40 ANNI DI SPAGNA '82: ITALIA POST DEBUTTO, DIRIGENTI SUL CARRO E STAMPA CONTRO BEARZOT

Submitted by Anonymous on Wed, 06/15/2022 - 17:37
Hero image
Autore
Redazione
news date
News di tipo evento?
No

Accolti da critiche feroci e da uno scetticismo che definire diffuso è poco, dopo l’esordio al Mundial ’82 contro la temuta Polonia gli Azzurri di Bearzot sembravano essersi destati per davvero, quasi andando contro alle stesse convinzioni dei milioni di commissari tecnici che pullulavano nel bel Paese. Uno 0-0 persino un po' penalizzante per quello che si era visto sul rettangolo verde: perché nel primo tempo l’Italia aveva fatto l’Italia, mostrando una grinta e una verve che in nessuno degli appuntamenti di avvicinamento alla sfida si erano intraviste.

E nella ripresa, al netto di un evidente calo fisico e (in parte) mentale, le occasioni migliori per passare le aveva comunque create l’undici di Bearzot, con il colpo di testa di Collovati respinto sulla linea da Lato e la botta mancina di Tardelli stampatasi sulla traversa a portiere battuto. Insomma, con un pizzico di fortuna in più tutto si sarebbe potuto risolvere con una bella vittoria e una relativa iniezione di fiducia.

Tanto che di colpo i commenti di chi aveva apertamente criticato nei giorni immediatamente precedenti il debutto la formula scelta dal commissario tecnico andarono puntualmente nella direzione opposta. In gergo “giornalistico” si dice (ancora oggi) salire sul carro. Anche se (ancora per poco) non dei vincitori.

I DIRIGENTI SUL CARRO, LA STAMPA CONTRO BEARZOT

Su quel carro ci salirono in molti, tra cui il presidente federale Federico Sordillo, che pure non aveva lesinato critiche dopo i due test di avvicinamento al mondiale giocati contro Svizzera e Sporting Braga. Era una prassi frequente all’epoca quella di andare dietro alla direzione presa dal vento, e dopotutto uno 0-0 con la Polonia non era mica da disprezzare: i polacchi erano considerati (a ragione) una delle mine vaganti di quel mundial, col temutissimo Boniek che sarebbe venuto di lì a poco in Italia che pure, al netto delle attese pessimistiche, non fece poi così tanto male alla difesa italiana.

Un’Italia nella quale trovò posto dal 1’ Paolo Rossi, con tutto il fardello di critiche a supporto: a Bearzot nessuno perdonava di aver voluto a tutti i costi con sé Pablito in quella spedizione, e vederlo giocare titolare alla prima partita a molti suggerì un’altra ghiotta occasione per attaccare il commissario tecnico. Il resto della formazione iniziale era invece facilmente pronosticabile: Antognoni era il regista e nessuno si sognava di metterlo in discussione, Marini era il mediano e in questo caso il ballottaggio con Oriali avrebbe dato modo a tanti di parlare anche nei giorni successivi, al punto che dal terzo incontro (quello col Camerun) sarebbe stato proprio Lele a prendere posto davanti alla difesa.

In generale però quella prova servì a Bearzot e al gruppo per affossare più di un giudizio negativo. E di colpo cominciò a serpeggiare un ottimismo fino ad allora inesplorato, anche se abbastanza ingiustificato. Qualche giocatore si tolse pure dei sassolini dalla scarpa, ma l’illusione di essere sulla strada buona sarebbe durata poco.

DINO ZOFF, IL PRIMO “CENTENARIO” IN MAGLIA AZZURRA

Lo 0-0 con la Polonia servì anche a celebrare la presenza numero 100 di Dino Zoff in maglia azzurra. Zoff a quel mondiale era quel che si dice un “veterano” di lungo corso: aveva compiuto 40 anni tre mesi e mezzo prima e per questo era anche il giocatore più anziano di tutti i 528 presenti alla rassegna. Nessun giocatore della nazionale a quel tempo si era mai spinto così in alto, fin tanto da arrivare a toccare la doppia cifra di presenze con la maglia azzurra (grigia, nel caso di Dino).

Un record celebrato con l’ennesimo clean sheet della sua carriera, peraltro già griffata da un record che ancora oggi resiste: nessun portiere di una selezione nazionale è mai arrivato a mettere assieme 1.142’ di imbattibilità, striscia aperta nel 1972 e conclusa nel 1974 per mano dell’haitiano Sanon nel match di debutto alla rassegna mondiale tenuta in Germania.

Perché curiosamente Zoff esordì in una fase finale a 34 anni suonati: fino a 6 anni prima la maglia della nazionale non l’aveva nemmeno vestita, e fino all’inizio degli ani ’70 il dualismo con Albertosi lo vide sedere spesso e volentieri in panchina, come nel caso del mondiale di Messico 1970 (ma Zoff era il titolare della selezione Azzurra che vinse l’Europeo del 1968).

Di fatto il grosso di quelle 100 presenze avvenne tutto dopo i 30 anni, e per quanto racconterà poi la storia in quel mese di giugno e luglio, il meglio doveva ancora venire. Intanto però i giornali italiani il giorno dopo la partita ne esaltarono la longevità e l’ennesima buona prova, a fronte di un solo reale intervento compiuto. Fino al 1999, quando Paolo Maldini lo avrebbe raggiunto come secondo “centenario” della storia della nazionale (poi a seguire Cannavaro, Buffon, Pirlo, De Rossi, Chiellini e Bonucci), nessuno avrebbe toccato tali numeri in fatto di presenze.

LA DISFATTA DI EL SALVADOR CONTRO L’UNGHERIA

Il 15 giugno 1982 è una data rimasta storica nella memoria degli appassionati di calcio: è il giorno in cui l’Ungheria asfaltò per 10-1 El Salvador, mandando agli archivi la vittoria più rotonda mai vista in un mondiale. Gli ungheresi sfruttarono appieno i problemi della formazione del Centro America, qualificatasi un po' a sorpresa 12 anni dopo l’esperienza in Messico del 1970, ma arrivata all’ultimo momento in Spagna tra mille peripezie legate a problemi organizzativi.

A El Salvador in quegli anni imperava una sanguinosa guerra civile e la spedizione ne risultò assai condizionata: la Selecta si presentò con 20 giocatori anziché 22, con molti funzionari della federazione locale che pure ne approfittarono per portare in Europa i loro familiari. E il fatto di non aver mai disputato gare contro squadre europee presentò subito il conto: 3-0 nel primo tempo, poi 5-0 prima del gol di Zapata, il primo (e ad oggi unico) di El Salvador in un mondiale.

Altri 5 gol presi nel finale decretarono la disfatta planetaria. Le due sconfitte successive contro Belgio (1-0) e Argentina (2-0) furono più onorevoli, ma di quelle nessuno se ne ricorda. E di quella squadra nemmeno: solo El Magico Gonzalez avrebbe fatto una discreta carriera nelle serie minori spagnole. Tutti gli altri praticamente smetteranno di giocare a calcio di lì a poco, complice anche l’onda lunga del 10-1 subito con l’Ungheria.

E al portiere Mora, accusato di essere il vero colpevole di quella disfatta, al ritorno in patria alcuni tifosi arriveranno a un passo dal togliergli la vita, sparando 22 colpi contro la sua auto senza riuscire miracolosamente a colpirlo. Chissà se Zoff, l’eroe “buono” di quel giorno, è mai venuto a conoscenza di questa storia…

(Credits: Getty Images)

Template News
Post
Fonte della news
SN4P
Sport di Riferimento
Calcio