40 ANNI DI SPAGNA '82: ITALIA-CAMERUN 1-1. IMBATTUTI MA INCOMPIUTI

Submitted by Anonymous on Thu, 06/23/2022 - 13:24
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Redazione
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Vincere una volta tanto non sarebbe bastato. Almeno se non con 4 reti di scarto, e possibilmente con 5 a referto, tante quante ne aveva realizzate la Polonia il giorno prima di Italia-Camerun al malcapitato Perù.

Il che costringeva di fatto gli Azzurri a farsi carico di un fardello di attese che non era mica semplice da colmare: con un pari contro i Leoni Indomabili sarebbe arrivato il passaggio del turno, ma a costo di ritrovarsi nel girone di ferro della seconda fase con le temutissime sudamericane, vale a dire Argentina (campione in carica ma con un Maradona in più nel motore) e Brasile, la grande favorita per la vittoria finale.

La Polonia al contrario aveva già messo le mani avanti ipotecando il primato e potendo così ambire a far parte del girone decisamente più abbordabile che comprendeva URSS e Belgio. Battere il Camerun con un 5-1 fotocopia (o anche un 4-0) era la missione che attendeva un’Italia chiaramente incapace in quella prima parte di mondiale di poter pensare concretamente a una simile impresa.

Perché la tensione si tagliava a fette e già garantirsi il pass per la seconda fase parve cosa sufficientemente accettabile per dire di aver fatto il proprio dovere. Ma quel Camerun che nelle intenzioni doveva essere la vittima sacrificale del girone A in realtà si rivelò uno spauracchio bello e buono.

N’KONO, CROCE E DELIZIA DEL CAMERUN RIVELAZIONE

A Marco Tardelli, abituato a vivere il prepartita con tutto il suo carico di ansie e preoccupazioni, non parve vero di vedere i giocatori africani scendere dal pullman con la radiolina accesa e danzando fino allo spogliatoio, cantando e ballando come se stessero andando a una festa.

La tensione per loro era sconosciuta: il Camerun sembrava davvero in vacanza premio, una gita in territorio europeo da ricordare e da sfruttare per concedersi qualche giorno di relax lontano dalla povertà e dai problemi della quotidianità.

Gli Azzurri non erano pronti per reggere quell’urto: temevano la fisicità degli avversari, temevano di dover rincorrere un avversario che qualora fosse passato in vantaggio avrebbe rischiato di fare un clamoroso upset, garantendosi il passaggio del turno. Bearzot però sapeva che ci sarebbe stato da soffrire e aveva messo i suoi in guardia: senza Marini, frenato da un problema muscolare, in mediana sarebbe scoccata l’ora di Lele Oriali, unica novità di formazione rispetto alle prime due uscite. In attacco c’è ancora Rossi, nonostante le critiche piovutegli da ogni parte.

Ed è proprio Rossi a sprecare in avvio un pallone d’oro arrivato dalla destra, girato a rete di testa dal non ancora Pablito appena a lato nel cuore di una difesa africana un po’ sbadata. Il gol più clamoroso però lo fallisce Bruno Conti, liberato da Antognoni e presentatosi a tu per tu con Thomas N’Kono, eclettico portiere camerunese (Buffon chiamerà il primogenito Thomas in suo onore): Bruno ha tutto il tempo di stoppare palla e prendere la mira, ma incredibilmente col mancino calcia a lato, mentre gli avversari chiedevano un fuorigioco del tutto inesistente.

Quando Collovati svetta di testa da distanza considerevole, costringendo N’Kono a deviare la sfera sulla traversa, Bearzot capisce che anche quella non è la giornata migliore: lo 0-0 all’intervallo non lascia tranquilli, ma il “Vecio” non cambia una virgola e riparte nella ripresa col medesimo undici.

GRAZIANI ILLUDE, MA ALLA FINE IL PARI È UN BRODINO

Non è una bella Italia, ma il caldo e la paura di non farcela finiscono per tarpare le ali agli Azzurri. Che pure, appena passata l’ora di gioco, trovano il modo per sbloccare l’empasse. Rossi, il più criticato, dimostra di saperci fare coi piedi: si sposta a sinistra, crossa al centro col destro per la testa di Graziani che coglie in controtempo N’Kono, il quale scivola maldestramente e non riesce così ad arrivare sulla beffarda (e non irresistibile) palombella dell’attaccante ex Torino, all’epoca in forza alla Fiorentina.

È una sorta di liberazione, ma un minuto dopo l’incubo torna incombente: non c’è nemmeno modo di recuperare la palla rimessa in gioco nel cerchio di centrocampo dai camerunesi che M’Bida, liberato da un colpo di testa sbagliato di Aoudou, brucia sullo scatto Oriali e Cabrini, anticipando Zoff in uscita e ristabilendo la parità. Incredulità è la parola che meglio di ogni altra fotografa lo stato d’animo del pubblico italiano, che adesso teme davvero una clamorosa beffa.

Ma il Camerun, dopo aver esultato per quel gol quasi come se avesse vinto un mondiale, di colpo si ferma: il pari agli africani non serve a nulla, se non a uscire dalla rassegna imbattuti e con una vagonata di elogi e di onori. Qualcuno arriverà ad affermare che il motivo di quell’appagamento post parità è figlio di un tentativo di corruzione andato a buon fine da parte di alcuni dirigenti italiani, che per evitare figuracce si rivolsero alla camorra per far scendere i Leoni Indomabili a più miti consigli (sarà argomento di un’altra puntata del revival mundial ’82).

Invero in campo l’Italia, seppur apparsa assai sottotono, va a un passo dal nuovo vantaggio con un colpo di testa di Cabrini sul quale N’Kono compie una parata clamorosa, riscattando l’errore sul gol di Graziani. Bearzot assiste senza attingere a forze fresche dalla panchina, e lo stesso fa il CT del Camerun Vincent, con la gara che si trascina stanca fino al triplice fischio che sancisce il passaggio del turno degli Azzurri, destinati però a finire nel girone di ferro del “Sarrìa” di Barcellona con Argentina e Brasile.

Nessuno ha voglia di far festa, e tantomeno di parlare: il pari è un brodino e il trasferimento dalla Galizia alla Catalogna si porterà appresso una marea di polemiche, accuse e veleni, che all’epoca non promettevano nulla di buono.

(Credits: Getty Images)

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