NBA, LA LUNGA VOLATA VERSO I PLAY-OFF. LAKERS, COME UNA FINALE

Submitted by Anonymous on Sun, 02/27/2022 - 23:04
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Redazione
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La notte porta consiglio, ma forse l’ultima notte NBA ha rimescolato eccome le carte. Perché la corsa che conduce ai play-off è ufficialmente partita e ha già contribuito a far registrare qualche sorpresa. Ad esempio il ritorno in auge di Kyrie Irving, trascinatore dei Nets (in attesa che torni Durant) nel successo contro Milwaukee.

Oppure la capacità di volersi spingere oltre i propri limiti di Memphis, una cenerentola invitata al ballo a Ovest, tanto da essere potenzialmente in grado di spodestare i Warriors dalla piazza d’onore dietro gli irraggiungibili Phoenix. A tre quarti del cammino della regular season, e col mercato ormai alle spalle, l’attenzione comincia ad essere rivolta su quel che accadrà a partire da metà aprile. Che dopotutto, sul pianeta NBA, è l’unica cosa che conta per davvero.

I JAZZ VOGLIONO SUONARLE A PHOENIX (SENZA CP3)

Phoenix ha un problema: il pollice di Chris Paul ha fatto crack e per almeno un mese e mezzo (facciamo inizio aprile) non se ne riparla di vedere il campo. E la prima recita senza il loro leader spirituale non ha sorriso ai Suns, caduti contro i non certo irreprensibili Pelicans. Quella contro i Jazz )ore 21,20 italiane, diretta SkySport) è una partita importante per testare la capacità di resistenza dei primi della classe ad Ovest in vista di un mese che si preannuncia complicato.

Vero è che il vantaggio su chi insegue è cospicuo (GSW è a 6 gare di distanza), ma il pericolo di imboccare una cattiva rotta è tangibile. Di contro c’è poi un Donovan Mitchell che da quando è rientrato a inizio anno sta viaggiando a medie da MVP: 45% dal campo, oltre 25 punti a partita (33 contro Dallas due giorni fa) e in generale una capacità di incidere che ha fatto solo bene agli ondivaghi Jazz di stagione.

Senza Paul per coach Monty Williams si aprono diversi punti di domanda e il solo Booker (30 punti contro NOLA) non basta per risolvere gli enigmi. Utah ha sostanzialmente rimbalzato una rivale diretta come i Mavs per i piani alti della conference e ora vuol lanciarsi all’inseguimento di Grizzlies e Warriors: passare in Arizona sarebbe un segnale chiaro per tutti.

BOSTON A INDIANAPOLIS PER CONTINUARE A CORRERE

Dopo la sosta per l’ASG weekend i Celtics hanno riaperto bottega nel modo giusto. Cioè battendo prima i Nets e poi Detroit, seppure un po’ a fatica, ma legittimando le proprie mire di rimonta ai piani alti dell’Est. La terza gara in quattro giorni arriva contro i Pacers, battuti dai Thunder nell’ultima uscita e in generale già fuori dal radar della parte che conta della classifica.

Sulla carta un impegno da sfruttare per Boston, che ha vinto 9 delle ultime 10 gare disputate e che si presenta con un Jaylen Brown salito di colpi nel momento più delicato della stagione, utile per dare manforte a un Jayson Tatum che sta semplicemente viaggiando su medie da MVP. I Pacers proveranno ad affidarsi ai volti nuovi, cioè Hield e Haliburton, arrivati al termine del periodo di scambi e già apparsi in grado di sobbarcarsi certe responsabilità. Ma se i Celtics faranno i Celtics, per il popolo dell’Indiana si prevede un’altra serata di sofferenza.

DONCIC A CASA CURRY, UN ANTIPASTO PLAY-OFF

La seconda gara del viaggio verso la costa del Pacifico porta i Mavericks a sfidare GSW, in quella che ha tutta l’aria di poter diventare una sfida play-off. Luka Doncic al solito dovrà dimostrare al mondo di poter reggere l’urto contro le grandi del selvaggio West, anche se la prova così così offerta nella prima gara post ASG contro Utah qualche dubbio l’ha seminato dopo un mese di febbraio su livelli stratosferici (34 punti, 10 assist e 9 rimbalzi di media).

Una cosa è certa: a Dallas manca ancora qualcosa per poter competere con l’elite della lega, ma gare come queste possono servire per cercare quantomeno di cominciare ad accorciare la forbice. Anche perché i californiani nell’occasione dovranno fare a meno ancora di Draymond Green, assente al pari di Iguodala e Wiseman. Golden State è ripartita forte dopo la pausa demolendo Portland con una prova corale di indubbio spessore, con ben 8 giocatori in doppia cifra (ma di fatto il secondo tempo è stato un lungo garbage time). Con i Grizzlies che mordono alle caviglie, inaugurare il ritorno al Chase Center con una vittoria sarebbe importante anche per mettere al riparo la seconda posizione a Ovest.

LAKERS, CONTRO NOLA È COME UNA FINALE

NOLA non ha nulla per cui valga la pena scommetterci sopra. O meglio, avrebbe qualcosa, ma in questo momento non ne può disporre (leggi Zion Williamson). Così la carretta la deve tirare Brandon Ingram, ex ultimamente persino rimpianto dalle parti di Los Angeles, che con l’arrivo di CJ McCollum ha trovato almeno una spalla sulla quale poter provare a imbastire una rimonta in ottica play-in.

E poi c’è Valanciunas, pronto a banchettare alla Crypto.com Arena pensando all’assenza sotto il tabellone avversario di Anthony Davis, tanto da costringere Dwight Howard (quindi non proprio un giovanotto) a cantare e portare la croce. Howard non è certo l’uomo più atteso di casa Lakers, ma in questo momento è forse uno dei più funzionali per cercare di rimuovere l’empasse e rilanciare i gialloviola, chiamati a battere un colpo dopo lo scivolone nel derby con i Clippers. LeBron dovrà affidarsi al giovane Reaves, così come a Malik Monk che guiderà la seconda unit. Un altro ko. potrebbe avere conseguenze imprevedibili per coach Vogel: i Lakers sono più che mai spalle al muro.

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