TOUR DE FRANCE TAPPA 7: POGACAR È GIÀ PADRONE

Submitted by federico.tireni on Fri, 07/08/2022 - 12:28
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Redazione
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Lassù a Planche des Belle Filles i ricordi sono spesso e volentieri dolci. Prendete l’ultimo, datato 2019: Dylan Teuns stacca tutti e va a vincere in solitaria, ma quel giorno il mondo del ciclismo lo ricorda anche e soprattutto per la rivelazione di un giovane abruzzese in maglia gialla, di nome Giulio Ciccone, che di lì a poco avrebbe vissuto i giorni più belli della sua giovane carriera nel mondo dei pro.

E se le lancette si spostano indietro di 8 anni, il cuore arriva a battere ancora più forte: il primo arrivo in salita del Tour, oggi come allora, consacrò il talento indiscusso di Vincenzo Nibali, che prese la maglia di leader imponendosi proprio nella prima tappa di montagna, per poi non perderlo più fino alla passerella sugli Champs Elysees.

Un proposito a cui in qualche modo aveva pensato anche Fabio Aru nel 2017, secondo italiano capace di battere i rivali sulla salita conclusiva nell’anno in cui il Tour celebrò l’ultimo acuto di Chris Froome (il primo a imporsi nel 2012, quando l’arrivo nel dipartimento dell’Alta Saona era una novità assoluta).

Insomma, c’è tanta Italia in quelle pendenze che tante gioie hanno regalato ai colori azzurri e che una grandissima ne regalarono nel 2020 a Tadej Pogacar, che imponendosi nella cronometro conclusiva del Tour andò a conquistare a sorpresa la prima maglia gialla della sua giovanissima carriera, oltre a mettere il proprio marchio su quell’edizione della Grand Boucle.

TUTTO IN 7 CHILOMETRI: SCOSSONI IN ARRIVO

A pensarci bene, due anni scarsi più tardi non è che le cose siano poi cambiate più di tanto. Perché il padrone è sempre di casa nell’UAE Team Emirates, capace di conquistare il simbolo del primato nella tappa di Longwy che di fatto ha aperto la sequenza di frazioni con arrivi in salita.

Solo che quella odierna è davvero la prima tappa di montagna in assoluto dell’edizione 2022: chi vorrà puntare al podio di Parigi, non necessariamente alla vittoria finale (contro questo Pogacar viene difficile anche pensare una cosa simile), comunque dovrà muoversi di conseguenza.

Certo lo sloveno è il logico favorito per un arrivo che pare essere fatto su misura: dopo 170 chilometri abbastanza semplici, con un paio di GPM di terza categoria (Col de Grosse Pierre e Col des Croix, entrambi di lunghezza appena superiore ai tre chilometri e con pendenze medie del 6%), negli ultimi 7 chilometri la strada s’impenna in modo decisamente più considerevole, senza mai scendere sotto il 9% e anzi arrivando a toccare punte del 24% nelle mortifere rampe finali.

Per uno scalatore agile ed esplosivo come Pogacar, praticamente un invito a nozze. Per qualche rivale in cerca di risposte, il primo vero banco di prova per vedere come stanno le gambe.

INEOS GRANADIERS, CHI È L’ANTI POGACAR?

Da Tomblaine al La Super Planche des Belle Filles non si deciderà il Tour, ma come si sente spesso dire si capirà perfettamente chi non potrà vincerlo. Pogacar è l’uomo da battere: l’ha dimostrato anche nelle prime tappe in territorio francese, cavalcando l’onda sul pavé (per lui quasi sconosciuto) e poi attaccando e vincendo nella tappa delle cotes delle Ardenne.

Chiaro che sarebbe una sorpresa vederlo uscire dal range dei migliori: la gamba va che è un piacere, il team ha dimostrato di saper fare la corsa dura e metterlo quindi nelle condizioni migliori per esplodere quando più conta, e allora tutti proveranno a vedere cosa farà lui prima di attaccare.

Di sicuro il Team Ineos Granadiers non potrà restare troppo a guardare: Adam Yates ha dimostrato di star bene e avrà come obiettivo minimo il proposito di non perdere secondi, provando anche a guadagnarne qualcuno su una salita che potrebbe sposare bene le sue caratteristiche di scalatore agile.

Gli ex Sky potranno però sfruttare anche il lavoro di Daniel Martinez e Geraint Thomas, anche se bisognerà prima capire bene le gerarchie all’interno della squadra. Quelle che in casa Jumbo Visma sembrano già essere delineate a sufficienza dopo i problemi riscontrati da Roglic nei giorni scorsi, con Jonas Vingegaard divenuto sul campo il maggiore indiziato a puntare al podio finale.

Nessun problema invece un casa Bora Hansgrohe: Alexander Vlasov ha superato i postumi della caduta rimediata nella sesta tappa e punta a scalare posizioni nella generale. I francese sperano poi i David Gaudu della Groupama-FDJ e in Romain Bardet del Team DSF, mentre Nairo Quintana (Arkea) su questo tipo di salite rimane più un’incognita, prediligendo quelle più lunghe e regolare.

E l’Italia? Damiano Caruso non sembra in grande condizione (paga già oltre 2’ dai primi), Mattia Cattaneo si sta disimpegnando bene e punta a far vedere di avere le carte in regola per stare nei primi 10. Di sicuro c’è da qui a domenica sera molte cose potranno cambiare: la corsa vera comincia adesso, ma Pogacar s’è già portato avanti col lavoro.

(Credits: Getty Images)

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