IL TORNEO DI CAPODANNO 1981: QUANDO L’ASCOLI SI PRESE TUTTA LA GLORIA

Submitted by marco.dimilia on Sat, 01/01/2022 - 19:54
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Redazione
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Se pensavate di averle viste tutte, sappiate che 41 anni fa l’allora Lega Nazionale Professionisti (antenata dell’attuale Lega di Serie A), in combutta con la FIGC, partorì una delle idee meno geniali che la storia del calcio italiano possa annoverare tra quelle mai prodotte in oltre 120 anni di storia. Un torneo a capodanno, del resto, a chi verrebbe in mente, se non a qualche mente un po’ (per dire) contorta? Eppure è storia di vita vissuta: anno Domini 1981, 16 squadre interessate, qualche migliaio spicciolo di telespettatori e un finale (se possibile) ancor più grottesco. Che poi già dal nome si capiva come sotto ci fosse qualche cosa di marcio: lo ribattezzarono “Torneo di Capodanno”, ma a capodanno nessun giocatore scese in campo. Perché le prime partite vennero disputate il 4 gennaio, quando dunque il cenone era stato abbondantemente smaltito. E la finale? Addirittura a giugno. Tanto che ai più venne il dubbio fondato che il calendario di cui si tenne conto in lega non fosse il gregoriano.

LA RISPOSTA DELLA LEGA AL MUNDIALITO

Debita è la premessa: nella storia del calcio tricolore, un mese di stop dopo Natale fino ad allora non s’era mai visto. Ma quell’anno, il 1981, la Serie A si vide costretta a cambiare le proprie abitudini perché in Uruguay venne organizzato il Mundialito, ovvero una competizione per squadre nazionali che raggruppava tutte le nazioni che sino a quel momento avevano vinto un titolo mondiale, quindi Brasile, Argentina e Uruguay per il Sudamerica, Italia, Germania Ovest e Inghilterra (sostituita dall’Olanda, in quanto gli inglesi rinunciarono a partecipare in segno di protesta contro la dittatura Mendez presente all’epoca in Uruguay) per l’Europa. Per ovviare alla lunga sosta, in lega si pensò di organizzare un torneo per consentire alle 16 formazioni di Serie A di tenersi in forma durante lo stop del campionato. E l’idea partorita fu quella di allestire una competizione con 4 gironi da 4 squadre ciascuno, dove però si sarebbero potute affrontare solo due avversarie anziché tre per motivi di… tempo. Infatti il 18 gennaio il campionato sarebbe ripartito, e in qualche modo la formula andava snellita. Le prima classificate di ogni girone si sarebbero qualificate per le semifinali, da disputare in gara secca, da cui sarebbero arrivate le due finaliste. Al vincitore, però, nessun premio in denaro, solo la “gloria eterna”.

 

IL TRIONFO DELLE REGOLE INNOVATIVE

I club intuirono ben presto che il torneo altro non era, se non un maldestro e posticcio riempitivo per provare a racimolare qualche soldo dal botteghino. Ma l’intento fallì miseramente: tolta la semifinale tra Bologna-Juventus, tale da richiamare al “Dall’Ara” circa 18mila spettatori, nelle altre gare non si andò oltre i 3mila di media. E le torinesi, che avevano capito la mal parata, chiesero di giocare tutte le gare in trasferta, magari auspicando che andare a giocare in qualche piazza di provincia avrebbe avuto un effetto benefico sulle presenze sugli spalti. Il torneo, peraltro orfano dei nazionali di Bearzot, impegnati in Uruguay, si proponeva anche come una sorta di esperimento a livello tecnico: ad esempio, chi avrebbe vinto con due gol di scarto avrebbe ottenuto un punto in più in classifica (non i canonici due, ma gli “attuali” 3). E per ovviare alle rose più risicate, venne data la possibilità ai club di tesserare un secondo straniero oltre a quello già previsto dal regolamento di A. Solo Fiorentina (con lo svedese Ronnberg), Inter (con lo jugoslavo Kovacevic) e Udinese (con l’austriaco Mimegg, che l’anno dopo sarebbe stato ingaggiato dal Como) sfruttarono l’opportunità per vedere nuovi giocatori e valutarne l’impatto. Ultima, ma non meno rilevante, la novità legata alle rimesse laterali, che potevano essere battute anche di piede, ricalcando le regole del fustal. Ma anche in questo caso, il successo fu modesto.

 

LA FINALE A GIUGNO, PER LA GLORIA DELL’ASCOLI

Il torneo mostrò subito uno scarso appeal agli occhi dei tifosi. Tolte Como-Juventus (8mila presenze) e Bologna-Torino (6mila spettatori), gli incassi furono decisamente risicati, con appena 136 milioni di lire complessive per le 12 gare della fase a gironi. Fiorentina e Juventus, impegnate con la Roma nella lotta al vertice in Serie A, confermarono il pronostico, vincendo i loro gironi al pari di Bologna e (a sorpresa) Ascoli. Le semifinali vennero disputate l’11 gennaio, con la Juventus che espugnò Bologna ai rigori (nonostante l’errore di Cabrini, decisivi quelli di Fabris e Piras per i rossoblù) e l’Ascoli che regolò di misura per 2-1 la Fiorentina. La finale si sarebbe dovuta disputare mercoledì 14 gennaio, ma con l’Italia fuori dal Mundialito al primo turno e il campionato pronto a riaprire i battenti domenica 18 gennaio le due società chiesero alla LNP di posticipare il tutto alla fine della stagione. Così il “Torneo di Capodanno” si decise… il 14 giugno: nell’afa del “Del Duca”, l’Ascoli s’impose ancora una volta per 2-1 sulla Juventus, con Troianello che aprì le danze ad inizio ripresa e il pari di Tardelli a 20’ dalla fine.  A decidere la contesa, a 5’ dallo scadere, un generoso (fate pure inesistente) rigore concesso dall’arbitro Tonolini, trasformato da quell’Adelio Moro che poche settimane dopo sarebbe passato al Milan, ma che almeno si congedò dal proprio pubblico regalando ai bianconeri il primo titolo della loro storia. E che titolo, signori…

 

(Credits: Getty Image)

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