LEBRON JAMES, I CLEVELAND CAVALIERS E LA SUGGESTIONE DEL RITORNO NEL 2023

Submitted by federico.tireni on Mon, 08/01/2022 - 06:47
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Redazione
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Certe suggestioni in America tornano ciclicamente, ma sembrano andare sempre nella direzione desiderata. Perché basta poco per riaccendere sogni e passioni mai sopite, un binario che quando di mezzo ci vanno i Cleveland Cavaliers e LeBron James è certamente preferenziale.

Il Prescelto in fondo ha sempre considerato i Cavs il giardino di casa: nato ad Akron, a un tiro di schioppo dalla città più famosa dell’Ohio (qualcuno ha detto Columbus?), ha avuto la forza per rimettere i suoi concittadini sulla cartina geografica dello sport americano, portandoli a vincere un titolo nazionale che mancava da più di 50 anni.

Un amore unico e (in parte) indissolubile, macchiato dalla famosa “The Decision” del 2010, quando in diretta tv su ESPN andò a dire al mondo intero di “voler portare i miei talenti a South Beach”, cioè a Miami, a caccia di quel titolo che nei primi 7 anni in NBA gli era sempre sfuggito (e non certo per colpe proprie, visto lo scarso supporting cast).

Il ritorno a casa del 2014 è stato uno degli eventi più desiderati e sospirati della storia dello sport a stelle e strisce: il trionfo nelle Finals 2016, le uniche di sempre nelle quali una squadra ha rimontato da 1-3 a 4-3, l’ha definitivamente consegnato alla leggenda. E l’addio del 2018, nel bel mezzo del dilagare dell’era Warriors e con i Cavs ormai sul viale del tramonto, era parso l’ultimo capitolo di una vicenda umana e sportiva come poche se n’erano viste fino ad allora.

IL VERO OBIETTIVO DI LEBRON: CHIUDERE ASSIEME A BRONNY

Siccome però certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano, come cantava Venditti, ecco che per qualcuno la storia d’amore tra LeBron e i Cavs non abbia ancora scritto l’ultimo capitolo. E i primi insider guardano al 2023 come possibile anno per celebrare l’ennesimo ritorno in Ohio: Brian Windhorst, giornalista di ESPN che ben conosce James e che l’ha seguito praticamente sin dagli inizi della carriera nella high school (quando le partite di St. Vincent & St. Mary venivano trasmesse sui canali nazionali e la squadra doveva individuare palazzetti dello sport in grado di contenere migliaia di persone), ha fatto capire che qualcosa dalle parti di Cleveland si sta muovendo in vista della free agency 2023, l’ultima della carriera di LeBron.

Il quale non ha mai fatto mistero di voler puntare quest’anno a un ultimo assalto al titolo con i Lakers, reduci però da un’annata disastrosa che li ha visti persino mancare il play-in, cioè l’esame di riparazione per chi volesse entrare nei play-off. A Los Angeles le acque restano agitate, anche perché il mercato sin qui ha sostanzialmente lasciato le cose come stavano, e l’unica speranza si lega all’eventualità che gli infortuni non si mettano di mezzo come successo negli scorsi 12 mesi.

LeBron però onorerà il suo contratto, ma nel luglio del 2023 potrà decidere dove andare a giocare. Una libertà che s’è concesso anche per vedere se e dove dovesse sbarcare suo figlio Bronny, che è considerato un prospetto da Draft NBA, anche se con ogni probabilità entrerà nella lega solo nel 2024. Il piano è presto detto: James padre vorrebbe chiudere la carriera e giocare l’ultima stagione condividendo lo spogliatoio con James figlio. E l’NBA stessa fa il tifo per questa soluzione.

PERCHÉ I CAVS POSSONO SOGNARE IL COLPACCIO

Se Bronny però ha ancora un paio d’anni di attesa, che c’entrano allora le sirene provenienti da Cleveland? Windhorst ha spiegato come i Cavs, che da 4 anni sono in fase di rebuilding ma che nelle ultime due stagioni hanno fatto grandi passi in avanti, starebbero liberando spazio salariale per puntare a dare l’assalto a LeBron nell’estate del 2023. Quando la franchigia non avrà più sulle spalle i 29 milioni di dollari del contratto di Kevin Love (grande amico di James: potrebbe comunque restare, ma con un compenso assai inferiore) e nemmeno i 18,8 di Caris LeVert.

Di spazio salariale, insomma, ce ne sarebbe, e soprattutto la prospettiva di poter giocare in una squadra in grado di competere subito per qualcosa di importante, fondata sulle capacità dei giovani Mobley, Garland e Allen (e con Sexton in bilico e buono da scambiare per altri asset), potrebbero convincere LeBron a tornare a casa e puntare a un’altra clamorosa impresa.

Cleveland, che lo salutò con rabbia e un po’ di disprezzo nel 2010, salvo poi accoglierlo a braccia aperte nel 2014, non chiederebbe di meglio che vedere ancora il suo figlio prediletto sul parquet di quella che una volta era la Quicken Loans Arena, oggi Rocket Mortgage Fieldhouse. E benché tante saranno le pretendenti per James, è chiaro che i Cavs (soprattutto questi Cavs) su di lui potrebbero avere un ascendente particolare.

Per ora sono solo suggestioni, ma in fondo l’America è la patria dei sogni. E allora perché non sognare di vedere padre e figlio giocare assieme in Ohio, ripensando all’incredibile coincidenza del 2003, quando Cleveland si ritrovò a scegliere la prima chiamata al Draft NBA nell’anno in cui LeBron si rese eleggibile. Bronny non sarà mai una numero 1, forse neppure una chiamata da primo giro, ma se dovesse giocare col padre e per di più nella città dove entrambi sono nati scriverebbe qualcosa in più di una semplice pagina di storia dello sport. E l’America ama questo tipo di storie.

(Credits: Getty Images)

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