GOLDEN STATE-BOSTON GARA 5: CURRY MONUMENTALE, MA LE FINALS SI VINCONO IN DIFESA

Submitted by Anonymous on Mon, 06/13/2022 - 14:33
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Redazione
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Tutti dicono Curry, tutti elogiano Curry, tutti adulano Curry. Ma se Golden State è tornata nella Baia sul 2-2, forse ancora più dei 43 punti di uno scatenato Curry (che in barba a come finiranno le Finals merita a prescindere il titolo di MVP, sin qui sempre andato in mani altrui nelle tre serie di finale vinte dai Warriors tra il 2015 e il 2018) è merito della difesa di squadra che ha permesso a Kerr di mettere in scacco Boston, che una volta tanto che era riuscita a resistere alla proverbiale ondata del terzo quarto degli avversari ha finito per incepparsi proprio nel “suo” quarto, cioè negli ultimi 12’ di partita.

È lì che la palla ha cominciato a pesare, ma è soprattutto lì che Golden State ha stretto le maglie in difesa, preferendo giocarsela col quintetto piccolo e mandando completamente in tilt i meccanismi offensivi dei Celtics. Che hanno sprecato una grande chance per tornare in California e provare a sfruttare il primo match point sulla propria racchetta, ma che adesso dovranno giocoforza tenere fede a quella pazza statistica che li vede 7-0 nel computo delle gare vinte dopo ognuna delle 7 sconfitte subite nel corso dei play-off (non che GSW sia da meno: nel loro caso fanno 6 vittorie su altrettante partite disputate dopo un ko.).

Se dovessero mantenersi in media, la logica direbbe che le Finals se le porterebbe a casa Boston in sette partite. Ma di logico e scontato in questa serie, se mai qualcuno avesse ancora dubbi, proprio non c’è nulla.

GREEN “PANCHINATO”: L’AZZARDO DI KERR HA PAGATO

Perché ogni sera c’è qualcosa di nuovo da ammirare, un eroe uscito dal cilindro quando in pochi magari pensavano che vi avesse trovato posto. Logico che dopo gara 4 tutte le luci dei riflettori se le sia prese Steph Curry, che 48 ore prima aveva abbandonato il campo per un problema alla caviglia, tale da metterne in dubbio persino la presenza nel quarto atto della saga. Invece Curry sul parquet s’è presentato e l’ha abbandonato in gloria, con la sensazione di aver disputato la migliore gara della sua intera carriera (Kerr dicit).

Di sicuro il 30 dei Warriors ha saputo imprimere un ritmo alla sua prova esagerato, con la scelta dei Celtics di continuare a difendere passando dietro il blocco che in qualche misura ha agevolato la guardia dei californiani, anche se in fondo è lo stesso metodo utilizzato nei primi tre incontri. Curry ha giocato da all star, ma per vincere Golden State ha avuto bisogno anche e soprattutto di una difesa monumentale che nel quarto quarto ha mandato completamente nel pallone l’attacco avversario.

È stata questa la chiave di volta della partita: mentre Steph andava in ufficio nella sua metà campo preferita, orchestrando il 14-3 di parziale col quale ha spedito i suoi verso un comodo finale, dall’altra parte Wiggins (MVP “nascosto” di gara 4) ha alzato l’asticella chiudendo con 17 punti e 16 rimbalzi, con Kerr bravo a cavalcare il quintetto piccolo (Curry, Thompson, Wiggins, Looney e Poole) del quale non faceva parte Draymond Green, che ha fatto capire una volta di più di non essere nel momento di massimo splendore della sua carriera.

Menzione speciale, poi, per Klay Thompson: a tre anni esatti dal terribile primo infortunio al crociato rimediato nelle Finals contro Toronto, lo Splash Brothers ha risposto presente quando più contava, mascherando qualche difficoltà patita lungo il percorso. Aspettando Green, Kerr ha ritrovato i suoi pretoriani. E nella mini serie al meglio delle tre partite s’è ripreso legittimamente il ruolo di leggermente favorito.

BOSTON SENTE LA PRESSIONE E ATTENDE IL “VERO” TATUM

“Leggermente” è un termine che calza a pennello pensando al fatto che Boston, ogni volta che ha preso uno schiaffo, ha saputo rialzarsi prontamente. Che poi gara 4 dei Celtics non è stata affatto una brutta partita, con la sola attenuante di quel blackout offensivo di un paio di minuti che a metà del quarto quarto ha permesso ai rivali di prendere il largo.

Sostanzialmente Udoka ha di che essere soddisfatto: ha retto l’urto nel tremendo terzo quarto, ha ritrovato un White produttivo in attacco (ma in difesa la musica è stata ben diversa), ha soprattutto avuto conferma del fatto che Robert Williams III è una brutta gatta da pelare per i Warriors e in questa serie ci può stare, eccome. Ma Boston non ha ancora ricevuto il fatturato che vorrebbe ricevere da Jayson Tatum: i 23 punti e 11 assist ne hanno mandato a referto l’ennesima prova sufficiente, mancata però del mordente necessario e della leadership richiesta nel momento di massimo sforzo.

Tatum è il primo a saperlo: nelle Finals sta facendo il compitino, ma anche qualora dovesse contribuire a riportare il titolo in Massachusetts, la sensazione è che non porterebbe a casa il titolo di MVP (a meno che non tira fuori due partite fuori dal comune). Chissà se in gara 5 Udoka metterà i palloni che scottano nelle mani di Jaylen Brown, che a sua volta è un po’ mancato nel finale di gara 4 dove, forse per la prima volta, Boston ha accusato un po’ di fatica e avvertito la pressione sulle proprie spalle.

Tornando nella Baia, la serie rimane comunque incerta e aperta a qualsiasi scenario: i Celtics dovranno scacciare via l’incubo di un’occasione sprecata che pure è figlia anche della bravura altrui, mentre i Warriors dovranno convincersi che senza il Green dei giorni che furono non potranno sperare sempre e solo che Curry tolga loro le castagne dal fuoco. Comunque vada, per chi la osserva da fuori sarà uno spettacolo: palla a due alle 3 italiane, diretta su Sky Sport 1.

(Credits: Getty Images)

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