GARY LINEKER, L’ATTACCANTE GENTILUOMO TERRORE DEI PORTIERI

Submitted by Anonymous on Tue, 11/30/2021 - 11:02
Hero image
Autore
Redazione
news date
News di tipo evento?
No

Di motivi per passare alla storia, Gary Lineker ne ha avuti tanti, persino troppi. C’è solo l’imbarazzo della scelta, ma molti in modo un po’ inclemente partono sempre da un evento piuttosto… imbarazzante. Perché Gary è forse il primo giocatore ad aver candidamente ammesso di essersela fatta addosso (e non in senso metaforico) durante una partita di calcio. Storia vecchia di 31 anni: era l’11 giugno 1990 e sul prato del Sant’Elia di Cagliari, avversaria l’Irlanda di Bobby Charlton (si, proprio sir Bobby, che assieme a Rooney è il solo ad aver segnato più reti con la maglia della nazionale dei tre leoni rispetto a quanto ne ha segnate Lineker), l’Inghilterra era al debutto nella rassegna mondiale di Italia ’90. Gary aveva già timbrato il cartellino, come d’abitudine, dopo appena 9’, ma nella ripresa, a seguito di uno scontro piuttosto rude di gioco, un colpo subito all’addome gli procurò una reazione che non seppe controllare. Da vero gentlemen qual’era (e qual è) riuscì a nascondere il tutto, arrivando a confessare il misfatto ben 21 anni più tardi. E strappando una risata a chi in quelle stesse condizioni, probabilmente, avrebbe fatto una figuraccia in mondovisione.

LA CORRETTEZZA FATTA GIOCATORE

Ecco, a memoria di figuracce nella carriera di Lineker non se ne ha affatto notizia. Un professionista impeccabile, un modello fuori tempo per qualsiasi era calcistica. Vi basti un dato, forse il più emblematico di tutti: in 647 gare ufficiali disputate tra formazioni di club e nazionale, Gary non ha mai preso né un cartellino giallo, né tantomeno un’espulsione. E non si dica che negli anni ’80 e ’90 gli arbitri fossero più teneri: di botte con i difensori avversari se n’è date tante, e magari qualche maglietta se la sarà pure sfilata in preda all’adrenalina del momento dopo una delle 329 reti messe a segno, ma nessun arbitro è andato più in là di un rimprovero o un avvertimento. Se c’era qualcuno che poteva dimostrare al mondo come ci si comporta in maniera esemplare su un campo di calcio, quello non poteva che essere un inglese. Soprattutto, quello non poteva essere che Lineker.

PRIMA PROFETA IN PATRIA, POI GRANDE CON L’EVERTON

Nato a Leicester il 30 novembre 1960, fino a 16 anni il piccolo Gary (che di secondo nome fa Winston come Churchill, con cui condivide la data di nascita) quasi non sembrava neppure troppo ammaliato dal pallone. Tanto da dividersi tra l’ovale del rugby (passione dilagante nel territorio da dove proviene, casa dei Tigers dove per anni ha fatto sfracelli Martin Castrogiovanni) e la mazza da cricket, abbandonati però proprio per entrare nelle giovanili del City nell’estate del 1976. Passeranno appena due anni prima di vederlo esordire in prima squadra, che milita in seconda divisione ma che nel 1980 sbarca in quella che anni dopo sarebbe diventata la Premier League. Lineker è un attaccante versatile, bravo a muoversi da prima punta ma anche in appoggio di un altro compagno. L’apprendistato nella massima divisione inglese non è semplice, tanto che dopo una sola stagione il Leicester torna in Second Division. Ma è il punto di svolta della carriera di Gary, che in due stagioni fa capire a tutti che razza di centravanti è sbocciato nel Leicestershire: nella prima segna 19 reti tra campionato ed FA Cup, nella seconda 26 laureandosi capocannoniere e riportando le Foxes in First Division. Dove non smette di segnare: 22 nel 1983-84, anno in cui a maggio debutta in nazionale in amichevole contro la Scozia, 24 nell’annata successiva (più 5 in coppa), dove conquista il trono dei cannonieri e diventa l’oggetto del desiderio dei club più blasonati del paese. Leicester ormai gli sta stretta: l’Everton bussa prepotentemente alla porta e lo consacra nell’elite mondiale grazie a una stagione da 38 reti complessive, di cui 30 in campionato (dove si conferma re dei bomber) e 8 in FA Cup.

MESSICO 1986, IL MONDIALE DELLA CONSACRAZIONE

Il 1986 è soprattutto l’anno del mondiale in Messico, e Lineker è il tiratore scelto della nazionale inglese, guidata da Bobby Robson. Che prima lo affianca al milanista Hateley, senza però ottenere riscontri, quindi gli mette accanto Beardsley, attaccante del Newcastle, trovando la formula magica. Dalla terza partita in poi, quella con la Polonia, l’Inghilterra cambia passo, ricacciando indietro lo spettro di un’eliminazione anticipata e consegnando a Gary l’onore della risalita. La tripletta alla Polonia è il segnale che il bomber s’è svegliato: firma una doppietta anche negli ottavi contro il Paraguay (vittoria per 3-0), poi però il suo sesto acuto nella rassegna non sarà sufficiente per consentire agli inglesi di superare lo scoglio rappresentato dall’Argentina di Maradona, che prima segna di mano (la Mano de Dios), quindi firma il momentaneo 2-0 dopo aver saltato come birilli i difensori avversari e messo a sedere Shilton. L’Inghilterra esce a un passo dalle semifinali, ma Lineker torna dal Messico con un titolo di capocannoniere in tasca e un contratto da sogno al Barcellona, per il quale lascia l’Everton dopo appena una stagione. La scelta è motivata anche dalla voglia del giocatore di confrontarsi con il palcoscenico delle coppe europee, precluso alle squadre inglesi per 5 anni dopo la strage dell’Heysel. Al Barça trova in rosa altri due britannici (il gallese Hughes e l’irlandese Archibald), oltre a Terry Venables in panchina. La prima annata è positiva sotto il profilo personale (21 reti totali), impreziosita da una tripletta con la quale stende gli odiati rivali del Real Madrid, ma quest’ultimi alla fine vincono la Liga e nelle coppe i blaugrana si fermano sempre ai quarti. L’anno dopo Lineker si ripete dal punto di vista realizzativo e alza il primo trofeo in terra catalana, vale a dire la Copa del Rey. L’anno dopo, con l’avvento di Cruyff in panchina, le cose per lui si complicano: l’olandese lo sposta a fare l’esterno d’attacco e la media realizzativa di Gary crolla (appena 11 reti). Vince la Coppa delle Coppe, ma a fine stagione fa le valigie e torna in patria. Lo attende il Tottenham, dove nel frattempo è sbocciato un certo Paul Gascoigne.

CHE COPPIA CON GAZZA!

Nell’estate del 1989, invero, in tanti avevano provato a garantirsi i suoi servigi. Lo United di Ferguson su tutti, ma anche qualche club italiano (vedi il Torino di Borsano) non aveva fatto mistero di volerlo portare in Serie A. Il Tottenham di fine anni ’80 non è una squadra di primissimo piano, ma con Lineker e Gascoigne si fa apprezzare al punto da conquistare un lusinghiero terzo posto finale, anche perché Gary si prende per la terza (e ultima) volta in carriera il trono dei cannonieri segnando 24 reti, preludio al secondo mondiale nel quale, detto dell’episodio del Sant’Elia, porta comunque il suo buon mattoncino per spingere l’Inghilterra a un passo dal podio. Con 4 reti complessive, inclusa una doppietta rifilata al Camerun nel quarti di finale e l’iniziale vantaggio firmato nella semifinale contro la Germania Ovest, Lineker si confermerà il miglior marcatore della spedizione inglese, rimpiangendo la serie di rigori che costerà alla nazionale dei tre leoni l’accesso alla finalissima dell’Olimpico (cederanno di misura all’Italia nella finalina di Bari). A parziale consolazione, nella stagione successiva Gary tornerà ad alzare un trofeo, determinante nella conquista dell’FA Cup di un Tottenham che pure in campionato non seppe ripetere quanto fatto l’anno precedente. La squadra deluse anche nella stagione seguente, nonostante Lineker con 28 reti andò a una sola rete da Ian Wright dell’Arsenal, che gli soffiò sul più bello l’ennesimo titolo di capocannoniere. La fallimentare esperienza di Euro ’92 pose fine anche alla parabola di Gary in nazionale, non senza polemiche all’indirizzo dell’allora CT Graham Taylor.

L’OPINIONISTA PIÙ TEMUTO E RISPETTATO DI GRAN BRETAGNA

Di fatto anche la sua carriera professionistica a soli 32 anni arrivò a un binario morto: restò fermo 6 mesi prima di trasferirsi in Giappone, al Nagoya Grampus, godendosi una pensione anticipata. Non passò molto però prima di rivederlo nel giro che conta, stavolta nelle vesti di opinionista: Lineker è uno dei più apprezzati analisti di calcio inglese, volto noto di “Match of the Day”, stimato, apprezzato e a volte anche temuto per i suoi commenti graffianti (specie su Twitter) da colleghi e appassionati. Un uomo rimasto sempre tutto d’un pezzo, impeccabile e professionale. Anche quando, per una scommessa persa, si presentò in boxer in trasmissione dopo che il Leicester di Ranieri (da lui criticato al momento dell’arrivo alle Foxes) vinse la Premier nel 2016. Tra i tanti aneddoti legati alla carriera di Lineker, c’è una massima che per decenni ha tormentato i suoi connazionali, eredità di una frase pronunciata dopo il ko. in semifinale a Italia ’90:

Il calcio è un gioco semplice, 22 giocatori rincorrono un pallone per 90’ o 120’, e alla fine vincono i tedeschi.

Dopo la vittoria dell’Inghilterra contro la Germania negli ottavi di finale di Euro 2020, però, per sua stessa ammissione quella sentenza è da considerarsi non più attuale. Cambiare idea non è peccato, e Gary non se n’è mai fatto scrupolo. Un giocatore fuori dal coro, anzi, un giocatore semplicemente fuori dal tempo.

(Credits: Getty Image)

Template News
Post
Fonte della news
ZeroXS
Sport di Riferimento
Calcio