PINO DANIELE, MARADONA E IL NAPOLI: L’INDIMENTICABILE EPOPEA AZZURRA

Submitted by Anonymous on Tue, 01/04/2022 - 14:00
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Redazione
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Forse l’impresa più grande di tutte, e qui la musica c’entra poco, Pino Daniele l’ha mandata a referto due anni dopo la sua scomparsa. Accadde il 4 gennaio 2017: tanti tifosi juventini elogiarono l’omaggio del popolo partenopeo, specie quello di fede azzurra, rivolto al grande cantautore.

Tifo Juve da una vita, ma certe cose accadono solo a Napoli.

Che pochi giorni la scomparsa di Daniele, al “San Paolo” mandarono in scena un ricordo da brividi, intonando Napul’è all’unisono con oltre 60mila voci a far battere forte i cuori di chi quel giorno allo stadio non c’era, ma in fondo è come se ci fosse lo stesso. Unire juventini e napoletani è già di per sé un’impresa fuori da qualsiasi logica. Ma Pino seppe arrivare dove tanti hanno fallito.

“STA MALATIA”, L’INNO CHE FU UNA PROVA D’AMORE

Sette anni dopo la sua scomparsa, Pino Daniele è ancora vivo tra la sua gente. Soprattutto a Napoli, la terra da dove è partito, la terra che ha cantato, la terra che ha “amato e odiato” (parole sue). E la squadra per la quale ha tifato, divenendone a suo modo una sorta di ambasciatore nel mondo della musica. Per il Napoli, Pino scrisse pure un inno, intitolato “Sta malatia”, che nel 1989 scrisse per Roberto Murolo, ma che poi negli anni è andato (chissà perché) perso, riemergendo solo dopo la sua dipartita terrena. E al più grande di tutti, cioè a Diego Armando Maradona, Daniele dedicò anche una canzone, o meglio, una vera e propria lettera d’amore, intitolata “Tango della buena suerte”:

Ed al momento giusto suona il tango per magia, lui è l'uomo giusto che ci può far vincere, tango della buena suerte.

Curioso che il destino, a distanza di pochi anni, li abbia in qualche modo uniti anche nel modo scelto per uscire di scena, col cuore a tradirli dopo una vita nella quale hanno fatto palpitare tanti cuori di milioni di fans.

PINO E DIEGO, I DUE “CAPOPOPOLO”

Pino e Diego, simboli di una Napoli rinata a metà degli anni ’80, di nuovo posta sulla cartina geografica non solo del calcio, ma anche dell’arte, della cultura, del turismo e di tutto ciò che ad esso è collegato. Pino e Diego che si conobbero solo nel 1990, quando c’era da festeggiare il secondo scudetto della storia partenopea: tre anni prima non ci fu modo di incontrarsi, ma nel ’90, a casa di Ciro Ferrara (che abitava proprio sotto all’abitazione di Diego), fu una festa indimenticabile. Con Maradona che da tempo chiedeva chi fosse quell’artista con i capelli lunghi, dalla parlata mica semplice da capire, che cantava “Je so’pazzo” e che ai suoi occhi era il vero simbolo del riscatto sociale della città.

Sei un capopopolo

gli disse l’argentino quando lo vide.

No, sei tu il vero capopopolo

gli rispose l’artista. Alla fine, decisero entrambi che l’aggettivo che più li caratterizzava fosse “ribelli”, cioè

due ribelli al servizio della città.

Nacque così un’amicizia vera, profonda e spontanea, con i mini concerti di Daniele a casa dei giocatori del Napoli (il più famoso è quello delle feste di Natale del 1990 a casa di Massimo Mauro) a rendere unici e iconici quei momenti. La maggior parte dei quali, non essendoci all’epoca né smartphone e tantomeno dispositivi personali di ripresa, sono stati semplicemente consegnati alla leggenda, spesso protagonisti di racconti orali tramandati di generazione in generazione.

IL PRIMO SCUDETTO, L’EMBLEMA DEL RISCATTO

Pino, pur non essendo un vero appassionato di calcio, capì che per Napoli tutta quella poteva essere davvero l’occasione di un riscatto agli occhi del resto del mondo. Lo urlò dal palco sul quale salì proprio durante la festa per il primo scudetto:

Non è solo una vittoria sportiva, ma è la vittoria di un popolo. Di un popolo e del Sud che si fa valere.

Quel Napoli che nel giorno dell’anniversario della scomparsa del cantautore l’ha voluto ricordare con i versi di “Anna verrà”:

Noi che abbiamo un mondo da cambiare. Noi che ci emozioniamo ancora davanti al mare.

Un’eredità destinata a durare in eterno.

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