IBRAHIMOVIC AVEVA SCELTO IL NAPOLI. POI ANCELOTTI VENNE ESONERATO

Submitted by Anonymous on Wed, 12/01/2021 - 15:15
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Redazione
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Rivelazioni e colpi di scena, dopo il successo del film sulla sua vita, “Zlatan”, Ibrahimovic torna a far parlare di sé nell'anteprima del suo nuovo libro “Adrenalina”. Intervistato da La Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera rivela che era tutto fatto per il suo passaggio a Napoli:

Avevo detto a Mino Raiola che ormai avevo chiuso dopo i Galaxy, finito. Lui mi ha stimolato, gli ho risposto: solo con l’adrenalina puoi convincermi. Una sera guardo un documentario su Diego Armando Maradona, al San Paolo era incredibile: tifosi impazziti, atmosfera incredibile. Chiamo subito Raiola: “Chiama il Napoli. Vado al Napoli”. “Il Napoli? Sei sicuro?”, mi risponde. “Sì, vado a Napoli. Sarà la mia adrenalina. Porto 80mila persone allo stadio ogni domenica e vinco lo scudetto come Maradona. Li faccio impazzire. […] Parliamo col club, trattiamo e troviamo l’accordo. Tutto fatto. Sono un giocatore del Napoli. L’allenatore è Ancelotti, lo conosco da Parigi […]. Poi l’11 dicembre 2019, giorno in cui devo firmare col Napoli, De Laurentiis caccia Ancelotti a metà campionato. Ho una brutta sensazione, è un cattivo segnale. Non posso fidarmi di questo presidente, non dà stabilità. Non sono io il centravanti per Gattuso, per il suo 4-3-3. Così è nato il mio ritorno al Milan, pochi giorni dopo la sconfitta di Bergamo: volevo una sfida, non un contratto”. Inizia così l'avventura 2.0 di Ibra a Milano, sponda rossonera: “All’inizio in allenamento non correva nessuno. Li ho affrontati uno per uno, e non in disparte, davanti agli altri: in allenamento bisogna ammazzarsi di lavoro. Se io corro, se io mi ammazzo, il mio compagno correrà e si ammazzerà per me. L’hanno capito tutti, tranne uno. Leao all’inizio non mi dava retta. Ci è arrivato per conto suo. Infatti è molto migliorato. […] Il futuro un po’ mi preoccupa. Con i 40 anni è arrivata un po’ d’ansia. Farò l’allenatore? Non lo so, è così stressante… Farò qualcosa capace di darmi adrenalina. Ma finché reggo, faccio il centravanti. Voglio giocarmi lo scudetto fino all’ultima giornata. E andare al Mondiale in Qatar.

In questa intervista Ibrahimovic svela, qualora ce ne fosse ancora bisogno, i motivi e i segreti dietro la sua longevità nel mondo del calcio: mentalità e ambizione. Ibra non è uno qualunque, è uno a cui piace vince, a qualsiasi costo. Ibra non vuole mai essere solo una figurina, vuole essere protagonista, vuole riuscire a suscitare nel tifoso sentimenti di gioia, amore e passione. La stessa passione che stava per fargli accettare Napoli e Bologna, ma che alla fine l'ha spinto verso il Milan. Sembrerebbe utopistico vedere Zlatan in una squadra come il Bologna, ma l'umanità di quest'uomo di quasi due metri, seppur invisibile ai più, è senza confini:

[...] Sinisa mi aveva provocato per tutto il match, dicendomi cose orribili in slavo, anzi serbo-croato, e io ci ero cascato. Adesso mi chiama bato: figlio mio. Quando si ammalò, della stessa malattia di mio fratello Sapko, stavo quasi per andare al Bologna. Per lui. Mihajlovic in campo era cattivo, come lo era Ballack, un altro provocatore di professione; ma lo faceva per dare un vantaggio ai suoi compagni. [...].

A ripensarci oggi, Napoli sarebbe stata la piazza perfetta per lui. Il calore dei tifosi e l'amore che la città prova verso la squadra sono un qualcosa di ineguagliabile. Ibra avrebbe davvero trovato il suo posto nel mondo a Napoli, e probabilmente anche una soluzione tattica vincente. Ancelotti, che Ibra lo conosce molto bene, avrebbe fatto carte false per avere un attaccante con le sue caratteristiche in grado di giocare con la squadra. Ma non solo sarebbe stato anche un modo diverso di attaccare e difendere, sapendo di avere uno là davanti che può farti rifiatare, prendendo fallo o proteggendo palla. Il Napoli di quegli anni, quello del post sarrismo per intenderci, era in fase di transizione: stava passando dal 4-3-3 al 4-2-3-1, con una punta giovane come Arek Milik. Oltre alla mediana, composta da Fabian Ruiz e Allan, i tre dietro la punta erano qualità pura: Insigne, Zielinski e Callejon/Mertens. Ibra in quella squadra avrebbe fatto la differenza, forse non abbastanza per vincere lo scudetto ma sicuramente il Napoli avrebbe potuto, davvero, sognare in grande. Peccato che, come nelle migliori sceneggiature romantiche, questo amore non s'ha da fare.

E il Napoli? Dopo quella famosa annata, con l'esonero di Ancelotti, le cose ci hanno messo un po' per risistemarsi, per ritrovare il vecchio equilibrio. Il Presidente De Laurentiis ha investito molto sulla squadra, puntando su giovani dal futuro assicurato, anche se a volte alcune sue dichiarazioni su giocatori e allenatori hanno destabilizzato l'ambiente, portando caos nello spogliatoio. Ora, non arrivò Ibra e Mertens si prese il peso dell'attacco sulle spalle fino a fine stagione, quando arrivò, per la strabiliante cifra di 80 milioni di euro, dal Lille un giovane attaccante nigeriano: Victor Osimhen. Quanto avrebbe potuto far bene alla sua crescita avere affianco un'icona come Zlatan, non potremo mai saperlo, quel che è certo è che dopo un periodo di iniziale ambientamento sta rendendo alla grande. L'arrivo sulla panchina partenopea di una vecchia volpe come Luciano Spalletti l'ha migliorato: ora gioca di più con la squadra, attacca la profondità e in area di rigore è una sentenza. Un attaccante moderno che di certo non fa rimpiangere il Dio Zltatan, forse:

Se credo in Dio? No. Credo solo in me stesso, in Zlatan. Aldilà? No. La vita è questa. Quando sei morto, sei morto. Non so neppure se voglio un funerale o una tomba, un posto dove far soffrire chi mi ha voluto bene. 

Perché un giocatore con questa personalità può davvero far impazzire 80 mila persone come faceva Diego.

(Credits: Getty Image)

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