John Belushi e il football: un linebacker di livello nel corpo sbagliato

Submitted by Anonymous on Mon, 01/24/2022 - 19:01
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Redazione
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Una cosa è certa: fosse stato ancora sul pianeta terra, John Belushi si sarebbe goduto uno dei week-end più belli che la storia del football abbia mai saputo raccontare. Magari se l’è comunque guardato da una postazione privilegiata, tipo la spydercam posta sopra la testa dei giocatori, sobbalzando ad ogni ribaltone che ha contrassegnato il Divisional Round più pazzo e incerto di sempre.

E si che lui, di football, certamente era uno che se ne intendeva, e pure parecchio: i trascorsi giovanili presso la Wheaton Central High School stanno li a testimoniare quanto la palla ovale sia stata centrale nella sua crescita di uomo, ancor prima che di atleta. Che a onor del vero, doti fisiche alla mano, non è che fosse poi tanto eccezionale: piccolo di statura, piuttosto tarchiatello e poco incline alla corsa, John se la cavava bene con tanta grinta e un po’ di mestiere.

E con quel suo fare un po’ atipico e scanzonato seppe conquistare lo staff del college dell’Illinois, al punto da consentirgli persino di ricevere una borsa di studio per pagarsi la retta, altrimenti fuori portata per la sua famiglia d’origine. Alla fine però, tra football e teatro, vinse il secondo. E forse, a vederla con gli occhi degli appassionati, non è andata poi tanto male.

UN ATLETA DI LIVELLO IN UN FISICO “SBAGLIATO”

Fosse ancora sul pianeta terra, John Belushi oggi spegnerebbe 72 candeline. Era nato a Chicago il 24 gennaio 1949, da genitori di origine albanese emigrati negli Stati Uniti qualche decennio prima, dove avevano aperto due ristoranti. Era il secondo di quattro figli, uno dei quali (James detto Jim), più piccolo di 5 anni, ne avrebbe ripercorso le orme da attore.

Ma da giovane John aveva tanti talenti: oltre al football era appassionato di recitazione, tanto da diventare uno dei protagonisti della locale compagnia teatrale della scuola. E in più amava la musica, tanto da prendere lezioni di batteria da quando aveva 12 anni, influenzato anche dalla passione per artisti del calibro di Elvis Presley e dei Rolling Stones.

Insomma, poliedrico è dir poco: a 15 anni si fidanzò con Judy Jacklin, che poi sposerà nel 1976, restandogli accanto per tutta la vita, specie negli ultimi anni, quelli più tumultuosi. Ma negli anni ’60, il giovane John era decisamente sulla cresta dell’onda, almeno alla Wheaton, dove la squadra locale di football gli affidò le chiavi del pacchetto dei linebacker.

Il suo compito era quello di fermare le avanzate dell’attacco avversario, cercando di evitare le incursioni dei passatori in cerca di yards da guadagnare per chiudere il down. Un ruolo che gli calzava a pennello: Belushi aveva il carattere giusto per chiudere ogni spiffero, anche se questo gli costò diverse commozioni cerebrali, data la durezza degli impatti con gli attaccanti. A detta del fratello James, proprio i ripetuti scontri di gioco avranno in seguito un’importanza rilevante per tentare di spiegare i problemi di dipendenze di John.

LA SCELTA: CAMPO O PALCO

Negli anni alla Wheaton, Belushi seppe guadagnarsi una certa reputazione in campo, tanto da essere persino ribattezzato “Killer Belushi” per la capacità innata con la quale fermare le linee offensive avversarie, oltre ad essere nominato co-capitano. Non sorprende insomma che alla fine della sua avventura nella high school la Western Illinois University decise di offrirgli un ruolo all’interno del coaching staff della squadra.

Un’offerta che John volle rifiutare, anche perché nel frattempo le sue qualità di attore emersero in tutta la loro grandezza. Spinto da tanti colleghi attori e dalla moglie Judy, capì che il palco era la sua vita: gli esordi con il “West Compass Players” assieme a Tino Insana e Steve Beshekas gli aprirono nuovi orizzonti, facendolo conoscere anche al di fuori dei confini locali. L’ingresso nel gruppo teatrale “The Second City” gli consentì di emigrare fuori dall’Illinois e di farlo apprezzare a una vasta schiera di autori, che arrivarono a offrirgli un ruolo al Saturday Night Live, lo show che gli avrebbe cambiato definitivamente la carriera. E di lì a poco sarebbe arrivato anche il cinema, dove avrebbe lasciato la sua impronta in opere cult come “Animal House” e “The Blues Brothers”, in coppia con l’amico Dan Aykroyd, conosciuto a Toronto a metà degli anni ’70.

QUELLE COMMOZIONI PRESE SOTTOGAMBA

La vita di John, a partire dalla fine degli anni ’60, fu segnata anche da alcune dipendenze. Quella da droghe fu la più ostinata e difficile da arginare: per combattere i frequenti mal di testa (era affetto da encefalopatia traumatica cronica) ricorse spesso all’uso della cannabis, che all’epoca però non era considerata per scopi terapeutici, e più avanti nella cocaina e nell’eroina. A suo dire, l’assunzione di tali sostanze lo aiutava nelle performance sul palco e gli consentiva di tenere sotto controllo le sue forti emicranie.

Proprio il fratello Jim, oggi imprenditore nel ramo della cannabis a scopo terapeutico, ha sottolineato più volte come la marijuana avrebbe potuto salvare la vita a suo fratello, se assunta nelle giuste dosi e con i giusti metodi. La colpa dei ricorrenti mal di testa di John, a detta del fratello minore, era da imputare ai tanti scontri di gioco, che sfociarono nell’ultimo anno in alcuni episodi di convulsioni. Ma all’epoca, evidentemente, l’attenzione alla salute dei giocatori era minore, e nessuno gli diede troppo peso. Qualunque sia la verità, uno come John Belushi il mondo ancora non l’ha più rivisto.

(Credits: Getty Image)

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