IL PAGELLONE DELLA SERIE A 2021-22: MILAN SUPER, JUVE DIETRO LA LAVAGNA

Submitted by Anonymous on Mon, 05/23/2022 - 14:44
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Redazione
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L’estate è alle porte e il tempo delle pagelle incombe. Quello in cui promossi e bocciati si susseguono senza soluzione di sorta, perché in fondo non tutti possono dire di aver adempiuto appieno ai propri doveri, e tra chi è stato rimandato e chi si ritroverà costretto a ripetere l’anno (o farlo un gradino sotto) il confine è piuttosto labile.

Della Serie A 2021-22 s’è detto di tutto: campionato di basso livello, battaglie esauritesi prima del tempo, pathos ridotto a un paio di questioni (come se scudetto e salvezza fossero roba di poco conto…) e tanto altro ancora. Alla fine però restano i numeri: quelli della classifica, che hanno incoronato il Milan dopo 11 anni di attesa e condannato Venezia, Genoa e Cagliari alla retrocessione. Ma una pagelle il giorno dopo l’epilogo di stagione non si toglie a nessuno. E poco male se qualcuno dovrà giocoforza finire dietro la lavagna.

ATALANTA 5: la Dea ha perso il tocco magico di un tempo, mancando per la prima volta dopo 5 annate di fila l’accesso a una competizione europea. Ma fosse finita anche una posizione sopra, probabilmente il giudizio non sarebbe mutato più di tanto, perché il campionato dei nerazzurri non è stato all’altezza dei precedenti e perché qualcosa nell’ingranaggio del Gasp pare essersi rotto. Troppe 11 sconfitte per dire che si sia trattato solo di un caso. E Pasalic miglior marcatore (13 gol) dimostra che l’attacco non ha funzionato, col solo Zapata in doppia cifra.

BOLOGNA 6,5: alla fine Mihajlovic ha trovato quello di cui andava in cerca: una salvezza tranquilla, messa in cassaforte con largo anticipo, e qualche sprazzo di grandeur che non è dispiaciuta, vedi gli ottimi risultati ottenuti contro le grandi nell’ultima parte della stagione (pari contro Milan, Juve e Roma, vittoria contro l’Inter). Arnautovic s’è dimostrato acquisto azzeccato (13 gol), Orsolini e Barrow sono andati a sprazzi, Hickey è una piacevole sorpresa. La base per continuare a crescere c’è, serve solo maggiore continuità.

EMPOLI 6,5: quella di Andreazzoli a inizio stagione veniva considerata squadra da macello, invece sul campo l’Empoli s’è dimostrato di tutt’altra pasta. A dicembre addirittura sognava di reggere il ritmo delle squadre impegnate nella rincorsa a un posto in Europa League. Poi da gennaio in qua il rendimento è calato drasticamente, tanto che nel girone di ritorno si contano appena due vittorie. Ma di fieno in cascina ce n’era tanto e allora nessuno se n’è curato più di tanto, godendosi i giovani in vetrina (su tutti Parisi e Asllani) e un Pinamonti sempre più bomber (13 gol).

CAGLIARI 4: stavolta i sardi si sono fatti male con le loro mani, e non era facile fare peggio. Giulini è andato spesso sopra le righe, ma le scelte a livello tecnico sono state sbagliate su tutta la linea: l’esonero di Semplici ha aperto il vaso di Pandora, con Mazzarri che per un paio di mesi era parso risolvere tutti i problemi, salvo poi finire a sua volta nel tritacarne. E la decisione di affidarsi ad Agostini nelle ultime giornate è stata quanto mai sciagurata e infruttuosa. La squadra non vale 30 punti, ma ha steccato su tutta la linea. E affidarsi al solo Joao Pedro (13 gol ma annata shock tra retrocessione ed esordio in azzurro contro la Macedonia) è stato un rischio pagato a caro prezzo.

FIORENTINA 7,5: Italiano è stato strappato con le unghie e con i denti allo Spezia dopo che la gestione Gattuso, di fatto, non era neppure cominciata. E Italiano ha sfruttato l’occasione con un girone d’andata da protagonista (spicca la vittoria sul Milan) e un ritorno condizionato dall’addio di Vlahovic, sostituito da Piatek e da Cabral (non proprio la stessa cosa). Alla fine però la Viola ha tirato fuori gli artigli prendendosi un settimo posto e una qualificazione alla Conference League che vale tantissimo. E l’ha fatto col bel gioco e con il “Franchi” tornato fortino inespugnabile (13 vittorie, di cui le ultime 5 gare tutte di fila, e un ruolino di 41 punti: solo l’Inter con 44 ha fatto meglio). Gonzalez, Sottil, Torreira e Maleh: la meglio gioventù è di stanza a Firenze.

GENOA 4: pensare di far peggio era oggettivamente esercizio assai complesso e complicato. Il Grifone ha cannato stagione e la retrocessione è meritata. Spiace per Destro (9 gol) e spiace per Criscito che c’ha messo sempre la faccia, ma per il resto è stato un disastro annunciato. Dal mercato estivo degno di una squadra di B (e nemmeno da promozione) alle solite liti con Ballardini, passando per l’avvento (azzardato) di Shevchenko fino alla scommessa Blessin, che ha legato tanto con la piazza e che almeno ha provato a dare un senso a una stagione disgraziata. Preziosi ha venduto, ma ha lasciato macerie. I giovani Yeboah ed Ekuban unici bagliori da cui ripartire.

INTER 8: a conti fatti Inzaghi il suo l’ha fatto, eccome. Ha messo due trofei in bacheca battendo in finale la Juve e riportato l’Inter agli ottavi di Champions dopo anni di delusioni. Lo scudetto l’ha buttato via nel recupero di Bologna, ma non è solo colpa di Radu: anche Handanovic ha fatto i suoi errori e se va trovato un momento decisivo in negativo basta tornare a febbraio e marzo, con il ko. col Sassuolo e il pareggio contro il Genoa rivelatisi campali nella striscia di 7 punti in 7 gare che ha rimesso in carreggiata il Milan. Lautaro con 21 reti ha dimostrato di meritare fiducia, Dzeko con 13 ha fatto il suo, Perisic è andato benone, Dumfries s’è spento alla distanza e Barella non era il solito Barella, così come Calhanoglu è stato al solito ondivago. E là dietro non sempre tutto è filato liscio. Voto alto, rimpianti di più.

JUVENTUS 5: l’ennesima falsa partenza è costata cara a una squadra assemblata male e svuotata dalla partenza a fine agosto di Ronaldo, rimpiazzato da Kean (appena 5 gol rispetto ai 30 di media del portoghese…). Allegri ha provato la solita rimonta a effetto, ma la magia degli anni passati è svanita in fretta. Piccola con le grandi (4 punti su 12 contro Milan, Inter e Napoli), macchinosa e discontinua, la Juve ha pagato dazio anche alle voci di mercato, con il divorzio non proprio consensuale con Dybala che ha dato fastidio e la sensazione di essere ormai a fine ciclo (saluterà anche Chiellini). Vlahovic è partito bene, ma alla distanza è calato. Il quarto posto era l’obiettivo minimo, ma non salva una stagione deludente.

LAZIO 6,5: Sarri ha portato un gioco innovativo per le abitudini dei biancocelesti e il percorso di assimilazione non è stato facile. Senza i gol di Immobile (fate 27) agganciare il quinto posto sarebbe stato impossibile, ma la Lazio ha mostrato lampi di bel gioco, pur se il divario con chi sta davanti è parso evidente. Aver chiuso davanti alla Roma impreziosisce la prima annata del toscano nella Capitale. Ma per il futuro servono rinforzi e serve svecchiare una rosa che altrimenti rischia di andare presto in apnea, perché il 4-3-3 di Sarri richiede tante energie.

MILAN 9: Pioli is on fire, anzi, Pioli is on top. E ha scalato la vetta a mani nude, partendo davvero dal fondo della montagna. Nessuno gli ha regalato niente: il Milan è un unicum nel suo genere perché ha trovato la forza per rialzarsi e reagire proprio a seguito della pandemia scoppiata a marzo 2020. Un segno del destino: dove gli altri si sono smarriti, i rossoneri si sono ritrovati. Pioli ha diretto le operazioni, i giocatori lo hanno assecondato e seguito con cieca fiducia. Leao, Tonali, Hernandez e Tomori hanno fatto il salto di qualità definitivo, con l’innesto di Giroud a dare maggiore peso all’attacco e la scelta felice di Maignan, capace di incidere più di Donnarumma. Il Milan ha proseguito nel percorso già tracciato, ha buttato via qualche punto con le piccole, non ha fatto mercato a gennaio (scelta rischiosa, ma alla fine vincente) e ha trovato le risorse al suo interno, con Kalulu e Messias rivelazioni inattese. E Ibra, pur se limitato dagli infortuni, ha fatto ancora la differenza. Non è stato uno scudetto frutto del caso: 86 punti sono tanti, e chi critica lo fa solo per invidia. Come diceva Velasco? Chi vince esulta, chi perde spiega.

NAPOLI 7,5: DeLa ha fatto l’elenco dei risultati ottenuti da Spalletti e tutto sommato è giusto ammettere che il ruolino rispetto alle annate precedenti è migliorato, perché il ritorno in Champions era il principale obiettivo (e con ampio margine sulla quinta). Ma è forte la sensazione di un’altra occasione sprecata per puntare a quello scudetto che a Napoli non transita tanto di frequente. Osimhen s’è dimostrato un talento ma tra infortuni e problemi nella parte decisiva della stagione ha inciso poco. Insigne era a fine corsa e la tempistica dell’annuncio dell’addio non è parsa azzeccata. La squadra è giovane e un po’ umorale, di sicuro inferiore a chi le sta davanti (specie a livello numerico). Ergo, serviranno rinforzi per restare competitivi.

ROMA 7: Mourinho ha riportato entusiasmo e attenzioni in una piazza rimasta ancorata al passato dopo gli addii di bandiere come Totti e De Rossi. Il portoghese ha fatto il suo: non poteva competere per il titolo e forse nemmeno per la zona Champions, però ha fatto crescere una squadra giovane che se adeguatamente rinforzata può portare dividendi. E ha ragione quando dice che la Conference League ha prosciugato risorse ed energie altrimenti destinate alla rincorsa al quarto posto, distante 8 punti. Vincesse a Tirana avrebbe fatto comunque un capolavoro. Abraham è bomber che vale, ma servirà una spalla per assecondarla perché il solo Pellegrini non basta. Zaniolo sarebbe perfetto, ma quest’anno s’è visto poco o niente.

SALERNITANA 6,5: alla fine Davide Nicola ha fatto il miracolo. Con una rimonta pazza tanto quanto lo è stata la stagione della Salernitana, che per non farsi mancare nulla nella serata della grande festa s’è consegnata senza appello all’Udinese, regalandosi l’ennesima follia di un’annata a tratti senza senso. Castori e Colantuono non hanno lavorato in condizioni facili, poi il mercato di gennaio ha stravolto la squadra, portato esperienza e permesso dopo l’avvento di Nicola di tentare l’impossibile. La tifoseria è da 10, la squadra ha chiuso in crescendo con Bonazzoli che s’è messo in luce e Djuric decisivo dopo tanta gavetta. Gestione dirigenziale scellerata, ma alla fine conta solo il piazzamento finale.

SAMPDORIA 6: a un certo punto le cose si stavano mettendo male per davvero, tanto che la scelta di esonerare D’Aversa per affidarsi a Giampaolo (che in blucerchiato funziona sempre) s’è rivelata rischiosa, necessaria ma azzeccata. Alla Samp sono mancati i gol di Quagliarella (appena 4), mentre Caputo s’è redento nel finale arrivando in doppia cifra. Il migliore è stato Candreva, e questo fa capire che c’è molto da fare per rinnovare un organico che non offre tante garanzie. Decisivo lo scatto finale con 5 risultati utili di fila (e 9 punti), altrimenti sarebbero stati dolori.

SASSUOLO 6: Dionisi ha raccolto la pesante eredità di De Zerbi scegliendo di non discostarsi troppo dalla filosofia del recente passato. Sassuolo è il bacino per eccellenza dei talenti italiani: Berardi non è più una promessa (15 gol anche quest’anno), Scamacca è ormai sbocciato (fate 16) e Raspadori è andato in doppia cifra. Ai neroverdi è mancata la continuità, ma gli exploit ci sono stati (vedi le vittorie in casa di Milan, Inter e Juventus). Magari concedono troppo (66 reti subite sono degne di una squadra da zona retrocessione), ma i numeri sono figli anche di un atteggiamento sempre propositivo. Il mercato estivo dirà se c’è da ripartire con tanti volti nuovi o se inglobare un organico comunque di buon valore.

SPEZIA 6,5: Thiago Motta a inizio stagione veniva dato per sicuro perdente, invece è rimasto saldo al suo posto e tutto sommato ha condotto in porto il traguardo salvezza senza troppa fatica. Una squadra senza primi attori ma concreta e ben congegnata: l’addio di Italiano ha pesato meno del previsto e pur senza un bomber di razza (Verde con 8 reti e Gyasi con 6 i migliori marcatori) il collettivo ha saputo esaltarsi quando contava. Indimenticabile il successo di San Siro contro il Milan, così come quello ottenuto a Napoli prima di Natale. Ha finito in riserva, ma a pancia piena e con la soddisfazione di aver centrato un’altra salvezza mica da ridere.

TORINO 6: Juric ha portato la mentalità da Toro che da qualche tempo era un po’ venuta meno e alla fine il bicchiere è mezzo pieno. Vero è che il decimo posto finale non rispecchia proprio del tutto le potenzialità di una squadra che a un certo punto aveva fatto qualche pensierino per spingersi oltre. Il Toro ha costruito la sua annata sulla solidità difensiva, con Bremer miglior difensore del torneo. Ma ha segnato poco, tanto che tolti Belotti (8), Brekalo (7) e Sanabria (6) non ha raccolto molto. Gli infortuni del Gallo hanno pesato e un suo possibile addio aprirebbe comunque un’altra piccola voragine in un reparto apparso abulico.

UDINESE 7: un girone d’andata deludente dopo una partenza da 7 punti in tre giornate, uno di ritorno decisamente di ben altro tenore e sostanza. E alla fine l’Udinese s’è tolta le sue belle soddisfazioni, tenendosi alla larga dalle vicende di bassa classifica ed esaltando al massimo il concetto di collettivo. Delofeu (13 centri) ha fatto la differenza e strada facendo anche Beto (11) ha preso confidenza con il gol. Cioffi, alla chiamata della vita, ha fatto abbondantemente il suo (31 punti in 22 gare), tanto che la scelta di non confermarlo desta perplessità.

VENEZIA 5: ha retto l’urto della Serie A per una buona metà del cammino, poi però alla lunga non ha saputo reggere il passo della categoria e ha finito per arrendersi quasi senza colpo ferire. La vittoria sulla Roma e il pari con la Juve avevano autorizzato a sognare, con Zanetti che pure ben sapeva di non disporre di un organico attrezzato per arrivare in fondo. Alla fine a condannare i lagunari è stata una striscia di 9 ko. di fila tra marzo e aprile che ha reso vano ogni sforzo. Aramu e Okereke c’hanno provato (7 reti a testa), ma le 69 reti incassate con sole 4 giornate chiuse senza subire reti si sono rivelate un fardello troppo pesante.

VERONA 7: non c’è Juric? Nessun problema, ci pensa Tudor a spedire in orbita l’Hellas. Che ha fatto il secondo miglior torneo di casa gialloblù da quando ci sono in palio tre punti per ogni vittoria, e che a un certo punto ha persino sognato di rientrare in corsa per l’Europa. Giovanni Simeone è letteralmente esploso (17 reti), Caprari e Barak sono andati in doppia cifra, tanti altri talenti (vedi Tameze e Cancellieri) si sono fatti apprezzare e promettono benone. Nemmeno ci si ricorda delle tre giornate con Di Francesco in panca e zero punti a referto. Tudor ne ha fatti 53 in 35 partite, media di 1,51 a partita, battendo pure la Juve.

(Credits: Getty Images)

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