2021 UN ANNO DI TENNIS: LA NEXT GEN NON È PIÙ SOLO UNA MINACCIA

Submitted by Anonymous on Mon, 12/27/2021 - 16:04
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Redazione
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Urliamolo al mondo, senza più nascondersi per paura di spararla grossa: il tennis che conta s’è dipinto il volto d’azzurro, e se le premesse son queste, aspettatevi un 2022 di un colore ancora più intenso. Perché la nuova generazione di tennisti italiani sta facendo proseliti ben oltre i confini nazionali, con l’universo ATP che ha cominciato a prendere confidenza con una nuova ondata di talenti che puntano a salire ancora posizione. C’è insomma tanta Italia nel racconto di un 2021 che per il tennis è stato certamente tribolato, se non quanto il 2020, quantomeno ben più di un anno “normale”. Perché la pandemia non ha mollato del tutto la presa, benché rispetto a quanto accaduto l’anno precedente il programma stagionale è filato via abbastanza liscio. E mentre si discute ancora su cosa ne sarà dell’Australian Open, un bel riassunto generale di quanto visto negli ultimi 12 mesi aiuta a capire meglio cosa potrà riservare il futuro.

L’ITALIA È DIVENTATA GRANDE: BERRE E SINNER DA APPLAUSI

L’Italia s’è desta, anzi, l’Italia s’è convinta di poter davvero diventare una potenza. Perché se c’è una cosa che il 2021 ha detto, quella è che il movimento azzurro ha fatto passi da gigante. Il capofila ha il volto di Matteo Berrettini: il romano non è più una semplice rivelazione, ha spaventato i grandi sull’erba di Wimbledon, cedendo solamente a Djokovic in finale (e gravato da un infortunio muscolare) dopo aver conquistato il torneo del Queen’s, e ha raggiunto altri risultati di assoluto prestigio negli altri tornei dello slam, con due quarti di finale (Roland Garros e Us Open, entrambe le volte fermato da Djokovic) e un ottavo di finale in Australia, dove un infortunio gli ha impedito di affrontare Tsitsipas. Berrettini è così diventato il primo tennista italiano della storia ad aver raggiunto la seconda settimana in tutti i 4 i tornei dello slam nello stesso anno solare. E a ciò ha aggiunto il successo nell’ATP 250 di Belgrado e la finale al Masters 1000 di Madrid, mantenendo la settima posizione nella classifica mondiale. Poco più sotto, a chiudere la top ten, ecco Jannik Sinner. Che ha proseguito il percorso di crescita e maturazione iniziato già nel biennio precedente, diventando il primo italiano a vincere 4 titoli nella stessa stagione (gli ATP 250 di Melbourne, Sofia e Anversa e soprattutto l’ATP 500 di Washington), recriminando per il Masters 1000 di Miami perso in finale contro Hurkacz. Col polacco s’è ritrovato poi alle Nitto ATP Finals, dove è entrato come riserva vincendo proprio il match d’esordio, cedendo poi al terzo set in quello successivo contro Medvedev. Solo la coppia russa Medvedev-Rublev (rispettivamente numero 2 e 6 al mondo) ad oggi è migliore di quella composta da Berrettini e Sinner, a riprova del fatto che il movimento azzurro ha già saputo ritagliarsi un ruolo di prim’ordine nel panorama internazionale. E dietro di loro, occhio alla crescita di Lorenzo Sonego (27) e Lorenzo Musetti (59): carta d’identità alla mano, il futuro non può che essere luminoso.

NOLE SOPRA TUTTI, MA SENZA TROPPA GIOIA

Se cercate però un dominatore, bussate sempre e comunque nella vicina Serbia e troverete la risposta. Perché Novak Djokovic rimane il vero re del tennis mondiale. Il numero 1 del ranking ha vissuto un 2021 da sogno, nel quale ha macinato trionfi su trionfi, ma che alla fine rischia però di passare agli annali più per quelli solo sfiorati che non per i tanti, anzi tantissimi conquistati. Perché Nole s’è fermato a un passo dal “grand slam”, ovvero la vittoria in tutti e 4 i principali tornei stagionali nello stesso anno solare, battuto da Medvedev nella finalissima dello US Open quando il più pareva fatto. Le vittorie in Australia, al Roland Garros (dove ha approfittato anche della scarsa condizione di Rafa Nadal, di cui parleremo più avanti, vincendo in finale contro Tsitsipas dopo essersi ritrovato due set sotto) e a Wimbledon (in finale su Berrettini) lo avevano lanciato come un fuso verso la leggenda, raggiungendo peraltro Federer e Nadal in vetta alla speciale classifica del maggior numero di slam vinti in carriera (fate 20). Ma dopo essere inciampato nel torneo olimpico, chiuso clamorosamente al quarto posto, a Flushing Meadows è arrivata la delusione più cocente dell’anno. Nemmeno l’ultima, pensando al ko nella semifinale delle Nitto ATP Finals contro Zverev. Alla fine il 2021 gli lascia in dote il record di settimane all time alla numero 1 e la sensazione di essere ancora il più forte. Ma forse, paradossalmente, pure con qualche certezza in meno.

TANTI PRETENEDENTI AL TRONO: LA RIVOLUZIONE È ALLE PORTE

Detto di Medvedev, che vincendo l’US Open ha sfatato il tabù degli slam, e detto di Zverev, sempre più lanciato nel ruolo di protagonista affermato, il 2021 è sembrato aprire una volta per tutte alla tanto decantata Next Gen. Con Stefanos Tsitsipas che s’è dimostrato a sua volta atleta di grande carisma e qualità, pagando però ancora una volta dazio a un rendimento discontinuo (ma sulla terra è lui il primo erede designato di Nadal). E mentre Andrei Rublev non può essere considerato alla stregua di una sorpresa, i vari Ruud, Hurkacz, Auger-Aliassime e Norrie certamente vanno annoverati tra le rivelazioni di un’annata che ha messo in mostra molti nuovi talenti in rampa di lancio. Anche se alla fine la scena se l’è presa soprattutto Carlos Alcaraz, spagnolo classe 2003, in patria definito il nuovo Nadal, ma che con Rafa ha poco a che spartire a livello di caratteristiche di gioco (Alcaraz ama il veloce e sulla terra non sembra ancora essere sbocciato), benché a livello di talento e di tempra è da considerare un prospetto formidabile per l’avvenire. E chissà che qualche altro fuoriclasse non arrivi dalla Russia, che intanto grazie a Medvedev e Rublev s’è portata in bacheca la terza Coppa Davis della storia, superando in finale la Croazia della formidabile coppia di doppio composta da Mektic e Pavic, campioni olimpici e vincitori a Wimbledon.

ROGER E RAFA VERSO IL SUNSET BOULEVARD

Se c’è una cosa indiscutibile che il 2021 ha detto, però, è che l’epopea dei Fab 3 è davvero arrivata al viale del tramonto. Perché se Djokovic continua a vincere è anche in virtù del fatto che i due suoi più grandi rivali sono costretti a trascorrere più tempo in infermeria che in campo. Il 2021 di Roger Federer è stato un calvario: i quarti di finale raggiunti all’ATP 250 di Doha e a Wimbledon, dove ha ceduto a Kurkacz, sono stati gli unici lampi di un’annata anonima, conclusasi a fine luglio con la decisione di rinunciare ai giochi olimpici e tornare sotto i ferri. Il 2022 dovrebbe rappresentare l’ultimo ballo, magari proprio con una partecipazione a Wimbledon all’insegna dei ricordi e della celebrazione di un’intera carriera. Nadal al contrario ha dovuto fare i conti con un problema al piede sinistro che lo tormentava dal 2005, ma che nei mesi scorsi s’è riproposto in una forma più accentuata. Ha conquistato l’ATP 500 di Barcellona e soprattutto gli Internazionali d’Italia, battendo Djokovic in finale, ma perdendo dal serbo nella semifinale dell’amato Roland Garros, dove di fatto ha chiuso la stagione (tornerà ad agosto per una fugace apparizione a Washington). E a chiusura di un’annata maledetta, per Natale ha contratto il Covid e rischia ora di saltare la stagione dei tornei australiani, come potrebbe fare lo stesso Djokovic per via delle restrizioni legate alla pandemia. Un’era sta per chiudersi, e già c’è chi la rimpiange…

BARTHY REGINA INDISCUSSA, ITALIANE NON PERVENUTE

In campo femminile, la copertina dell’anno solare è tutta per Ashleigh Barty: l’australiana è in vetta alla classifica WTA da 101 settimane, ha conquistato 5 titoli (Wimbledon spicca su tutti) e ha potuto persino gestire gli impegni senza sovraccaricare troppo il proprio fisico. Tante le rivelazioni di una stagione nella quale la pandemia ha contribuito a rimescolare le carte: a parte il trionfo di Naomi Osaka in Australia, hanno sorpreso la ceca Barbora Krejicikova al Roland Garros e la giovane inglesina Emma Radocanu all’US Open, mentre a Tokyo l’oro se l’è preso la svizzera Belida Bencic, con la spagnola Gabriela Muguruza che ha vinto le WTA Finals di fine stagione. E le italiane? Dopo i fasti del decennio passato, buio pesto (o quasi): Camila Giorgi è 33 al mondo, Jasmine Paolini intorno alla 50. Il mondo s’è capovolto: ora sono i maschi a dettare legge, prendendosi pure i riflettori.

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