LE DONNE DELLO SPORT: MARTINA NAVRATILOVA. CONTROCORRENTE, IN CAMPO E FUORI

Submitted by Anonymous on Fri, 03/11/2022 - 17:42
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Redazione
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Di tutte le storie che in questi giorni arrivano dall’Europa dell’Est, forse un giorno si scoprirà che qualcuna che somigli a quella di Martina Navratilova è realmente esistita. In fondo pare di essere tornati indietro di 54 anni proprio adesso che il mondo sta trattenendo il respiro, un po’ come fece una giovanissima Martina alla fine degli anni ’60, con i carri armati sovietici entrati a Praga per reprimere la “Primavera” voluta e pensata dall’allora segretario del Partito Comunista Cecoslovacco Dubcek.

Quel fatto spinse la giovane ragazza figlia di Jana a cambiare completamente le proprie abitudini. In parte l’aveva già fatto quando, a soli 7 anni, cambiò il cognome da Subertova a Navratilova, prendendo cioè quello del patrigno dopo che sua madre aveva divorziato dal padre biologico. Una scelta mica scontata per l’epoca: lasciarsi alle spalle il passato e abbracciare il futuro, confidando che il meglio debba venire. E quando capì che la Cecoslovacchia comunista ormai gli stava stretta, Martina spiegò le ali e cominciò ad abbracciare il mondo. Lo fece in modo controcorrente, ma spinta da motivazioni a cui non seppe porre un freno. E così facendo agli occhi della gente assunse uno status di “rivoluzionaria”, di quella capace di perseguire i propri obiettivi ad ogni costo, senza paura di essere giudicata per come si presentava.

LA FUGA DA QUEL MONDO CHE NON LA RAPPRESENTAVA

Un’infanzia complicata l’aveva forgiato nel carattere e nella forza d’animo. La tecnica per colpire la palla con la racchetta fu invece eredità di tante ore passate a giocare a battimuro con un mezzo recuperato all’interno del garage della nonna, che era stata discreta giocatrice qualche anno prima. Il patrigno Miroslav ne intuì le qualità, arrivando a profetizzare che un giorno avrebbe conquistato il titolo a Wimbledon. Magari lo disse per infonderle fiducia e darle coraggio, ma poco più di 10 anni dopo la profezia troverà compimento, con Martina in trionfo sull’erba per eccellenza del tennis mondiale.

Eppure il percorso fu tortuoso come pochi: quando a metà degli anni ’70, non ancora maggiorenne, si recò in Florida per un torneo, vedendo il modo di vivere degli americani capì che il suo posto non era più nella vecchia e crepuscolare Europa, ma che il mondo la stava chiamando verso nuove terre da esplorare. Così nel 1975, il giorno dopo la fine dell’US Open, si presentò negli uffici di immigrazione chiedendo di diventare apolide, defezionare il regime cecoslovacco e richiedere la green card e il relativo permesso di soggiorno negli Stati Uniti, oltre ad avviare le carte per ottenere la cittadinanza statunitense. La sua era una scelta netta: rinnegare un passato che non le apparteneva più per cominciare una nuova vita. Col fardello di andare incontro a possibili attentati (in patria non la presero bene) e il rischio di rovinarsi la vita dentro e fuori dal campo.

IL CORAGGIO DI MOSTRARSI PER CIÒ CHE ERA

La cocciutaggine di Martina ebbe la meglio su tutto. Intanto in campo prese a vincere tornei su tornei, tanto che quando si ritirerà nel 1994 arriverà a collezionarne 167 in singolare, record tuttora imbattuto (e probabilmente imbattibile per chissà quanto tempo ancora). E anche se dovette aspettare fino al 1981 per ricevere la tanto agognata cittadinanza statunitense, nel limbo seppe muoversi con disinvoltura. Lo fece in campo a suon di vittorie, ma lo fece anche nella vita privata, tanto da diventare all’inizio degli anni ’80 una delle primissime atlete a rivelare la propria bisessualità.

Il mondo del tennis femminile non era preparato a tutto questo, ma lei seppe prenderlo per mano e portarlo in una nuova dimensione. Aiutarono certo la sua aurea di invincibile, la sua classe e il suo modo di apparire sempre schietta e sincera, lontano dalle etichette del tempo o dagli stereotipi comuni a tanti atleti. La sua rivoluzione investì anche il modo di allenare il proprio corpo, con sedute specifiche assieme alla cestista Nancy Lieberman (una delle sue prime fidanzate) e un’alimentazione sana che la portò a controllare il peso, dopo che a inizio carriera manifestò una spiccata tendenza a ingrassare (e la stampa ci giocò molto, prendendola spesso in giro). I risultati, su tutti i 18 titoli dello slam, non si fecero attendere.

LA FORZA DI RIALZARSI, SEMPRE

Il mondo di Martina non è mai stato bello e idilliaco come qualcuno ha voluto far credere. La sofferenza è stata compagna di vita, con tanti amori finiti male e una causa per un “non” divorzio (perché non erano sposate) con Judy Nelson che finì per appassionare la morbosa opinione pubblica americana, mostrando il lato più intimo e debole della donna che si celava dietro l’atleta.

Con la propria esistenza privata dato in pasto ai rotocalchi, anziché crollare la Navratilova seppe reagire da vera campionessa. Intanto vincendo sul campo, tanto che l’ultimo titolo in carriera (il doppio misto con Bob Bryan agli US Open 2006) arrivò alle soglie dei 50 anni. E poi facendosi paladina dei diritti delle minoranze e più in generale di ogni individuo che si sente libero di vivere la propria vita. I carri armati che la fecero scappare dall’Est europeo sono gli stessi che oggi sono tornati a minacciare la libertà altrui. E Martina, davanti a tutto questo, non mancherà di nuovo di alzare la voce.

(Credits: Getty Image)

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