/20/2021 - 16:55
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Redazione
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Cosa è mai la paura? Non provate a chiederlo a Kristian Ghedina: lui la paura non l’ha mai conosciuta, neppure da bambino, quando saltava da un ramo all’alto di un abete alto 10 metri per emulare Tarzan, oppure si lanciava con una motocicletta costruita alla meglio con qualche rottame recuperato in discarica lungo una pista da bob con gli amici. E da adulto, con tanti muscoli e un po’ più consapevole sfrontatezza, altro non gli restava da fare, se non lanciarsi a 150 e passa chilometri orari lungo le discese più vorticose della Coppa del Mondo di sci. In età ancora più avanzata, poi, non s’è fatto mancare neppure qualche buon campionato ad alto livello con le vetture turismo, sempre col piede a tavoletta (che domande). Chissà adesso come se la cava con pannolini e vestiti per bambini, ma di sicuro anche da papà di Natan il buon Kristian qualche sana “mattata” deve averla messa in conto. Anche oggi che compie 52 anni, di cui una ventina abbondanti passati tra una seggiovia e l’altra prima di pennellare curvoni e diagonale come un forsennato, diventando il miglior discesista italiano di tutti i tempi (Paris permettendo, s’intende).

LA PERDITA DELLA MAMMA, LA MOLLA PER ANDARE PIÙ FORTE

Ghedo per tutti, “Broco” per gli ampezzani (è il soprannome di famiglia: a sentire Kristian, a Cortina tutti si chiamano Ghedina e c’è bisogno di distinguerli in qualche maniera), il discesista è stato davvero un punto di riferimento della valanga azzurra a cavallo del nuovo millennio. Ha vissuto l’ultima parte della grande parabola di Alberto Tomba, del quale ancora oggi è un caro amico, e s’è preso la prima parte del 2000, trovando sempre qualcuno in grado di impedirgli di puntare alla Coppa del Mondo assoluta (soprattutto Hermann Maier). Ma nell’immaginario collettivo Ghedina è il fuoriclasse che ha rispolverato la grande tradizione italiano in discesa libera, come nessuno aveva saputo più fare dai tempi del grande Zeno Colò. E dire che la neve da adolescente gli aveva tolto la cosa più preziosa che poteva avere: sua mamma Adriana, prima maestra di sci di Cortina, morì nel 1985 in seguito a un incidente occorso durante un fuoripista sul Monte Cristallo, e quell’episodio, anziché bloccare sul nascere la carriera del 16enne Kristian, finì per sbloccarlo mentalmente.

Prima dell’incidente di mia madre sugli sci non andavo così forte. Dopo la sua morte, però, pensai che lei volesse che facessi proprio lo sciatore, ed è come se di colpo presi la sua forza e la sua fiducia. Cambiai completamente orizzonte e cominciai ad andare fortissimo.

Ad appendere gli sci al chiodo fu la sorella Katia, più grande di lui e (a sentire Ghedo) pure più talentuosa, nonché prima fidanzatina di Tomba a metà degli anni ’80. Kristian invece era solo all’inizio di una parabola che l’avrebbe portato in fretta a competere con i migliori: quando nel 1990, nella “sua” Cortina, batté il suo idolo di gioventù Pirmin Zurbriggen, conquistando la prima vittoria in Coppa del Mondo, gli sembrò di toccare il cielo con un dito. Due settimane prima era caduto male sulla Streif di Kitzbuhel, procurandosi una commozione cerebrale. Ma ormai aveva davvero rotto il ghiaccio.

L’INCIDENTE D’AUTO, LA RINASCITA SUGLI SCI

A rischiare di far vanificare tutto quel talento ci si mise uno spaventoso incidente stradale nel 1991, poco dopo aver conquistato la prima medaglia iridata in combinata: 9 giorni di coda, danni cerebrali e in più parti del corpo, tre anni di difficoltà a ritrovare la gamba dei giorni migliori. Con pazienza, però, Ghedo sarebbe tornato a competere con i migliori: nel 1995, vincendo a Wengen e Whistler Mountain e centrando altri tre podi, sfiorò persino la vittoria nella classifica di specialità di discesa, superando sul fino di lana da Luc Alphand. E nel 1996, nei mondiali di Sierra Nevada, conquistò l’argento in discesa dietro l’austriaco Ortilieb. Il feeling con la rassegna iridata era tornato quello di un tempo, mentre per tanti motivi quello con le Olimpiadi non sarebbe mai sbocciato: se ad Albertville e Lillehammer i postumi dell’incidente del 1991 furono la causa dei suoi scarsi risultati, a Nagano e Salt Lake City non riuscì mai a trovare il giusto feeling con la pista, mentre a Torino (dove chiuse 23esimo) arrivò solo con l’intenzione di chiudere la carriera. Ma un modo per restare nell’immaginario collettivo lo avrebbe comunque trovato.

LA STREIF NEL DESTINO. E QUELLA SPACCATA…

Il giorno dei giorni per lui fu il 24 gennaio 1998: a Kitzbuhel, davanti a 50mila tifosi, Ghedina conquistò (primo italiano nella storia) l’ambitissimo camoscio d’oro riservato ai vincitori della Streif, vincendo la discesa libera più attesa della stagione. In totale saranno 13 le vittorie in Coppa del Mondo, di cui tre sull’amata Saslong di Val Gardena, la pista che più di ogni altra riuscirà ad esaltarne le qualità tecniche e di scorrevolezza. Sempre il 24 gennaio, ma del 2004, Ghedo entrerà a modo suo nella storia tenendo fede a una promessa fatta al cugino Francesco dopo la prova del giorno precedente.

Poco prima dell’arrivo feci una spaccata, un gesto simpatico per far divertire i pochi presenti al traguardo. Mio cugino la sera stessa mi disse che non avrei avuto il coraggio di fare la stessa cosa in gara. Naturalmente non ci pensai su un istante di più e sullo schuss finale improvvisai quella spaccata. Ancora oggi vengo ricordato più per quell’episodio che per le mie vittorie.

Nonostante siano trascorsi 15 anni dal suo ritiro (tornò in gara ai campionati italiani del 2009 piazzandosi sesto, ma quasi per gioco), Ghedina resta un’icona dello sci italiano. In auto s’è fatto rispettare (pur senza grosse pretese), da allenatore ha dato una mano a Ivica Kostelic, adesso si gode la famiglia con la fidanzata Patty, il piccolo Natan e le sue montagne ampezzane, magari attendendo con trepidazione i giochi di Milano-Cortina 2026 dopo che i mondiali del 2021 (di cui era ambasciatore) il Covid li ha un po’ smorzati, costringendo gli organizzatori a tenere lontano il pubblico. Sarebbe stato per lui l’ennesimo bagno di folla, a riprova di un legame con gli appassionati reso ancora più forte da una simpatia innata e una voglia di divertirsi che non conosce limiti. Detto da chi ai problemi nella vita risponde con una bella spaccata.

(Credits: Getty Image)

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