MARCO SIMONE, IL BOMBER DI SCORTA NATO NELLA DECADE SBAGLIATA

Submitted by Anonymous on Fri, 01/07/2022 - 17:02
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Redazione
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Potere evocativo dei numeri: 35 anni fa, giorno più, giorno meno (era l’11 gennaio 1987), Marco Simone faceva il suo esordio in Serie A. Ma cambiando gli addendi, e dando vita al 53, si scopre che quelle oggi sono le candeline sulle quali l’ex attaccante di Milan, Monaco e PSG si accinge a soffiare. Un cinquantatreenne nel corpo di un ragazzino, perché Simone è ancora adesso un innamorato folle del pallone, che ha deciso di seguirlo davvero in capo al mondo. Abbattendo barriere e confini, ritrovandosi a giocare all’estero quando emigrare era un vezzo per pochi, accettando panchine in posti esotici e solitamente dimenticati dai protagonisti del calcio europeo. Insomma, uno al quale le sfide, quelle vere, sono sempre piaciute. E che non s’è mai fatto troppi scrupoli quando c’è stato da dire le cose come stavano. Un uomo vero, schietto e genuino. E un bomber (questo si) troppo spesso sottovalutato, anche se nascere a pochi giorni di distanza da Baggio (giusto per citare il più grande della sua epoca) non ha rappresentato certo un vantaggio.

AL SUO POSTO NEL MILAN DEGLI INVINCIBILI

Fosse stata sposata più avanti di una ventina d’anni, o anche 30, la sua sarebbe stata una carriera (se possibile) ancor più luccicante di quanto non lo sia stata. Nato a Castellanza, piccolo comune del varesotto, il giovane Marco si fa conoscere prima nelle giovanili del Como, quindi nella Virescit, nobile decaduta di un calcio d’altri tempi, dove si mette in mostra firmando 15 reti in 33 gare in C1. Il Como lo riporta subito in A e Simone attira su di sé gli occhi dei grandi club italiani, soprattutto di uno, che nel frattempo aveva cominciato a mietere successi in Italia e in Europa: Arrigo Sacchi si convince che quell’attaccante tanto versatile, utile sia come prima che come seconda punta, nel suo Milan possa starci che è un piacere e convince Braida a sborsare 6 miliardi di lire per portarlo in rossonero. Invero lo voleva anche la Juventus: Oscar Damiani, il suo procuratore, gli presentò due contratti, chiedendogli quale dei due volesse firmare. Da tifoso rossonero, Marco decise di seguire il cuore (la Juve al suo posto prenderà Casiraghi). Comincia una storia che durerà 8 stagioni (più un’altra qualche anno più tardi), con Simone che diventerà assieme a Massaro una sorta di bomber di scorta, buono per ogni evenienza. Chiaro che la concorrenza spietata dell’epoca (van Basten, Gullit e Papin su tutti) gli toglie un po’ di spazio, ma quando viene chiamato in causa Marco non si fa pregare e risponde presente. Si adatta anche a fare il quarto di centrocampo o l’esterno nel tridente, e sia Sacchi che Capello ne riconoscono qualità importanti non solo sotto il profilo tecnico, ma anche caratteriale. Sacchi gli concede anche qualche sprazzo d’azzurro: sole 4 presenze, appena una da titolare, nessun gol a referto. La concorrenza, come detto, è tale da far apparire Simone alla stregua di un rincalzo. Eppure in almeno 17 squadre di A su 18 sarebbe stato titolare ad occhi chiusi.

LE ANNATE D’ORO IN ROSSONERO, L’AMICIZIA CON WEAH

L’affetto dei tifosi milanisti nei suoi confronti, sempre ricambiato, lo convincono a restare in rossonero, nonostante le offerte non manchino e nonostante qualche panchina di troppo (vedi nella finale di Atene col Barcellona). Solo nel 1994-95, con van Basten già alle prese col calvario alla caviglia e senza più Papin nei paraggi (più Gullit che a novembre se ne va), Simone diventa il centravanti di riferimento di casa Milan. Che porta a un passo dalla Champions, persa contro l’Ajax nella notte di Vienna. Con 21 reti in 45 partite, vive la sua annata migliore in Italia. L’anno dopo, nonostante l’avvento di Weah (col quale instaurerà subito una bellissima amicizia) e Baggio, la scelta di restare viene premiata da una stagione fatta di 35 presenze e 11 reti, utili per riprendersi lo scudetto. L’anno dopo però le cose non vanno bene allo stesso modo, nonostante Simone scollini in doppia cifra per la terza stagione di fila. Al Milan è finito un ciclo, in Francia invece sta per aprirsene un altro, dove il ragazzo di Castellanza è destinato a prendersi la scena (quasi) tutta per sé. È il primo italiano a salpare per l’estero: una firma storica, foriera di un calcio che sta cambiando.

L’IMPERATORE DI FRANCIA, IL GIRAMONDO DELLA PANCHINA

Quando sbarca a Parigi, Simone fa vedere al mondo d’Oltralpe quanto è vero il detto “italians do it better”. Nell’annata d’esordio firma 22 reti in 43 gare, conquistando Coppa di Francia, Coppa di Lega e Supercoppa. A fine anno France Football gli assegna il premio quale miglior calciatore straniero, e i colleghi lo nominano miglior giocatore del campionato 1997-98. L’anno dopo fatica a ripetersi (segna comunque 10 reti), ma convince il Monaco a prelevarlo per la stagione successiva, quella della definitiva consacrazione. A 33 anni, Simone è nell’elite del calcio europeo: conduce i monegaschi al titolo di Francia con 21 reti, cui ne aggiunge altre 7 nelle coppe. E viene premiato ancora una volta come miglior straniero del torneo. Marco ha toccato l’apice e non deve più dimostrare niente a nessuno. Il nuovo millennio è una sorta di sunset boulevard: un’altra stagione al Monaco, poi il ritorno nostalgico al Milan (15 presenze e una rete in Coppa Italia nel 2001-02, ai primordi dell’era Ancelotti), altre due annate senza acuti in Francia (Monaco e Nizza) prima del congedo al Legnano, in Serie C1. Che una volta appesi gli scarpini decide di acquistare, assieme al fratello Gianni. La carriera dirigenziale però non fa per lui: diventa procuratore e agente FIFA, poi però sente troppo il richiamo del campo e diventa allenatore, col Monaco che gli offre la prima chance. Allena in Svizzera, Francia, Tunisia, Marocco e Thailandia: non se la cava male, ma la sua schiettezza lo porta a non accettare compromessi. L’Italia però, come accaduto a un certo punto della sua carriera, senza un perché lo rimbalza: nel 2018 arriva persino a firmare un contratto biennale col Milan per allenare la squadra B, ma pochi giorni pochi giorni prima del via della stagione e non se ne fece più nulla, complice l’uscita di scena dei cinesi e l’avvento del fondo Elliott. Una ferita aperta, l’ennesima cicatrice di una carriera mai banale. Perché Marco la vita l’ha sempre presa di petto. E anche se gli anni passano, sente che prima o poi arriverà anche il suo momento.

(Credits: Getty Image)

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