40 ANNI DI SPAGNA '82: ITALIA-ARGENTINA, BEARZOT A GENTILE: “PRENDI TU MARADONA?”

Submitted by federico.tireni on Thu, 06/30/2022 - 06:56
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Claudio, te la senti di prendere Maradona?

Claudio stava giusto pensando di mettere il pigiama e mettersi sotto le coperte (anzi, le lenzuola, visto il caldo di quei giorni), ma i suoi piani andarono prontamente a farsi benedire. Tutta colpa della sua risposta affermativa a quella richiesta che, in un primo momento, gli sembrò più simile a una battuta, insomma a uno scherzo.

E invece Enzo Bearzot era serio come spesso gli capitava di essere, specialmente in quelle giornate tanto complicate e poco serene in terra di Spagna. Poche ore dopo al Sarrià di Barcellona l’Italia avrebbe fatto il suo debutto nel girone della seconda fase del mundial, ritrovatasi suo malgrado in un girone di ferro condiviso con le ultime due formazioni sudamericane rimaste, vale a dire Argentina e Brasile.

La peggiore delle combinazioni possibili aveva preso il sopravvento e si mostrava in tutta la sua “drammaticità” calcistica davanti a una nazionale uscita a pezzi dalla prima fase, qualificatasi solo per il rotto della cuffia, ovvero per aver segnato un misero gol in più rispetto al Camerun. Per questo nessuno dava credito alla nazionale, quasi convinto che alla fine l’eliminazione dal torneo sarebbe stata il male minore di fronte allo scarsissimo spettacolo offerto nelle prime tre gare del torneo.

UNA NOTTE INSONNE, MA NON ERA FIGLIA DELLA PAURA

Il Claudio che doveva prendere in consegna Maradona di cognome faceva (e fa tuttora) Gentile, ma in campo non era uno che si lasciava andare a troppi convenevoli. Scorza dura, muscoli d’acciaio e un volto che incuteva timore negli avversari, peraltro reso ancora più “duro” dalla decisione di lasciarsi crescere il baffo proprio per quella partita così particolare.

Serviva tutto per farsi coraggio e per cercare di far capire a chi si sarebbe trovato davanti che nulla gli era dovuto. Gentile in quel mondiale aveva giocato tutte e tre le partite, ma non aveva mai incontrato sulla sua strada un cliente scomodo come Maradona.

Che era considerato il nuovo talento del calcio sudamericano, che pure l’Europa ancora conosceva più per nome che per meriti acquisiti sul campo, dal momento che il talento di Villa Fiorito fino a quel momento non era ancora uscito dai confini nazionali (sarebbe sbarcato proprio a Barcellona qualche settimana più tardi). A prima vista in marcatura sul 10 dell’Albiceleste sarebbe dovuto andare Tardelli, ma Bearzot pensò di affidarlo alle “cure” di Gentile.

Risposi che non c’erano problemi e che mi sarei adeguato alla richiesta del commissario tecnico. Ma subito un momento dopo mi pentii di quella risposta e cominciai a studiare il modo per fermarlo. Mi immaginavo di essere in campo e di prevederne i movimenti. Non potevo tirarmi indietro, avevo dato la mia parola al “Vecio”. Non avevo paura, ma sapevo che sarebbe stato complicato fermare Maradona. E per questo non chiusi quasi occhio, sopraffatto dalla responsabilità che mi era stata affidata.

QUATTRO ANNI DOPO, QUASI LE STESSE FACCE

Il trasferimento dalla Galizia alla Catalogna comportò sostanzialmente due grosse novità. La prima era legata alla temperatura esterna percepita dalla squadra: a Vigo o comunque nelle vicinanze ogni tanto tirava un po’ di brezza atlantica, a Barcellona no, a Barcellona si sudava ci si ingegnava per cercare un rimedio dall’afa e dal caldo.

La seconda riguardava invece una precisa decisione condivisa dai giocatori, e inizialmente avversata da Bearzot (che poi la fece sua): dopo le polemiche furenti delle prime settimane di quel mondiale, e visto l’ostracismo mostrato dalla stampa italiana nei confronti dei giocatori e del commissario tecnico, 21 giocatori dei 22 presenti in ritiro non avrebbero più parlato con la stampa fino a nuova comunicazione.

Aveva appena visto la luce il primo silenzio stampa della storia del calcio italiano, e avrebbe fatto giurisprudenza. Zoff era l’unico deputato a parlare, ma ben sapendo che di parole fosse piuttosto parco, ai giornalisti al seguito quella “misura” risultò quasi una sorta di sfida. Dopotutto i risultati non erano dalla parte della nazionale e le critiche ormai si sprecavano, ma il fatto che non ci potesse essere un contraddittorio finì per indebolire anche le reiterate rimostranze della carta stampa.

Tanto che alcuni decisero di uscire dalla cerchia dei disfattisti per provare a risollevare il morale delle truppe:

Facci sognare

è il titolo della Gazzetta dello Sport data alle stampe la mattina della partita, come a voler dire di credere ancora nelle possibilità della squadra di cambiare rotta. Bearzot, a sua volta massacrato per lo scorso spettacolo offerto, avrebbe invece tirato dritto per la sua strada: a parte la scelta di mettere Gentile in marcatura su Maradona avrebbe semplicemente riproposto il medesimo undici della precedente sfida, quella pareggiata col Camerun.

Un undici del quale faceva parte Paolo Rossi, sul quale ormai solo il “Vecio” sembrava voler continuare a scommettere. Ben 7 dei giocatori che avrebbero giocato al Sarrià erano già scesi in campo quattro anni prima contro l’Argentina nella vittoriosa gara di Buenos Aires, decisa da un gol di Bettega: Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli, Antognoni e appunto Rossi. Ma anche i sudamericani erano pressoché gli stessi, addirittura 9 su 11 (Diaz e Maradona i volti nuovi). Insomma, una partita a scacchi, con la sola differenza che si sarebbe giocato in pieno pomeriggio a 35 gradi, anziché al freddo della notte argentina.

(Credits. Getty Images)

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