I PRIMI 40 ANNI DI ANTONIO CASSANO

Submitted by federico.tireni on Tue, 07/12/2022 - 10:41
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 “Ha chiuso bene il Bari che prova ancora con Cassano, in posizione regolare: grande controllo in velocità di Cassano, in area di rigore, Cassano, ancora, rientra sul destro, Cassano… Antoniooooooo…. Casssssssanooooooo… due a uno”.

 

Fabio Caressa in vita sua ne ha raccontate di reti destinate a passare alla storia, ma forse questa è quella che più di qualunque altra ha saputo evocare la fantasia degli amanti del bel calcio, nonché le speranze di quei tifosi che una sera di dicembre del 1999 scoprirono chi fosse per davvero Antonio Cassano da Bari Vecchia.

Un talento smisurato, un orizzonte sconfinato, un crack presentandosi sul palcoscenico del calcio che conta con una perla di rara bellezza. Quella sera il Bari, battendo per 2-1 l’Inter, mise in mostra due giovani talenti di cui non si poteva che prevedere un futuro radioso: Hugo Enynnaya aveva un anno in più di Antonio, ma la sua stella si spense a stretto giro di posta. Cassano invece era soltanto all’inizio di un’avventura che l’avrebbe portato decisamente un po’ più in alto, ma che strada facendo sarebbe finita per disperdere partita dopo partita tutto quei talenti che Madre Natura gli aveva affidato.

Tanto che oggi che spegne 40 candeline ci si interroga ancora se quello scugnizzo che addomesticò col tacco un lancio di 40 metri, infilandosi con una facilità d’esecuzione disarmante in mezzo a Laurent Blanc (solo un anno e mezzo prima campione del mondo con la Francia) e Cristian Panucci (due Champions in bacheca e molti altri titoli in aggiunta) prima di trafiggere Fabrizio Ferron con un preciso destro sul primo palo, non sia stato il più grande “what if” della storia del calcio italiano.

LA NOTTE IN CUI ILLUMINÒ IL “SAN NICOLA”

Che Cassano fosse un predestinato è la data stessa di nascita a dirlo: sarebbe dovuto nascere domenica 11 luglio 1982, ma pensò bene di dare a mamma Giovanna la possibilità di godersi dalla stanzetta dell’ospedale la vittoria dell’Italia di Bearzot nella finale del mondiale di Spagna.

Poche ore dopo venne alla luce Antonio, che pure dovrà fare i conti con le difficoltà di un’adolescenza per nulla semplice, complice la dipartita dal tetto coniugale del papà Gennaro che finirà per costringere la mamma a tirare su da sola il giovane erede. Antonio però finisce per essere “rapito” dai vicoli di Bari Vecchia, che negli anni ’80 e ’90 sono quanto di meno raccomandabile possa esistere per un bambino della sua età.

È solo grazie al calcio se la famiglia riesce a tirarlo fuori da quel mondo oscuro che stava per inghiottirlo senza ritegno. Cassano gioca nella Pro Inter, piccolo club della periferia barese, e dopo qualche provino di troppo andato male con Casarano, Inter e Parma, nel 1997 finisce per convincere il Bari a dargli una chance. In Primavera il giovane Antonio si fa notare, così Fascetti decide di farlo salire al piano di sopra, facendolo debuttare in prima squadra nel sentiti sismo derby col Lecce, perso 1-0.

Una settimana dopo al “San Nicola” arriva l’Inter e stavolta Cassano parte titolare: Enynnaya porta avanti i galletti, Vieri rimette le cose a posto, ma a 2’ dalla fine il giovane attaccante si prende la scena offrendo ai propri concittadini un regalo di Natale anticipato. È nata una stella, pensano tutti. Impossibile dar loro torto.

LA CHIAMATA DELLA ROMA, SOTTO L’ALA DEL PUPONE

Il calcio italiano di fine e inizio millennio è un concentrato di talento inaudito: per un Mancini al crepuscolo (ma vincerà ancora uno scudetto) c’è un Del Piero in continua evoluzione, un Baggio che pare aver fermato il tempo e un Totti che è pronto a esplodere.

Cassano irrompe sulla scena da par suo, senza badare a compromessi: a 17 anni e mezzo è la gemma più preziosa di un campionato che ha accolto da pochi mesi gente come Shevchenko, ma tutti gli occhi sono rivolti sul talento di Bari Vecchia. Che finisce da subito nel mirino dei grandi club, con la Juve che intavola una lunga trattativa che pure non porta da nessuna parte, poiché alla fine nell’estate del 2001 è la Roma di Franco Sensi, fresca di scudetto cucito al petto, a vestirlo di giallorosso.

Con Totti e Batistuta il tridente è da sogno: il capitano lo prende sotto la sua ala e Capello (almeno inizialmente) stravede per quel concentrato di puro talento. Nella Capitale Cassano alterna picchi altissimi a momenti decisamente meno entusiasmanti, ma soprattutto comincia a farsi notare anche per questioni che poco o nulla hanno a che fare col calcio: Capello conia il termine “cassanate” per indicare certi comportamenti fuori dalle righe di cui il barese si rende spesso protagonista.

Quel talento debordante finisce spesso per essere soppresso da un carattere ribelle e impulsivo, che gli costa il posto in Under 21 dopo una panchina di troppo che il CT Gentile gli riserva nel 2001 e che rallenta il suo percorso di crescita anche nella nazionale maggiore, dove approda poco prima di Euro 2004.

Quell’Europeo lo fa conoscere alla platea continentale (segnerà anche due dei tre gol realizzato dalla nazionale azzurra, non sufficienti a promuovere l’Italia ai quarti), ma saranno il preludio a un biennio difficile, dove si comincia a prevedere per lui un futuro decisamente inverso a quello immaginato.

LE “CASSANATE”, IL BLUFF DI MADRID, LA RINASCITA ALLA SAMP

Cassano è genio e sregolatezza e Roma comincia ad andargli stretta. Tra sfuriate contro gli arbitri (celebri le corna a Rosetti nella finale di Coppa Italia 2003) e alterchi con gli allenatori, nel gennaio 2006 Antonio viene spedito a Madrid in un Real dove giocano campioni del calibro di Zidane, Beckham, Raul, Ronaldo e via dicendo.

Vive il sogno di una vita, ma non sfrutta l’occasione, nemmeno quando nell’estate successiva a Madrid torna Fabio Capello, che vorrebbe aiutarlo a tornare grande, ma che progressivamente lo metterà ai margini sia per motivi fisici (visibilmente ingrassato, Cassano viene ribattezzato “gordito” e preso di mira dai tifosi del Real), sia dopo un’imitazione che non deve essergli piaciuta troppo, furtivamente ripresa dalle telecamere.

Antonio a Madrid non lascia traccia, così come non c’è traccia di lui nella nazionale del 2006 che conquista il mondiale. L’azzurro lo ritroverà a partire dal 2008, richiamato dal neo CT Donadoni, dopo che nel frattempo era tornato in Italia, accettando la corte della Sampdoria.

A Genova vivrà forse il suo periodo migliore: nonostante qualche “cassanata” (prese 5 giornate di squalifica per aver insultato e minacciato l’arbitro Pierpaoli, reo di averlo espulso per proteste in un Samp-Torino) metterà in mostra di nuovo tutto il talento che aveva lasciato intravedere, arrivando a spingere la Samp addirittura ai preliminari di Champions dopo il quarto posto della stagione 2009-10, quando però Lippi, tornato sulla panchina della nazionale, ancora una volta lo estromette dal giro azzurro.

Sembrano tutte rose e fiori, e pure fiori d’arancio, perché a Genova conosce Carolina, che nell’estate del 2010 diventa sua moglie. Ma poche mesi dopo l’idillio con l’ambiente blucerchiato si spezza: è di nuovo tempo di cambiare aria, e si punta verso Milano.

LO SCUDETTO COL MILAN, IL FINALE SENZA LIETO FINE

Quando sbarca al Milan, nel gennaio del 2011, Cassano ha 28 anni e mezzo e trova una squadra di grande talento, con Ibra, Pato e Robinho ad accoglierlo sul fronte d’attacco. Seppur da piccolo tifava Inter, Antonio lega subito con lo spogliatoio rossonero e pochi mesi dopo il suo arrivo conquista il suo primo e unico scudetto. La stagione successiva le premesse sono ottime, ma un malore accusato di ritorno dalla trasferta di Roma per poco non gli costa la vita: un’ischemia celebrale dovuta a un difetto interatriale lo costringe ad andare in fretta e furia sotto i ferri, e quando torna in campo ad aprile il Milan è in parabola discendente.

Ma Antonio è di nuovo Fantantonio e Prandelli lo porta a Euro 2012, dove assieme a Balotelli fa sognare i tifosi italiani prima del brusco risveglio nella finale di Kiev, persa contro la Spagna. Le cessioni estive di pezzi pregiati portano Cassano a decidere a sua volta di andarsene altrove: resta a Milano ma approda all’Inter, dove rimane una sola stagione, nella quale però offre un contributo importante (9 reti e 15 assist) prima di rompere anche con Andrea Stramaccioni.

Riparte da Parma, dove ritrova Donadoni, e vive un’altra annata importante che gli vale la meritata convocazione ai mondiali del 2014, che pure rappresenteranno l’ultimo afflato d’azzurro dell’ormai 32enne Cassano. In Emilia i problemi finanziari del club porteranno il giocatore a risolvere il contratto nel gennaio del 2015, e sei mesi dopo a tornare alla Samp per un ultimo ballo.

Saranno ancora una volta le frizioni con la proprietà, all’epoca già nelle mani di Massimo Ferrero, a interrompere nuovamente il rapporto. Quando poi nell’estate del 2017 Antonio accetterà l’offerta dell’Hellas Verona gli basteranno 10 giorni di ritiro per capire che del calcio ormai ne aveva le tasche piene.

LA NUOVA VITA DI UN TALENTO SMISURATO

Oggi Antonio Cassano è un quarantenne che vive una vita tranquilla, sognando magari per i figli Cristopher e Lionel (quest’ultimo così chiamato in omaggio a Messi) un futuro nel calcio, possibilmente un po’ meno scanzonato e turbolento rispetto al suo.

E aspettando una chiamata nelle vesti di direttore sportivo s’è reinventato in un ruolo che pure sembra calzargli a pennello: Antonio è un opinionista molto alternativo, uno che non tiene mai a freno la lingua, cosa che nell’era dei social può rappresentare anche un vantaggio. Assieme agli amici Vieri, Adani e Ventola ha creato un nuovo format per raccontare il calcio, e sebbene non manchino le critiche e i pronostici spesso inesatti, la sua simpatia e la sua carica così allegra e fuori dagli schemi finisce spesso e volentieri per colpire nel segno.

Cassano è uno che non vuol sentire ragioni: pensa che di Ronaldo ce ne sia solo uno (il “fenomeno”, non CR7) e quel suo “chapeau” (anzi, “sciapò” per dirla alla sua maniera) l’ha reso facilmente riconoscibile anche alle nuove generazioni. Quelle che non c’erano il 18 dicembre 1999 quando illuminò la notte del “San Nicola” con uno dei gol più belli che la storia della Serie A abbia mai raccontato, entrato di diritto nella storia del gioco.

Quella sera tutti pensammo di trovarci di fronte al nuovo dio del pallone tricolore: la storia avrebbe raccontato un finale differente, ma di quel Cassano era impossibile non innamorarsi. E averne potuto godere anche solo una minima parte di talento, beh, fa dire che ne è valsa comunque la pena. Auguri, Fantantonio. E altri 100 di questi giorni.

(Credits: Getty Images)

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