Poteva accadere solo in una stagione così, dove ciò che è scontato si trasforma nell’esatto opposto di quel che il campo racconta. Che Patrick Mahomes potesse guardare il Super Bowl dal divano di casa era qualcosa che in pochi avrebbe osato immaginare alla vigilia del Championship Game contro Cincinnati, a maggior ragione a metà partita, con i Chiefs saldamente al comando delle operazioni e il giovane Joe Burrow chiamato a mettere in piedi uno show (per lui) senza precedenti per tentare la rimonta.
Sembrava un copione lineare e perfettamente aderente alla realtà: uscito Brady, e con Rodgers a sua volta già in vacanza, tutto lasciava presagire che nulla si sarebbe messo di mezzo tra il proposito di Pat e la voglia di regalarsi il secondo anello in carriera. Ma ancora una volta i piani della logica hanno finito per cedere il passo all’imprevedibilità che da qualche settimana regnava sovrana sul pianeta NFL. E Mahomes di colpo s’è dissolto, spazzato via dal furore giovanile e dall’entusiasmo dei Bengals, capaci di ribaltare il copione e ricordare al mondo che finché c’è vita c’è speranza. E che anche i grandi possono piangere.
L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA
Lo sguardo perso nel vuoto, con i muscoli avvolti nella giacca d’ordinanza (faceva freddo ieri a Kansas, sia fuori che nell’anima) e sullo sfondo i giocatori avversari festanti: è questa la cartolina finale di una stagione che per il quarterback texano era cominciata un po’ a singhiozzo, ma che una volta arrivati i play-off aveva dissolto in fretta ansie e paure, tanto da riconsegnare ad Andy Reid quell’uomo in grado di far saltare il banco ogni qualvolta fosse necessario farlo.
Stava viaggiando a mille Mahomes, che avrebbe stracciato il record di yards lanciate in una singola post season se solo non si fosse inceppato di colpo, senza una spiegazione plausibile, quando la linea del traguardo era davvero lì ad un passo. Con i Chiefs avanti 21-3 e i Bengals salvati dal tackle last minute (in tutti i sensi) di Apple su Hill, ma comunque in balia dell’onda rossa, che travolgeva tutto ciò che incontrava lungo il cammino.
L’ennesimo capolavoro di Pat, che una volta rientrato in campo è sembrato la brutta copia del campione che aveva dimostrato di essere nelle due gare e mezzo precedenti. E la cocente rimonta subita rischia di macchiare indelebilmente una prima parte di carriera con numeri fuori dall’ordinario, vedi i quattro Championhsip Game consecutivi disputati all’Arrowhead Stadium, che dopo il grande sollievo provato all’overtime grazie alla vittoria sui Bills s’è visto ammutolito dall’incredibile epilogo della sfida con Cincy, che da cenerentola s’è trasformata in giustiziere della notte.
LASCIATO SOLO NELLA TEMPESTA
Qualcuno, nel post partita, ha parlato persino di karma: chi di overtime ferisce di overtime perisce, pensando al fatto che ancora una volta il loss coin aveva favorito i Chiefs, consegnando loro il primo drive del supplementare. Stavolta però Mahomes ha steccato, consegnando a Burrow la chance che aveva privato ad Allen sette giorni prima.
E il giovane Joe, tanto diverso nel modo di giocare, quanto simile nel far tornare i conti quando più serve, non se l’è fatta sfuggire. Certo imputare al solo Patrick la colpa della clamorosa eliminazione di Kansas City sarebbe ingeneroso: l’intercetto subito a inizio terzo quarto da parte di BJ Hill ha pesato, ma tutta la compagine di casa nella ripresa è parsa smarrire la bussola. Tanto da costringerlo persino a subire due sack nell’ultimo drive dei tempi regolamentari, con Butker che dalle 44 yards ha permesso almeno ai suoi di giocarsela all’overtime.
E il lancio per Hill che ha portato all’intercetto di Vonn Bell per il recupero che ha rimesso la gara nelle mani dei Bengals, è parsa una giocata tanto ardita, quanto troppo scriteriata in un momento nel quale un eccesso di spavalderia è costato una stagione. Ma se è arrivato a tanto, Mahomes, è perché nel frattempo intorno a lui non aveva trovato più quelle linee di passaggio e quel sostegno di cui avrebbe avuto bisogno. Perché nel football la faccia ce la mettono soprattutto i quarterback, ma una disfatta come quella dei Chiefs non può avere un solo padrone. E il buon Patrick, che tante castagne dal fuoco aveva provveduto a togliere negli anni passati (e in ultima istanza contro Buffalo), stavolta s’è ritrovato troppo solo in mezzo alla tempesta.
Da sconfitte come queste, dicono i grandi campioni, c’è solo da imparare. E in fondo il ciclo di Kansas City è destinato ancora a durare: l’ossatura della squadra resterà inalterata e semmai Mahomes dovrà guardarsi le spalle dall’arrivo di una nuova ondata di QB giovani e (apparentemente) di successo, con Allen, Burrow e Mac Jones (l’erede designato di Brady ai Patriots) pronti a rompergli le uova nel paniere. Un Super Bowl da spettatore per Pat è quasi una novità: di sicuro il prossimo tornerà ancora più affamato.
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