JUAN MANUEL FANGIO: “EL CHUECO” NE SAPEVA UNA PIÙ DEL DIAVOLO

Submitted by Anonymous on Fri, 06/24/2022 - 15:33
Hero image
Autore
Redazione
news date
News di tipo evento?
No

Oggi sarebbero state 111 le candeline sulle quali avrebbe soffiato Juan Manuel Fangio. Che pure ha lasciato questo mondo da quasi 27 anni, ma il cui lascito è ancora vivo nel cuore e nella mente degli appassionati. Perché di fenomeni come “El Chueco” non ne è così piena la narrativa sportiva: Fangio è stato il primo vero campionissimo del mondo dei motori.

Pilota capace di entusiasmare le folle e mettere tutti d’accordo anche relativamente al talento di cui ha sempre goduto, tale da renderlo immortale anche occhi di stuoli di appassionati di epoche differenti. Le origini italiane (i suoi genitori erano originari della provincia di Chieti) tradiscono una passione spiccata per la velocità che contribuì a renderlo una leggenda ancor prima di appendere i guanti al chiodo, complici numeri che rappresentano una sorta di masterclass per qualsivoglia aspirante pilota: con 24 gran premi vinti sui 52 disputati, 29 pole position, 48 partenze in prima fila e 35 piazzamenti sul podio, Fangio ha monopolizzato i primi anni ruggenti della Formula Uno, conquistando 5 titoli iridati negli 8 anni in cui ha corso nel campionato (di fatto 7, perché nell’ultima stagione s’è limitato a correre appena 3 gare sulle 11 previste).

E lo ha fatto uscendo sempre dalla sua confort zone, preferendo cioè accettare nuove sfide anziché restare in sella all’auto più affidabile e (sulla carta) competitiva. Ed è forse questa la caratteristica che più di tutte lo rende ancora adesso il campione più celebrato della storia dell’automobilismo.

MECCANICO IN GIOVENTÙ, PIONIERE DELLE CORSE

A vederlo nelle foto così minuto e corpulento verrebbe quasi da chiedersi cosa avrebbe saputo fare oggi Juan Manuel, in un’epoca cioè dove il fisico è divenuto esso stesso una componente essenziale nelle dinamiche delle corse su quattro ruote. Allora bastava essere intelligenti, perspicaci e coraggiosi: Fangio possedeva tutte queste virtù e conosceva meglio di qualunque altro collega i segreti delle monoposto sulle quali correva, complice l’esperienza come meccanico in officina che ne consigliò di monitorare sempre di persona lo stato delle vetture.

Così capitava spesso di vederlo entrare in garage tra una sessione di prove e l’altra intento a smontare e rimontare i pezzi del motore, del cambio o del differenziale. Una cura maniacale che dopo una carriera di buoni propositi e qualche sparuto lampo di gloria nelle strade del Sudamerica, iniziata nel 1936 e portata avanti per 13 anni (la Seconda Guerra Mondiale risparmiò il continente, consentendo alle gare automobilistiche di trovare quella continuità perduta in Europa), alla fine degli anni ’40 lo avrebbe visto attraversare l’Oceano Atlantico e raggiungere il vecchio continente, pronto a confrontarsi con tanti campioni nel momento in cui stava prendendo forma il campionato mondiale di Formula Uno.

Fangiò decise di fare il grande salto nonostante nel 1948 pianse l’amico e co-pilota Daniel Urrutia, vittima di un incidente che li vide coinvolti durante la settima tappa del Gran Premio dell’America del Sud del campionato Turismo de Carretera. Anziché lasciare, Juan Manuel decise di superare quel dolore provando ad alzare l’asticella. Una scelta, a posteriori, felice come poche altre.

CINQUE TITOLI IN F1 E DECINE DI GARE EPICHE

L’Europa accolse Fangio con curiosità e lui dimostrò di saperci fare conquistando diverse vittorie in Formula 2 e in altri storici gran premi (tra gli altri quelli di Sanremo, Roma e Monza). Nel 1950 l’Alfa Romeo decise così di affidargli una vettura nel neonato campionato di Formula Uno, che lo vede subito battagliare con l’amico e rivale Nino Farina, che a fine stagione riesce a spuntarla per pochissimi punti (decisivo un doppio guasto alla vettura nell’ultimo GP, a Monza).

Per l’argentino però l’appuntamento con il titolo è soltanto rimandato: nel 1951 domina incontrastato con tre vittorie e altre due podi, sancendo la superiorità dell’Alfa Romeo che pure a fine mondiale si ritira. Il 1952 è un anno disgraziato perché un grave incidente patito a Monza in Formula 2 lo obbliga a saltare l’intera stagione. Torna nel 1953 al volante di una Maserati, che porta spesso e volentieri sul podio e persino alla vittoria nell’ultimo appuntamento iridato, chiudendo alle spalle di Ascari che bissa il successo dell’anno precedente.

Nel 1954 è ancora Fangio a prendersi la scena, vincendo le prime gare con la Maserati e poi decidendo a metà stagione di salire sulla Mercedes (che arrivò lunga nello sviluppo della vettura), con la quale proseguì la sua inarrestabile corsa all’iride, bissata anche l’anno successivo. Nel 1956 decide di cedere alle lusinghe di Enzo Ferrari e accasarsi sulla rossa di Maranello, con la quale conquisterà il più tormentato dei sui 5 mondiali: la vittoria all’esordio in Argentina produrrà polemiche in serie per una ripartenza con l’aiuto del pubblico dopo un errore (il ricorso della Maserati verrà rigettato), mentre nell’ultimo GP a Monza sarà il compagno di squadra Collins a concedergli la propria vettura (quella di Fangio aveva avuto un guasto allo sterzo) consentendogli di controllare la rimonta mondiale di Stirling Moss, che altrimenti avrebbe privato la Ferrari del titolo.

Nel 1957 Fangio tornerà in Maserati e completerà con la quinta vittoria mondiale la sua favolosa epopea, impreziosita da una straordinaria vittoria al Nurbugring quando “battezza” la strategia di corsa delle Ferrari e le supera nel finale dopo aver tenuto un ritmo indiavolato per tutti i 22 giri di gara. È l’ultima perla del campionissimo, il cui record di titoli verrà battuto 46 anni dopo da Michael Schumacher.

(Credits: Getty Images)

Template News
Post
Fonte della news
SN4P
Sport di Riferimento
Automobilismo