FRANCESCO TOLDO, IL PORTIERE SBUCATO DALLA NEVE

Submitted by Anonymous on Thu, 12/02/2021 - 14:24
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Redazione
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Cinquant’anni e non sentirli. Anzi, cinquant’anni e goderseli tutti. Che bel compleanno, quello di Francesco Toldo! Che ha appeso guanti e scarpini al chiodo da un pezzo, ma che nell’immaginario collettivo rimane sempre e comunque l’eroe di un pomeriggio di fine giugno, quando ad Amsterdam ammutolì una muraglia arancione pronta a prendersi la finale dell’Europeo ospitato assieme ai cugini belgi.

Quella è stata la partita della vita, il giorno che uno sogna da bambino e che quando diventa realtà fatichi a crederci. Ero titolare perché Buffon si era infortunato alla vigilia del torneo e Zoff, il mio idolo da bambino, mi disse che sarebbe toccato a me difendere la porta della nazionale. Quel giorno mi sentivo imbattibile: parai tre rigori e provavo emozioni indescrivibili. Poi la finale con la Francia presentò il conto a me e ai miei compagni, ma quella semifinale non potrò mai dimenticarla.

E dire che, non ci fosse stata la neve in una giornata qualsiasi di metà anni ’80, probabilmente quel giorno Toldo sarebbe stato da tutt’altra parte.

UN TUFFO NEL BIANCO, COME UNA MAGIA

Già, la neve. Non proprio un ospite inatteso in quel di Selvazzano di Dentro, il comune che ospita l’Unione Sportiva Maria Ausiliatrice, formazione dove il piccolo Francesco muove i primi passi. Ma la passione di bambino non è per la porta, bensì prima per la fascia destra e poi per l’attacco, tanto da ricoprire il ruolo di prima punta. Ma quando un giorno arriva al campo d’allenamento e lo trova innevato, per puro divertimento decide di andare in porta e tuffarsi da una parte all’altra. Si diverte così tanto che la sera, a tavola col papà Lorenzo e la mamma Antonia, gli confessa di voler provare a retrocedere tra i pali. Sarà la classica infatuazione di pochi giorni, pensano loro, ma si rivela la svolta di una carriera che di colpo prende il volo, col passaggio al Montebelluna prima e, a partire dal 1987, il trasferimento al Milan. Che lo fa crescere all’ombra di un gigante come Giovanni Galli, dal quale prova a carpire segreti e del quale (ma ancora non lo sa) diventerà erede indossando la maglia della Fiorentina, sbarcando a Firenze nell’estate del 1993. L’errore del Milan dell’epoca è quello di non volergli mai dare fiducia in ottica prima squadra, facendogli fare piuttosto il giro d’Italia con i prestiti al Verona, al Trento e al Ravenna. Quando incontra la Viola, appena retrocessa in B, è amore a prima vista. E le prospettive cambiano nuovamente, stavolta in meglio.

LA VIOLA, COME UN AMORE DI GIOVENTÙ

Il Toldo prima maniera è un portiere dalla stazza importante e bravo anche con i piedi, particolare non di poco conto all’inizio degli anni ’90, quando viene introdotta la regola che vieta ai numeri uno di prendere con le mani un retropassaggio volontario di un compagno. Dopo aver contribuito alla promozione del Ravenna in B, contribuisce eccome all’immediato ritorno della Fiorentina in A in una stagione per lui magica, conclusa con la splendida vittoria nell’Europeo Under 21 in casa del Portogallo (è lui il titolare della nazionale di Maldini). È in quel momento che il Milan, ancora proprietario del cartellino, pensa seriamente di riportarlo in rossonero, ma Cecchi Gori prima ottiene un altro anno di prestito, rilevandone la metà, poi nell’estate del 1995 lo riscatta definitivamente, facendone uno dei simboli della rinascita della Viola. Toldo a Firenze è un idolo e sta da Dio, e nelle successive 6 stagioni conquista due Coppe Italia e una Supercoppa (proprio a San Siro contro il Milan), sfiorando per due volte lo scudetto e arrivando a giocare anche in Champions League. Dove nella gara d’esordio contro l’Arsenal para un rigore a Kanu, al quale nega il gol anche nel ritorno disputato a Wembely salvando il risultato a 4’ dalla fine con quella che definirà la parata più bella della sua carriera. La crisi finanziaria della Fiorentina lo obbliga a salutare Firenze al termine della stagione 2001, quando rifiuta il trasferimento al Parma, accettando la corte dell’Inter che per lui arriva a sborsare 55 miliardi di lire. L’Inter era la squadra per cui tifava papà Lorenzo:

A 10 anni scrisse una lettera a Giuseppe Meazza, chiedendogli cosa avrebbe dovuto fare per diventare un calciatore. Meazza, con sua grande sorpresa, gli rispose, e gli disse che l’avrebbe potuto capire qualche anno più tardi, quando avrebbe avuto le idee più chiare. Sapere che 50 anni dopo avrei potuto realizzare il sogno di mio padre mi spinse a forzare la mia cessione all’Inter.

COME AMMUTOLIRE UNA MURAGLIA ORANGE

Francesco allo soglie dei 30 anni è un uomo realizzato. Ha sposato Manuela, conosciuta da giovane in un negozio di Padova, e ha vissuto la sua estate di gloria nel 2000. Il rapporto con la maglia azzurra non sempre è stato idilliaco: ha esordito nel 1995 sotto la gestione Sacchi, ha preso parte come riserva di Peruzzi e Pagliuca a Euro 1996 e ai mondiali del 1998, quindi nel 2000 avrebbe fatto altrettanto, se solo Buffon non si fosse fatto male nel test amichevole con la Norvegia di inizio giugno. Le prestazioni di Toldo nella rassegna attirano l’attenzione degli addetti ai lavori, ma quella con l’Olanda va oltre ogni immaginazione.

Mi sentivo invincibile. Urlavo “tirate, tirate, tanto le prendo tutte e vedevo le facce degli olandesi spaventate. Ci sono giorni in cui un portiere s’incazza e decide che non ce n’è per nessuno. Quello era uno di quelli.

Le sue performance gli valgono un 14esimo posto assoluto nella classifica del Pallone d’Oro (quell’anno vinto da Luis Figo, suo compagno all’Inter negli anni a venire) e il podio nella classifica annuale dell’IFFHS dedicata ai portieri. Col rientro di Buffon, lo spazio per Toldo andrà diminuendo, con le presenze in campo riferite unicamente alle gare amichevoli, nonostante farà parte delle due fallimentare avventure mondiali del 2002 ed europee del 2004, quando annuncerà il ritiro in concomitanza con l’avvento in panchina di Lippi.

I TRIONFI CON L’INTER, IL CREPUSCOLO FELICE CON MOURINHO

Nel frattempo, Toldo s’era preso i galloni di titolare nell’Inter. E la delusione dello scudetto perso il 5 maggio 2002 resta una delle poche macchie di una carriera altrimenti di assoluto spessore. In nerazzurro vivrà le prime 4 annate da protagonista, pur senza riuscire a conquistare trofei. Quando poi nel 2005 alla Pinetina sbarca Julio Cesar, sarà Roberto Mancini, che era già stato sua allenatore negli ultimi tempi alla Fiorentina, a farlo progressivamente uscire dalla porta, ritagliandogli un ruolo di dodicesimo, o se preferite di titolare di Coppa Italia. Le sue soddisfazioni Francesco se le toglierà, anche perché senza la Juve e col Milan “distratto” dall’Europa per l’Inter le faccende italiane rappresentano un banchetto appetitoso tra scudetti (cinque consecutivi, incluso quello ricevuto dalla giustizia sportiva dopo la retrocessione della Juventus nella stagione 2005-06), tre Coppe Italia e altrettante Supercoppe Italiane. Nel biennio di gestione tecnica di Mourinho disputa 10 partite e ricopre un ruolo fondamentale all’interno dello spogliatoio, contribuendo anche alla conquista della Champions, ultimo atto ufficiale della carriera, tanto che pochi giorni dopo annuncerà il ritiro. Nell’ultimo decennio Toldo è stato preparatore dei portieri dello staff dell’amico Di Biagio, ha seguito in prima persona il progetto di inclusione sociale Inter Campus (cui ha fatto seguito per un paio di anni fino al 2019 Inter Forever), ma oggi è fuori dal calcio. Si diletta a guardare partite e studiare portieri, ma senza particolari assilli. Lontano dai riflettori, Francesco si gode la famiglia e i bei ricordi di una carriera comunque invidiabile. Ma non ditelo agli olandesi, che ancora hanno gli incubi quando sentono pronunciare il suo nome…

(Credits: Getty Image)

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