SETE GIBERNAU, LO SPAGNOLO CHE NON È RIUSCITO A SPACCARE IL MONDO

Submitted by Anonymous on Wed, 12/15/2021 - 19:12
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Redazione
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È a un anno dalla cifra tonda delle 50 primavera, ma Sete Gibernau si sente ancora un ragazzino dentro. Uno che alle moto ha dato sempre del tu, da quando, talento imberbe, decise di sferrare l’assalto al mondo delle due ruote, arrivando ad essere annoverato quale uno dei piloti di riferimento di un motomondiale che cercava personaggi in grado di affrontare quel Valentino Rossi che da tempo monopolizzava il gradino più alto del podio. Un ruolo che Sete ha saputo interpretare per troppo poco tempo, e con risultati abbastanza modesti. Perché la proverbiale garra fuori dalla pista, ben rappresentata da quella mascella da duro, alla lunga s’è rivelata solamente un bluff. E anche oggi che compie 49 anni, di Sete si ricordano solamente le sconfitte e gli schiaffoni presi da Valentino, anziché le pur valorose vittorie ottenute in top class con l’avvento dei nuovi motori 1.000, cioè a partire dal 2002. Chi lo ritiene alla stregua di un eterno incompiuto, però, ha dalla sua dati analitici per dimostrarlo.

LA LUNGA ATTESA DEL NIPOTE DI CISCO

Che la velocità gli scorresse nelle vene era facile intuirlo: suo zio Francisco Bultò fu il fondatore di Bultaco e Montesa, due case motociclistiche tra le più famose di Spagna, col tempo finite sotto il controllo di Honda. Eppure Sete, che si fa notare nei campionati giovanili iberici, all’inizio degli anni ’90 si presenta sul palcoscenico del motomondiale dapprima su Cagiva, quindi su Yamaha, ma solo nel ruolo di collaudatore. Partecipa a un gran premio all’anno, non ha molto spazio per mettersi in luce, e se non fosse per Wayne Rainey, probabilmente non vedrebbe mai lo start in una gara in top classe. Desiderio esaudito a partire dal 1996, quando comincia la stagione in Honda e la conclude in Yamaha. Sono gli anni in cui domina Doohan, e per gli altri ci sono solo le briciole. Non c’è ancora un Valentino pronto a prendersi la scena, ma Gibernau lentamente comincia a farsi strada, benché i risultati non siano mai troppo convincenti. Eppure bastano per indurre la Honda a puntare sulle sue qualità a partire dalla stagione 1998, quando lo porta nel team satellite HRC. Arriva il primo podio a Madrid, poi l’anno dopo fa ancora meglio, anche perché nel frattempo l’infortunio di Doohan gli spalanca le porte del team ufficiale. Il secondo posto conquistato in Sudafrica è il miglior piazzamento in carriera, ma l’anno dopo fa flop e non riesce mai a conquistare un piazzamento tra i primi cinque. Con la Honda l’idillio è finito, ad attenderlo c’è la Suzuki, che vuol tornare grande dopo anni decisamente di vacche magre.

GRESINI, L’UOMO DEL DESTINO. MA CONTRO ROSSI…

Gibernau ha quasi 30 anni ed esperienza da vendere. Non gode di molto credito, ma a suo modo lascia un segno nell’ottobre del 2001, quando a Valencia vince la sua prima gara nel motomondiale, che coincide anche con l’ultima delle care vecchie 500. Dal 2002 si passa alle attuali MotoGP, ma Suzuki fa nuovamente una capriola all’indietro: non sale mai sul podio e chiude lontanissimo dai big. È già cominciata l’era Rossi e per la concorrenza è dura restare aggrappata al Dottore. Sete intanto decide di cambiare aria: torna alla Honda, ma quella del team privato Gresini. E la scelta si rivela vincente: con 4 vittorie e 10 piazzamenti sul podio, lo spagnolo è l’unico che riesce a tenere aperto un campionato altrimenti dominato da Rossi. Che a fine anno lascia l’HRC accettando la proposta della Yamaha, lasciando di fatto a Gibernau le chiavi di casa della moto dominatrice dell’ultimo decennio, oltre a un ruolo di potenziale favorito nella corsa iridata. La stagione 2004 è quella della grande illusione: Rossi riesce a tirar fuori il meglio da una Yamaha che rinasce come l’araba fenice, mentre Sete comincia a perdere colpi soprattutto nel duello psicologico. Nonostante ripeta pressappoco il ruolino della stagione precedente, a fine campionato chiuderà ancora una volta secondo. Sarà l’ultima chance iridata prima di un lento ma inesorabile oblio.

RITIRI, RITORNI, GOSSIP E NUOVI ORIZZONTI

Il duello perso contro Rossi nella gara inaugurale del 2005 a Jerez suona alla stregua di una resa senza condizioni. Gibernau mostra un’involuzione difficilmente pronosticabile a inizio stagione: non salirà più sul gradino più alto del podio e comincerà a remare a centro gruppo, senza più costruirsi la chance per risalire la china. Anche perché l’anno dopo sceglie di passare in Ducati, ma tra infortuni e problemi vari non riuscirà a incidere, arrivando ad annunciare il ritiro a fine annata. Tornerà nel 2009, ma la fortuna gli volterà la spalle, perché il fallimento a metà stagione del team Grupo Francisco Hernando lo farà scendere definitivamente di sella. Quando nel 2017 tornerà nel circus al fianco del team Repsol Honda, in qualità di data analyst per Dani Pedrosa, in pochi ne comprendono il motivo. Più onorevole il ritorno in pista nella neonata Moto E, campionato che disputa con una moto del team di Sito Pons, senza brillare ma facendosi comunque apprezzare. A fine 2019, però, il ritiro sembrerebbe essere quello definitivo. Da promessa a incompiuto il passo non è stato breve, ma a Sete non ne è andata bene una quando la strada sembrava essersi fatta in discesa. E neppure in amore, nonostante agli amanti del gossip ha dato sempre in pasto tante notizie. Alla fine lui continuerà a tirare avanti senza curarsi troppo dei giudizi: ma si, alla fine conta la salute. Auguri, Sete!

(Credits: Getty Image)

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SN4P
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