TOUR DE FRANCE TAPPA 6: DOPO IL PAVÉ, LE COTES DELLE ARDENNE

Submitted by Anonymous on Thu, 07/07/2022 - 11:22
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Redazione
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Il pavé ha riscritto le gerarchie del Tour de France, come era logico e scontato attendersi. Adesso però c’è una sorta di classica 2.0 che strizza l’occhio a qualche cacciatore di tappa, ma che forse tornerà parecchio utile anche a chi proverà ad andare a caccia di altri secondi preziosi da mettere fra se e i rivali per la classifica generale.

Dopotutto da Binche e Longwy ci sono 220 chilometri da affrontare, che arrivano però dopo i 167 che hanno visto la carovana gialla darsi battaglia tra caldo, polvere e pietre in una delle frazioni più belle e appassionanti degli ultimi anni. Così aspettarsi qualche altra grossa sorpresa è il minimo che si possa fare: l’imprevedibilità della prima settimana piena del Tour mira proprio in questa direzione, e davvero si fa fatica a capire chi potrà dire la sua in una tappa che si presenta mossa sin dai primi chilometri, destinata però ad accendersi soprattutto nel finale, quando tra strappi e pendenze importanti di sicuro il tappo è destinato a saltare.

PRIMO ARRIVO IN SALITA: UN FINALE DA ACIDO LATTICO

Anche gli organizzatori del Tour hanno imparato che mettere sempre qualche asperità lungo il percorso è il modo migliore per tenere desta l’attenzione di tutti, sia di chi corre, sia di chi sta davanti al televisore. La sesta tappa non farà eccezione: si presenta ondulata sin dai primi chilometri, anche se poi entrerà davvero nel vivo solamente negli ultimi 25.

Lo spartiacque di giornata sarà presumibilmente rappresentato dalla Cote Montigny sur Chiers, con i suoi 1.600 metri al 4,4% di pendenza media. Addirittura si passa al 12,3% quando si affronterà la Cote de Pulventex, che per fortuna del gruppo misura appena 800 metri, ma che per molti somiglierà tanto a una montagna impervia da scalare, col rischio di essere rimbalzati nelle retrovie (meglio farsi trovare davanti all’imbocco della salita).

A quel punto mancheranno appena cinque chilometri al traguardo di Longwy, che sarà posto in salita, cosa mai accaduta prima in questa edizione della Grand Boucle: gli ultimi 1.500 metri saranno tutti all’insù con una pendenza media del 5,8%. Una tappa perfetta per gente che ha la rasoiata in canna, o che comunque riesce a tenere bene le ruote dei migliori in salita per poi provare a bruciarli allo sprint.

Una tappa da finisseur, dove l’idea che possa andare in porto una fuga appare più improbabile rispetto a quanto capitato nella tappa di Arenberg, vinta da Simon Clarke.

VAN AERT È L’UOMO DA BATTERE, VAN DER POEL BATTERÀ UN COLPO?

In condizioni normali, chiunque avrebbe scommesso il suo piccolo euro su una vittoria di Mathieu van der Poel. Che pure s’è presentato al Tour già di corda, e non a caso nella frazione del pavé è stato praticamente invisibile all’occhio delle telecamere (ha chiuso in 81esima posizione a quasi 4’ dal vincitore e a 3’ dal gruppo dei migliori).

Una battuta d’arresto pesante che impone una riflessione: il neerlandese non è quello che a inizio stagione impressionò nelle prime classiche monumento, affrontate praticamente a digiuno di allenamenti dopo essersi visto costretto allo stop da un’operazione al ginocchio eseguita a inizio gennaio. Stavolta la strada gli ha presentato il conto e se MVDP è quello visto nelle prime frazioni del Tour, pensare di vederlo battere la concorrenza a Longwy è oggettivamente tesi assai ottimistica (quasi fantascientifica).

Magari più chance potrebbe averle Wout Van Aert, che sul pavé ha giocato in difesa per via di una caduta a metà tappa, apparentemente senza troppe conseguenze, soprattutto lavorando incessantemente per i due capitani del Team Jumbo-Visma (Vingegaard in qualche misura s’è salvato, Roglic ha chiuso lontano e paga già oltre 2’ da Pogacar in classifica generale).

Se starà bene, logico pensare alla maglia gialla come il favorito numero uno per la vittoria di giornata. Chi potrebbe impensierirlo è Michael Matthews, sempre avvezzo a questo tipo di arrivo, e magari anche quel Peter Sagan che nel 2017 tagliò per primo il traguardo sul medesimo arrivo di tappa proposto dagli organizzatori.

Il fatto che lo slovacco sia arrivato lontano ad Arenberg (ha chiuso a 11’) lascia pensare magari che avrà voluto tenere le energie per provarci su un traguardo che conosce bene e di cui ha dolci ricordi. Dylan Teuns e Max Schachmann sono altri due nomi da tenere d’occhio.

POGACAR SEMBRA GIÀ PADRONE DEL TOUR

E gli uomini di classifica? Detto della crisi di Roglic, che cadendo s’è pure lussato una spalla (se l’è rimessa a posto da solo, non senza qualche rischio…), Pogacar ha fatto capire di essere bello concentrato su cosa fare per mettere le mani sul terzo Tour consecutivo.

Ha domato il pavé alla grande, potrebbe dare fastidio (pure parecchio) anche sulle cotes delle Ardenne, respingendo anche il probabile attacco di Roglic, che su questi arrivi sa come far mulinare le gambe. Geraint Thomas si sta difendendo ma queste non sono le sue tappe, Vlasov ha faticato (come previsto) ma è ancora in gioco.

E pure Nairo Quintana è sembrato in palla. Quanto agli italiani, Alberto Bettiol è la speranza a cui affidare le residue chance di giocarsi la vittoria di tappa: il toscano è in crescita e potrebbe rendersi protagonista di una bella avventura, magari anche partendo da lontano. E se Andrea Bagioli avrà la possibilità di fare corsa per sé, magari le sue chance se le potrebbe giocare, eccome.

(Credits: Getty Images)

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