BOSTON-GOLDEN STATE GARA 6: I CELTICS SPALLE AL MURO DI SOLITO RENDONO DI PIÙ

Submitted by Anonymous on Thu, 06/16/2022 - 14:00
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Redazione
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Attenti a dare Boston per spacciata. Perché in una condizione simile c’è passata già un mese abbondante fa, e in condizioni persino più complicate: andare a vincere a Milwaukee per riportare la serie in Massachusetts e finalizzare il lavoro in gara 7. Che è l’obiettivo che s’è posto Ime Udoka prima di rimettere piede sull’aereo che ha riportato la squadra sulla costa Est dopo la trasferta californiana di gara 5: “

Vogliamo tornare qui a giocarsi le nostre carte. E siamo perfettamente consapevoli del fatto di avere ogni mezzo possibile a disposizione per poterlo fare.

Fiducia cieca nei suoi ragazzi, che dopotutto è un po' il sale della vita. O se preferite è un copione che i Celtics hanno imparato a menadito: vincere due serie di fila alla “bella” è tanta roba, farlo una terza volta (e per giunta nelle Finals) sarebbe una vera e propria apoteosi.

E il popolo di Boston ha fatto capire di voler credere che tutto questo sia possibile: le sconfitte patite nelle ultime due uscite non hanno ridimensionato i loro beniamini, semmai l’hanno semplicemente messi spalle al muro. Che è una sensazione che a questa versione di Boston paradossalmente sortisce spesso e volentieri un effetto benefico, o almeno così dice il film di questa stagione. Peccato solo che dall’altra parte del campo ci sarà una squadra che quando fiuta l’odore della preda di solito difficilmente se la lascia scappare.

LA CHIAVE PER VINCERE? TUTTA NELL’ATTACCO DI BOSTON

A Golden State potrebbe riuscire quanto fatto sette anni fa, alla prima partecipazione in una serie di finale dell’era Kerr: erano sotto 2-1 dopo tre partite, vinsero la quarta e poi anche la quinta in casa, così da potersi ripresentare a Cleveland con il match point sulla propria racchetta, prontamente sfruttato. Un proposito che i Warriors contano di replicare mettendo nuovamente a nudo le difficoltà offensive di Boston, sin qui il vero ago della bilancia della serie. Perché quando Tatum e compagni hanno oltrepassato quota 100 punti, la vittoria non è mai loro sfuggita. Ma quando non l’hanno fatto (ed è accaduto tre volte) puntualmente hanno pagato dazio.

In difesa abbiamo sempre tenuto bene, perché Golden State ha una miriade di soluzioni e di conseguenza riuscire a mantenerli nello stesso range ogni serata è una buona cosa. Per questo sappiamo che sono le nostre percentuali offensive a determinare l’esito di un incontro: quando rallentiamo il ritmo in attacco diventiamo stagnanti, prendiamo tiri forzati e commettiamo troppi errori, perdendo qualche pallone di troppo. La differenza maturata nel punteggio è figlia di tutto questo e siamo consapevoli di non poterci più permettere di cadere in simili errori.

LA DIFFERENZA ABISSALE DI FATTURATO DELLA PANCHINA

Il concetto espresso da Udoka fotografa bene una carenza che Boston ha manifestato a più riprese nel corso della serie. Golden State ha lucrato sulle difficoltà offensive dei Celtics, che in gara 4 hanno aperto la partita con una striscia di 12 tiri da tre sbagliati consecutivamente (peggior dato di sempre nelle Finals) prima di infilare 8 tiri dall’arco di fila (miglior dato di sempre nelle Finals). Con 317 triple a bersaglio nelle 23 gare play-off sin qui disputate hanno ritoccato il record all time in post season che apparteneva proprio ai Warriors del 2016, ma tutto questo potrebbe non bastare.

Perché Kerr ha comunque trovato la chiave per rispedire i verdi al mittente, con Wiggins che è diventato il vero fattore della serie tanto in attacco quanto in difesa, lavorando bene su entrambi i lati del campo e prendendosi silenziosamente la scena proprio nel momento in cui Steph Curry s’è preso un giro di pausa (prima gara play-off senza canestri da tre a bersaglio). E poi ha pescato bene dalla panchina con Gary Payton II, che “nel nome del padre” ha mostrato al mondo intero la faccia cattiva al momento opportuno. Saper attingere alle risorse della seconda unit è il vero nonplusultra in una serie che rimane equilibrata e aperta a qualsiasi soluzione, con Golden State che è sembrata prendere l’abbrivio, ma non al punto da potersi considerare in controllo come successe in gara 6 nel 2015 contro una Cleveland ridotta davvero ai minimi termini dagli infortuni.

QUANTO REGGERÀ WILLIAMS III E COME REAGIRÀ CURRY

A voler essere pignoli, Boston qualche problema di condizione sembrerebbe avercelo. Perché Robert Williams III maledice notte e giorno il suo ginocchio sinistro che lo costringe a giocare a mezzo servizio, e se stesse al massimo della forma in campo si farebbe sentire parecchio di più. E perché la panchina non è riuscita a fare quel salto di qualità sporadicamente (ma più frequentemente) mostrato nel corso dei play-off: White è praticamente sparito dalla serie, Grant Williams e Pritchard portano mattoncini, ma non nella dovuta misura. E così facendo Udoka non può far altro che chiedere gli straordinari a Brown e Smart, che puntualmente pagano dazio alla fatica nelle battute conclusive. E Tatum? A onor del vero, non è ancora esploso come ci si poteva aspettare prima di alzare la palla due di gara 1.

Dire che stia giocando male è una bestemmia, ma di certo non sta facendo per Boston la differenza di cui avrebbero bisogno i compagni per sperare di avere davvero una chance completa da titolo. I Warriors non stanno dominando affatto la serie, ma stanno interpretando e giocando meglio i momenti chiave, quelli che rischiano di risultare decisivi sopra ogni ragionevole dubbio. È una questione di esperienza, ma anche di intelligenza applicata alla pallacanestro. E per l’ultima gara al TD Garden hanno pure un jolly da giocarsi: uno Steph arrabbiato come non mai, pronto a esondare nuovamente come solo lui sa fare. Un problema in più per i Celtics, che pure farebbero meglio a concentrarsi sul fatturato offensivo per poter poi dare ordini alla torre di controllo di fare di nuovo rotta nella baia e dare appunta mento a gara 7. E attenzione: Boston sa bene come si vincono le sfide senza domani.

(Credits: Getty Images)

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