LE DONNE DELLO SPORT: VENUS E SERENA WILLIAMS. LA RIVINCITA DELL’AMERICA PIÙ POVERA

Submitted by Anonymous on Sat, 03/12/2022 - 15:19
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Redazione
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C’è un prima e un dopo sorelle Williams nel tennis femminile. E mai come adesso la loro mancanza s’avverte forte, perché le nuove generazioni di tenniste, figlie anche di quella rivoluzione sportiva, tecnica e culturale portata dalle due californiane, non sembrano affatto avere nemmeno un briciolo del carisma e del fascino che le due sorelle sapevano diffondere nell’aria.

Due iconiche che hanno fatto la storia del tennis nei primi due decenni del nuovo millennio, cambiandola dal dentro: non era convenzionali quando sono arrivate, non lo sono state neppure quando hanno deciso di appendere la racchetta al chiodo e dedicarsi alle rispettive vite, provando a ricercare una volta per tutte quella pace e quella quiete che in altro momenti era loro mancata. Due campionesse nei numeri, forse ancor più nel lascito che hanno saputo offrire a quello che per più di 30 anni ha rappresentato il loro mondo. E che senza di loro non sarebbe stato affatto come lo conosciamo oggi.

L’ISPIRAZIONE E LA “VISIONE” DI PAPÀ RICHARD

Come sia stato possibile che due ragazze di colore cresciute a Compton, sobborgo per nulla tranquillo di Los Angeles, siano state capaci di issarsi sulla vetta del mondo è per molti una domanda senza risposta. O meglio: le probabilità che potesse accadere erano decisamente basse, specie pensando al fatto che nella famiglia di Richard e Oracene Williams di tennis, almeno fino al 1978, proprio non se ne era mai parlato, né discusso, né teorizzato.

Eppure al capo famiglia bastò osservare la cifra dell’assegno riservato alla vincitrice del Roland Garros di quell’anno (la rumena Virginia Ruzici) per decidere che quello sarebbe potuto e dovuto diventare lo scopo della vita delle future figlie. Future perché in cantiere c’era l’idea di crescere due ragazze, ma ancora la natura doveva fare il suo corso: Venus venne alla luce nel 1980, Serena un anno più tardi.

Ma sin da piccole papà Richard e mamma Oracene non ebbero dubbi su ciò che il futuro avrebbe loro riservato: il tennis era l’El Dorado, il target di vita da raggiungere, l’ossessione per diventare ricche e uscire una volta per tutti dai sobborghi malfamati di LA. A Compton, quando si allenavano sui campi dei parchi pubblici, c’era di tutto: gang bang che se ne davano di santa ragione, siringhe sparse in ogni angolo, sparatorie e quanto di più simile. Le due Williams però non si lasciavano distrarre: in famiglia avevano studiato sui libri come imparare i trucchi del mestiere e in campo cercavano di ripeterli, giorno e notte.

DUE CARRIERE MAI VISTE PRIMA

Emergere nell’America dei primi anni ’90 non era così semplice. E poi quel colore della pelle, così distante dai modelli del passato (Navratilova, Evert, Seles e Graf, tanto per dire), non aiutava affatto a vincere la diffidenza. Ma in campo le due sorelle non avevano alcun timore: Venus in principio era più trascinante di Serena, che la seguiva passo dopo passo in ogni cosa che faceva.

La loro divenne una simbiosi in tutti i sensi, agevolata dal fatto che in doppio divennero praticamente ingiocabili per chiunque. E a chi le criticava per il fatto di proporre un tennis molto più simile al livello “maschile”, basato cioè sulla potenza e sulla capacità di reggere gli scambi prolungati e prediligere la forza alla tecnica, loro risposero facendosene beffe. Del resto i titoli servivano anche a zittire gli invidiosi: le sorelle Williams cominciarono a monopolizzare i maggiori tornei del circuito, tanto che a fine carriera (anche se ufficialmente nessuna delle due si è ritirata dall’attività) arriveranno a mettere assieme 121 tornei di singolare e 45 in doppio.

In più, per ben 9 volte si ritroveranno l’una di fronte all’altra in una finale dello slam, al netto dei 31 incontri disputati in carriera da avversarie (bilancio 19-12 per Serena). E se nella prima metà delle rispettive carriera era Venus quella più in vista, nella seconda il testimone l’ha raccolto Serena, cui rimane il cruccio di aver conquistato 23 titoli dello slam, cioè uno in meno rispetto al record all time di Margaret Court. “Ma non molle: se il fisico regge, tenterò ancora”, ha ribadito giusto una manciata di giorni fa.

LA RIVOLUZIONE APPLICATA AL CONCETTO DI TENNIS

La più grande eredità delle sorelle Williams, però, è legata soprattutto a ciò che hanno saputo rappresentare all’interno di un mondo piuttosto “ingessato” come era il tennis prima del loro avvento. Non è stata soltanto la loro capacità di infrangere la barriera del razzismo, alle quali il papà Richard le aveva “allenate” già da bambine (leggenda narra che pagasse alcuni ragazzi per andarle a insultare mentre si allenavano, così che potessero comprendere quanto fosse complicato stare in campo e abituarle anche al tifo contro): hanno portato una ventata di novità a partire dalla stravaganza dei loro vestiti da gioco, tanto da imporre un nuovo look e l’ingresso della moda anche sui campi e nel lifestyle.

E hanno saputo andare oltre le criticità legate a una vita familiare difficile, tra tragedie (la scomparsa della sorellastra, assassinata in pieno giorno), rialzandosi anche nel bel mezzo delle tempeste che hanno tormentato le loro vite tra depressioni, crisi sportive e desideri a lungo inseguiti (vedi la maternità di Serena), ma arrivati in mezzo a tante, troppe fatiche. Insomma, non una vita ordinaria. Un po’ come il loro talento. Che sarà stato pure “costruito” ad arte, ma che ha fatto centro meglio di molti altri baciati da madre natura.

(Credits: Getty Image)

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