40 ANNI DI SPAGNA '82: ITALIA-ARGENTINA 2-1, PRENDE FORMA IL SOGNO MUNDIAL

Submitted by Anonymous on Thu, 06/30/2022 - 12:45
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Redazione
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Fa un caldo tremendo a Barcellona, stadio Sarrìa, alle 17,15 di un martedì come tanti. Ma si speciale quel giorno porta con sé una rivelazione che il mondo ancora attende di conoscere: l’Italia di Enzo Bearzot, quella che a furia di stenti ha superato indenne un girone eliminatorio sulla carta abbordabile, ma che ha richiesto tanti sforzi e patemi d’animo, è pronta a spiccare letteralmente il volo.

È l’unica nazionale delle 10 europee rimaste in corsa ad essere stata abbinata con le due superstiti sudamericane, che pure nessuno avrebbe voluto incontrare sul proprio cammino. Perché se il Brasile è il grande favorito per la vittoria finale, l’Argentina è pur sempre la selezione campione in carica, per giunta rafforzata da quel numero 10 che di nome fa Diego Armando, e che il mondo sta cominciando ad apprezzare e conoscere da vicino.

Barcellona sarà la sua nuova casa, ma intanto gli procurerà la prima grande delusione della sua nuova vita da calciatore nel vecchio continente. Perché quel giorno al Sarrìa accadde qualcosa che nessuno, o quantomeno in pochi, avevano messo in cantiere: l’Italia meno “considerata” e stimata da un decennio a questa parte avrebbe ripreso in mano il proprio destino, capovolgendo completamente gli schemi e gettando le basi per una clamorosa rincorsa verso la gloria. Fu un vero e proprio “big bang” a tinte azzurre, la nascita di un universo parallelo destinato a consegnare alla storia i ragazzi del “Vecio”.

GENTILE SU MARADONA, MA NON SOLO

Che a riprova di una fede incrollabile nei suoi pretoriani decise di non muovere una virgola rispetto all’undici che era sceso in campo contro il Camerun. Mossa azzardata, pensando a ciò che aveva detto la sfida con gli africani, eppure rivelatasi vincente. Bearzot in fondo puntava sul grande bagaglio di esperienza e di conoscenza di cui quel gruppo disponeva: 7 elementi su 11 erano gli stessi scesi in campo 4 anni prima a Buenos Aires, quando l’Italia inflisse l’unico ko. ai futuri campioni del mondo.

Che a loro volta presentavano in campo 9 giocatori che già avevano vissuto quel match. Pronostico tutto dalla parte dei sudamericani, che invero non è che avessero fatto sfracelli nel girone eliminatorio (ko. col Belgio, vittorie contro Ungheria ed El Salvador), ma che in qualche modo incutevano timore. Ma dopo una prima frazione spuntata, con una conclusione alta di Tardelli e zero pericoli (zero!) per Zoff, nella ripresa le cose avrebbero preso ad animarsi per davvero.

Intanto lo 0-0 all’intervallo certificava la bontà di una mossa tattica di Bearzot che colse tutti di sorpresa: la scelta di affidare le cure di Maradona a Gentile, anziché a Tardelli. Claudio, che per l’occasione s’era fatto crescere i baffi (per incutere maggiore timore agli avversari, dirà in seguito), a fine partita si sarebbe reso protagonista di 20 azioni fallose ai danni del 10 argentino, ricevendo un unico cartellino giallo e cercando sempre di stare nei “limiti” del consentito. Di parole al veleno tra i due ne volarono a iosa, ma all’arbitro rumeno Rainea evidentemente tutto questo poco importava. Insulti a fiumi, ma Italia in partita.

VINCERE ALLA “MANIERA ITALIANA”, VANTO DI QUEL GRUPPO

Se c’è un momento in cui il mundial degli Azzurri cambiò direzione, quello è da ricercare nel minuto 12 della ripresa. Quando Bruno Conti recuperò palla nella propria metà campo e anziché scattare sulla fascia, come suo solito, pensò bene di accentrarsi e cercare di cogliere di sorpresa la retroguardia argentina. Mossa astuta e riuscita alla perfezione: l’albiceleste si aprì come le acque del mar Rosso davanti a Mosè e in quella voragine si fiondò Tardelli, che scappò largo a sinistra dettando il passaggio corto ad Antognoni, che nel frattempo era andato a sovrapporsi partendo dalla parte opposta a Conti.

Risultato? Una ripartenza micidiale, una difesa sudamericana in panne e un diagonale mancino di Tardelli chiuso sul palo lontano alla sinistra di Fillol. Il Sarrìa esplode, in Italia un boato scuote la penisola da Nord a Sud, in tribuna i giornalisti, specie quelli già pronti col de profundis, ammutoliscono e non credono ai loro occhi. L’Argentina di Menotti è stordita e non riesce a rialzarsi: 10’ più tardi un altro clamoroso buco difensivo mette Rossi davanti a Fillol, che pure in disperata uscita gli respinge la sfera quando il gol pareva fatto.

Ma il portiere argentino esagerava poi nel voler andare a sostituirsi ai propri difensori nel tentativo di anticipare Cabrini, finendo per consegnare palla a Conti. Che una volta scattato verso la linea di fondo trova il tempo per fermare la sfera, dare un’occhiata alle proprie spalle e servire proprio Cabrini, che col mancino (a porta quasi sguarnita) infila il 2-0. L’orizzonte della nazionale, di colpo, diventa sereno: sugli spalti la gioia è irrefrenabile, in campo gli Azzurri sono padroni delle operazioni.

L’Argentina non trova il modo per rispondere: il caldo suggerisce a Bearzot di mettere mano alla panchina, così entrano Marini per Oriali e Altobelli (all’esordio) per Rossi, che pur senza segnare sa perfettamente di aver fatto il suo. Quando Passarella infila Zoff calciando una punizione di soppiatto, col portiere azzurro ancora intento a mettere a posto la barriera, la paura di farsi riprendere viene spazzata via da un’energica e strenua resistenza. Al triplice fischio la festa è grande e anche in Italia ci si accorge che il mondo è cambiato. Persino Aldo Biscardi in tv riempie di elogi quella nazionale sulla quale fino a due ore prima aveva riversato parole al vetriolo.

Con una gagliardia fisica e un morale alto insospettabili dopo le prove di qualificazione, l’Italia azzurra ha realizzato un risultato storico e sensazionale.

(Credits: Getty Images)

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