ATP FINALS, LE 5 FINALI PIÙ BELLE

Submitted by Anonymous on Sun, 11/21/2021 - 12:45
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Redazione
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Quando in campo scendono i maestri, nessuno può resistere alla tentazione di dare una sbirciata. Sarà che la voglia di tennis è tornata dilagante nel grande pubblico (gli ascolti Rai stanno lì a dimostrarlo), sarà che quando di mezzo ci vanno i più forti del lotto il richiamo è più, ma in un modo o nell’altro non sbaglia affatto chi ritiene che le ATP Finals siano diventate in tutto e per tutto il vero quinto slam. E allora tanto vale dare un’occhiata a ciò che ha raccontato il passato, andando a pescare le finali più iconiche del torneo di fine stagione. Quelle alle quali tutti avrebbero voluto dire “io c’ero”, sentendosi parte di un qualcosa di veramente più grande.

1972, LA RESA DEI CONTI TRA NASTASE E SMITH

Quella del 1972 al Palau Blaugrana di Barcellona fu la prima vera finale di un Masters, nonostante quella fosse già la terza edizione della rassegna. Ma se nelle prime due annate non esisteva un atto conclusivo, ma il vincitore veniva decretato dalla classifica complessiva legata a un girone all’italiana (dove tutti affrontavano tutti), a partire da quell’anno si cominciò a delineare una formula più tradizionale. E fu una sorta di resa dei conti tra Ilie Nastase, vincitore dell’edizione precedente, e Stan Smith, che aveva conquistato quella d’esordio due anni prima. Vinse il rumeno, ma solamente dopo 5 tiratissimi set, e soprattutto dopo aver dilapidato un vantaggio di due set a zero e rischiato di farsi rimontare dal rivale statunitense, vendicando (almeno in parte) la sconfitta patita sempre in quell’anno a Wimbledon, dove il quinto set fu favorevole a Smith. Più che la finale, però, dell’edizione 1972 si ricorda la semifinale tra Smith e Tom Gorman, suo compagno di doppio in Davis, che si ritirò dalla partita quando si apprestava a servire un match point. Il motivo? Un forte dolore alla schiena, divenuto insopportabile nel corso degli ultimi game della partita, e che di fatto gli avrebbe impedito di giocare la finale. Pur di non qualificarsi, preferì ritirarsi a un passo dalla gloria.

1981, LA RIVINCITA DI LENDL SU GERULAITIS

Ivan Lendl ha già portato il tennis in una nuova dimensione quando gli anni ’80 fanno il loro ingresso sulla scena. E un anno prima contro Bjorn Borg, non ha saputo resistere alla classe dello svedese, capace di conquistare per il secondo anno di fila l’ambito Masters di fine stagione. Stavolta però di fronte al cecoslovacco c’è Vitas Gerulaitis, genio e sregolatezza della racchetta, ma soprattutto fuori dal campo tra feste, festini e chi più ne ha, più ne metta. Si sono già affrontati all’US Open qualche mese prima, con Vitas capace di resistere al ritorno di Lendl e di vincere al quinto set dopo aver annullato tre break point nel game in cui serviva per il match. Al Masters di NY tira aria di rivincita: Gerulaitis scappa nuovamente sul 2-0 e sul 6-5nel terzo vede la vittoria, ma Lendl gli annulla un match point. Di colpo la partita gira: l’europeo la forza al tiebreak e lo fa suo, poi vince facile il quarto set e infine si prende anche il quinto, ottenendo il break in apertura. Gerulaitis, che aveva già messo le mani sul trofeo, si ritrova ribaltato e costretto a fare l’unica cosa che gli restava da fare: scappare sulla sua Rolls Royce gialla e dirigersi in qualche locale notturno della grande mela. Magra consolazione.

1988, LA MARATONA VINCENTE DI BECKER CHE CHIUDE L’ERA LENDL

Sono passati 9 anni dalla prima finale di Ivan Lendl al Masters. Nelle precedenti 8 edizioni, l’ex numero 1 al mondo è sempre stato invitato al banchetto conclusivo. E in due occasioni (1985 e 1986) a cedergli il passo fu un tedesco dai capelli rossastri, di nome Boris e di cognome Becker. Che guarda a caso si ripresenta nel 1988 per provare a interrompere l’egemonia del cecoslovacco, che anche l’anno prima aveva griffato l’ultimo torneo di stagione battendo Mats Wilander, che pure poco dopo si sarebbe preso la rivincita negli slam e nella classifica mondiale, scalzandolo dalla vetta. La sfida tra Lendl e Becker stavolta è un autentico romanzo: il primo set dura 59’ e lo porta a casa Lendl per 7-5, il secondo va ancora oltre (un’ora e 7’) e al tiebreak se l’aggiudica il tedesco. Che però nel terzo paga un po’ dazio alla fatica, subisce un break e non riesce a reagire. Nel quarto, ancora una capriola: stavolta è Lendl a faticare più del dovuto, perde tre volte il servizio e Becker non si lascia sfuggire l’occasione per allungare la gara al quinto. Dove la partita sale d’intensità: Lendl litiga col giudice di linea Hings, ma tiene la battuta e altrettanto fa il rivale, tanto che si arriva sul 5-5 e servizio Becker in piena apnea. Ma stavolta Lendl si ricorda di essere ancora un fuoriclasse, e con un game quasi perfetto (concluso da un doppio fallo del tedesco) scappa sul 6-5, andando a servire per il torneo. Ma ancora una volta Becker si risolleva con due passanti di rovescio da stropicciarsi gli occhi. Decide tutto il tiebreak: solito equilibrio pazzesco, sul 5-5 Becker forza col rovescio e il passante di Lendl esce di un millimetro. Boris non mette la prima, serve lenta la seconda, dando il là a uno scambio fatto di 37 colpi. L’ultimo lo mette proprio il tedesco, col nastro che smorza e fa cadere la palla appena dopo la rete. Dopo 4 ore e 32’, Ivan Lendl incredulo saluta l’ultima finale della sua carriera nel modo più ingeneroso che il destino avrebbe potuto riservargli.

1996, IL GIORNO IN CUI SAMPRAS AMMUTOLÌ HANNOVER

C’è sempre Becker negli appuntamenti con la storia. Ma stavolta lo sfidante è Pete Sampras, e sulla carta è il favorito. Si gioca ad Hannover alla fine del 1996, nella prima delle quattro edizioni disputate dalla città del nord della Germania. Che fa tutta il tifo per l’idolo di casa, all’ultimo grande appuntamento della sua carriera. Il primo set è un monologo di BB, che serve come un ossesso e non lascia scampo al rivale. Il quale nel secondo è più aggressivo al punto da obbligare Becker a salvare due palle break sul 5-5. Nonostante ciò Sampras riesce comunque a spuntarla al tiebreak. Nel terzo set tocca all’americano a salvare due palle break con altrettanti ace sul 3-2 per Becker, e ancora una volta il set si decide al tiebreak e vede prevalere Pistol Pete, anche perché il tedesco paga un avvio tutto in salita (0-3) e soprattutto un doppio fallo che gli costa carissimo sul 4-4. Il quarto è pura bagarre: Sampras non riesce a scappare via ma sul 5-4 e servizio Becker si ritrova a due punti dal match, ma il tedesco risponde con un dritto e un ace. Al tiebreak stavolta è una lotta furiosa: Sampras spreca due match point, mentre a Becker servono cinque set point per prolungare la partita al quinta, spuntandola per 13-11. Per 27 turni di battuta BB non concede chance di break al rivale, ma al 28esimo l’incantesimo si rompe e alla fine a fare festa è lo statunitense, che rovina la festa del popolo di Hannover.

2005, LA PAZZA VITTORIA DI NALBANDIAN SU RE ROGER

Già da due anni Roger Federer è il nuovo padrone del tennis mondiale. E guarda a caso aveva concluso sempre la stagione vincendo al Masters, disputato outdoor a Houston e funestato in ambedue le circostanze dal maltempo. Contro David Nalbandian, nel 2005, il torneo di sposta definitivamente al chiuso e fa tappa per la prima volta a Shanghai. Lo svizzero si presenta all’appuntamento non in perfette condizioni, complici l’infortunio alla caviglia rimediato a fine estate e che l’ha costretto ad andare sotto i ferri. Ma il 6-0 6-0 rifilato a Gaston Gaudio in semifinale è un monito forte e chiaro per Nalbandian, che si ritrova a giocare la partita della vita contro l’avversario più temuto. Che pur non essendo al top della forma è pur sempre il numero uno al mondo: i primi due set Federer li porta a casa entrambi al tiebreak (chilometrico il secondo, vinto 13-11), ma dopo due ore e passa di partita le sei settimane di stop si fanno sentire. E di colpo la partita gira dalla parte dell’argentino. Che capisce di avere la chance più ghiotta, demolendo anche psicologicamente lo svizzero. Vince 6-2 il terzo set e 6-1 il quarto, scappando sul 4-0 nel quinto. Fanno 16 game vinti su 19, un’onta che Federer non può certo stare a guardare. E la classe infinita del campione viene fuori all’unisono: rimonta fino al 4-4, poi trova un altro break e scappa a servire per il torneo sul 6-5. Arriva a due punti dal match, ma c’è un altro ribaltone alle porte: Nalbandian stampa 4 punti di fila e prolunga la sfida al tiebreak, dove s’impone per 7-3. Federer chiude una striscia di 35 vittorie di fila e manca l’aggancio a McEnroe, che nel 1984 aveva vinto 82 volte sulle 85 partite disputate. 

(Credits: Getty Image)

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