STORIA DELLA SUPERCOPPA ITALIANA, UNA SERA A CENA MANTOVANI E D'ORSI...

Submitted by Anonymous on Wed, 01/12/2022 - 11:23
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Redazione
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Galeotta fu una cena. E non di un club qualunque: il “Cerchio Blu”, quello creato da Paolo Mantovani, indimenticato patron della Sampdoria, era davvero una fucina di talenti. In questo caso della penna, perché l’idea fu di riunire attorno a una tavola imbandita i corrispondenti dei maggiori quotidiani nazionali, perché parlare bene della Samp era divenuta una necessità, dato che sul campo la squadra blucerchiata cominciava a farsi largo tanto in Italia, quanto in Europa. E una sera, quasi arrivati al dolce, Enzo D’Orsi (all’epoca al CorSport) lanciò a Mantovani un’idea:

Perché non proponi a Nizzola (all’epoca presidente di Lega) di mettere in palio un trofeo tra le squadre vincitrici di campionato e Coppa Italia?.

Lo spunto veniva dal mondo anglosassone, dove da decenni ormai si disputava il Charity Shield, che appunto metteva di fronte la squadra vincitrice del campionato nazionale (non ancora Premier: lo sarebbe diventato nel 1992-93) e quella vincitrice dell’FA Cup. Il nome Charity, poi, tradiva una caratteristica comune soprattutto alle prime edizioni: con gli introiti della partita, i due club avrebbero dovuto cooperare ad opere di beneficienza. Una tradizione che negli anni andò scemando, tanto che dal 2002 si parla di Community Shield. In Italia, l’ideale solidale durò lo spazio di una partita. Ma l’idea in Lega piacque, e grazie all’intuizione del “Cerchio Blu” nacque la storia della Supercoppa Italiana.

LA VETRINA TELEVISIVA CHE TANTO PIACEVA ALLA LEGA

A beneficiare per primo di quella nuova manifestazione fu il Giarre, club siciliano dal passato glorioso, ma che alla fine degli anni ‘80 se la passava in brutte acque. Così Mantovani disse che l’incasso della finale sarebbe stato devoluto per salvare la società dal fallimento. La soluzione studiata ricalcava un po’ lo spirito del Charity Shield, con tutti i paragoni del caso. Alla Lega, però, interessava altro: in un’epoca dove il calcio faticava a trovare spazi in tv, con la Serie A relegata ai soli highlights di 90esimo Minuto e alla differita di un secondo tempo di una singola gara, portare in prime time una sfida con in palio un trofeo non era poi un’idea malvagia. Bisognava però fare le cose perbene e nel 1988 il tempo per organizzare il tutto era troppo poco. Così la prima edizione venne posticipata al 14 giugno 1989, in coda alla stagione, ma con in campo Milan e Sampdoria, vincitori dello scudetto e della Coppa Italia 1987-88. Essendo poi a Milano la sede della Lega, si decise di giocare a “San Siro”: Vialli portò in vantaggio i blucerchiati, Rijkaard, Mannari e van Basten ribaltarono il punteggio e regalarono ai rossoneri la prima delle 7 Supercoppe spedite in bacheca. La Samp però s’era già conquistata una seconda chance, vincendo pure la Coppa Italia 1988-89 e presentandosi come l’antagonista dell’Inter dei record del Trap, quella dei 58 punti in 34 giornate. Che il 29 novembre 1989, unica data individuata in mezzo a un calendario strettissimo (a giugno sarebbe arrivata l’ora dei mondiali), s’impose per 2-0 con le reti di Cucchi e Serena. Più che italiana, la Supercoppa aveva assunto una connotazione assai meneghina.

L’ULTIMO ACUTO DI DIEGO, LA GIOIA DI “PAPÀ” MANTOVANI

Detto che di fare beneficienza e aiutare il prossimo non se ne sentì più parlare in fretta, era nata una competizione che in qualche modo necessitava ancora di una registratina. Intanto una collocazione in grado di valorizzarla: siccome in Inghilterra il Charity si giocava a inizio stagione, quella divenne la regola. Bisognava consegnare il trofeo prima che partisse il campionato, e per evitare discussioni la gara si sarebbe disputata in casa della vincitrice dello scudetto. Nel 1990 tale onere toccò al Napoli di Maradona, che ospitò la Juventus surclassandola per 5-1. Fu quello l’ultimo trofeo alzato da Diego in maglia azzurra, nel giorno in cui Roberto Baggio esordì con la maglia della Juventus, naturalmente con un gol (ma decisamente amaro). E fu un successo anche di pubblico: oltre 60.000 spettatori al “San Paolo” accompagnarono il canto del cigno del Napoli degli anni d’oro. Ormai la strada era tracciata: nel 1991 arrivò anche l’ora della festa per Mantovani e la Samp, vincitrice sulla Roma grazie a un gol di Mancini. Tre anni dopo aver assecondato l’idea di Enzo D’Orsi, il patron blucerchiato raccoglieva i frutti di quella intuizione. E la Supercoppa era pronta a camminare finalmente con le proprie gambe.

LA TRIPLETTA DEL MILAN, I PRIMI “GOLPE” DELLE PROVINCIALI

Sebbene la formula cominciò a ingranare, nella testa dei dirigenti di Lega il trofeo sarebbe servito anche per sperimentare nuove formule. Nel 1993, anno dell’unica edizione alla quale ha preso parte il Torino, si decise di esportare la finale all’estero: a Washington, a 9 mesi dal mondiale di Usa ’94, il Milan s’impose di misura per 1-0 con un gol in apertura di gara segnato da Marco Simone, che faceva il paio con la vittoria dell’anno precedente sul Parma a “San Siro” (a segno van Basten e Massaro, in mezzo il rigore di Melli). Il Milan concesse il tris nel 1994 nella riedizione della prima finale contro la Samp, con Gullit di nuovo transitato sulla sponda rossonera, decisivo nel rispondere all’iniziale vantaggio firmato da Mihajlovic su punizione: proprio l’errore dal dischetto del serbo, in combo con quello dell’altro ex Evani, regalarono il trofeo ai rossoneri. L’anno dopo si pose un problema: la Juve fece il double, così al Parma (finalista di Coppa Italia) venne chiesto di giocare la finale. I puristi storsero il naso, ma anche in Inghilterra funzionava così, e allora amen. Ma trovare un buco a inizio stagione fu complicato e all’estero stavolta nessuno volle investire per una gara dallo scarso appeal: gara dunque spostata al 17 gennaio 1996, a Torino, con la nebbia a corredo. Un gol di Vialli regalò il primo dei 9 trionfi ai bianconeri. Nel ’96 si giocò anche ad agosto: appuntamento a “San Siro”, col Milan di Tabarez opposto alla Fiorentina di Ranieri. Che vinse grazie alla doppietta di Batistuta, che in mondovisione dichiarò tutto il suo amore per Irina, la compagna di una vita. Serata a suo modo storica: per la prima volta ad aggiudicarsi il trofeo era la squadra detentrice della Coppa Italia. La prima di 10 occasioni in cui è successo.

LA LEGA GUARDA ALL’ESTERO: LA LIBIA PAGA BENE

Il calcio italiano stava cambiando. L’epoca delle “sette sorelle” aveva contribuito a rimescolare le carte. La Juve tornò a fare la voce grossa nel 1997, abbattendo la rivelazione Vicenza per 3-0, poi però nel 1998 la Lazio di Eriksson ribaltò il pronostico, passano per 2-1 al “Delle Alpi” con i gol di Nedved di Conceiçao a tempo scaduto (in mezzo il rigore di Del Piero). Nel 1999 arrivò anche l’ora del Parma, sempre a tempo scaduto, sempre per 2-1, con il Milan di Zaccheroni vittima illustre (avanti con Guly, ribaltato da Crespo e Boghossian). L’edizione del 2000, se possibile, fu tra le più belle di sempre: in un Olimpico gremito a più in posso, la Lazio riuscì a spuntarla per 4-3 sull’Inter (decisiva la doppietta del “Pjoco” Lopez). Le romane a inizio millennio andavano di moda, tanto che nel 2001 la Roma fece un sol boccone della Fiorentina (3-0). Nel 2002 la Lega decise di riproporre l’esperimento estero, ma in una location decisamente insolita: grazie ai buoni uffici con Saadi Muammar Gheddafi, socio di minoranza della Juventus, la Supercoppa salpò in Libia, con i bianconeri vittoriosi per 2-1 sul Parma (doppietta di Del Piero). Poco importa se il campo fosse in pessime condizioni (sarà peggio in Cina anni dopo): al denaro non si rinuncia e nel 2003 si torna negli States, nello stadio dei NY Giants, con la Juve che la spunta ai rigori sul Milan nella rivincita della finale di Champions disputata soli tre mesi prima. Edizione peraltro che per poco non viene decisa al Silver Goal: Pirlo segna al 15’ del primo tempo supplementare, ma Trezeguet riesce a impattare a 10 secondi dalla fine dei 3’ di recupero accordati. All’estero si dovrebbe andare anche nel 2004, e di nuovo a Tripoli: le minacce di Al Qaeda fanno tornare la Lega a più miti consigli, col Milan che si sbarazza per 3-0 della Lazio a “San Siro” (e Sheva fa tripletta: mai nessuno come lui). L’era pre-calciopoli si chiude con la vittoria dell’Inter al “Delle Alpi” nel 2005: decisiva la zampata di Veron al 120’.

INTER-ROMA, COME UN ROMANZO

Con la Juve spedita in B, comincia una fase di egemonia di due club: l’Inter da un lato, la Roma dall’altro. Coi nerazzurri abbonati allo scudetto e i giallorossi alla Coppa Italia, sono ben tre le finali consecutive che le vedono protagoniste (4 in 5 anni), tutte a “San Siro”. La prima è la più spettacolare: Roma avanti 3-0, Inter capace di rimontare e spingere la gara ai supplementari, dove Figo fa venire giù il “Meazza”. L’anno dopo un rigore di Totti vendica quella sconfitta, regalando la seconda (e ultima) Supercoppa ai giallorossi. Che nel 2008 cedono solo ai rigori, con Totti che tradisce i compagni (decisivo sarà l’errore di Juan) regalando la prima gioia a Mourinho, all’esordio sulla panchina interista. Andrà meno bene al portoghese l’anno dopo, quando la Lega decide si guardare a Oriente: la Cina concorda di ospitare tre finali in 5 anni e quella 2009 è la prima, con la Lazio che a sorpresa batte l’Inter, intenta a inaugurare la stagione del triplete (a Matuzalem e Rocchi risponde tardivamente Eto’o). Nel 2010 va in scena l’ultimo Inter-Roma della serie: Riise illude Ranieri, Pandev e la doppietta di Eto’o regalano a Benitez una delle rare gioie della sua breve parentesi nerazzurra. Il ciclo di successi dell’Inter si chiude quella sera: l’anno dopo, a Pechino, Sneijder illude Gasperini, ma l’ex Ibrahimovic e Boateng nella ripresa ribaltano le cose, riportando il trofeo a Casa Milan.

L’EPOPEA DELLA JUVENTUS, LE BATTAGLIE CON NAPOLI E LAZIO

L’ultimo decennio di Supercoppa ha una costante: vedrà sempre protagonista la Juventus, che tra scudetti (9) e Coppe Italia (4) non salta neppure una finale. La prima è la più iconica: nel 2012 si gioca ancora a Pechino e col Napoli va in scena la rivincita della finale di Coppa Italia, vinta dai partenopei. La tensione è palpabile, nessuno ci sta a perdere, e dopo un rigore concesso per un intervento di Fernandez su Vucinic, e trasformato da Vidal, gli animi si surriscaldano. Il 2-2 al 90’ sorride di più alla Juve, anche perché il Napoli affronta i supplementari in 9 uomini (espulsi Pandev e Zuniga). La Juve vince 4-2 e gli Azzurri per protesta disertano la premiazione, beccandosi 20.000 euro di multa). L’anno dopo si gioca all’Olimpico, perché la Lazio vorrebbe tornare in Cina per monetizzare, ma la Juve in estate ha una tournee in America e non rinuncia al viaggio. La Lega “accontenta” i biancocelesti facendoli giocare a Roma, ma il 4-0 finale (e la rivelazione di Paul Pogba) rovinano i piani di Petkovic. Nel 2014 si va addirittura in Qatar, ma si cambia data: anziché a inizio stagione, la Supercoppa si sposta a pochi giorni dal Natale, tenuto conto delle temperature proibitive in Medio Oriente nel mese di agosto. È la rivincita tra Juve-Napoli e stavolta fanno festa i partenopei, che la spuntano ai rigori grazie alla parata di Rafael su Padoin. I bianconeri si rifaranno l’anno dopo (di nuovo ad agosto) a Shanghai, superando 2-0 la Lazio in una gara che in Italia viene ricordata ancora oggi per la pessima regia video, oltre che per il campo disastrato. La Lega si convince che la Cina è meglio dimenticarla una volta per tutte e nel 2016 torna in Qatar, sempre alla vigilia di Natale: opposto alla Juve c’è il Milan, finalista di Coppa Italia, che forza la gara ai rigori dove Donnarumma (neppure 18enne) ipnotizza Dybala, con Pasalic che completa l’opera. Non va meglio alla Juve neppure nel 2017: contro la Lazio si gioca di nuovo all’Olimpico e Murgia a tempo scaduto decide una gara tirata e spettacolare, dopo il botta e risposta firmato dalle  doppiette di Immobile e Dybala (la Juve era sotto 2-0 all’85’).

GLI ANNI DELLE POLEMICHE, TRA ARABIA E PANDEMIA

Gli ultimi anni di Supercoppa sono un inno alle polemiche. Perché quando la Lega cede ai soldi degli arabi, le proteste di chi ritiene immorale andare a giocare in paesi dove le donne per andare allo stadio devono essere accompagnate (nella migliore delle ipotesi) si fanno sentire. Juve e Milan, ancora loro, nel 2018 tirano dritto: per ragioni di calendario si gioca a metà gennaio e l’inzuccata di Cristiano Ronaldo decide una gara tutt’altro che memorabile, utile però per consentire ai bianconeri di staccare i rivali in cima alla classifica dei successi totali (8 a 7). La Juve si guadagna un altro viaggio in Arabia, sempre nell’anno solare 2019: il 22 dicembre però contro la Lazio arriva una sconfitta inattesa, con Luis Alberto, Lulic e Cataldi a rovinare i piani di Sarri, che vede sfuggire il primo trofeo sulla panchina juventina. Dybala almeno ne approfitta per diventare il marcatore all time della competizione con 4 centri. Nel 2020, eccezionalmente a Reggio Emilia (feudo di Master Group, partner della Lega), forzatamente a porte chiude e di nuovo a gennaio, arriva però l’ultima perla bianconera, stavolta griffata Pirlo: Ronaldo e Morata regolano la pratica Napoli, regalando a Buffon (che resta in panchina) la nona vittoria personale, come nessuno mai prima di lui. Per il capitolo numero 34 si torna a “San Siro”: Allegri con una vittoria aggancerebbe a 4 trionfi Lippi e Capello, mentre Inzaghi (due titoli con la Lazio) vuol agganciarlo a tre. Mettetevi comodi e godetevi lo spettacolo.

(Credits: Getty Image)

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SN4P
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