NBA, DURANT ROMPE CON I NETS: KD VUOLE NASH E MARKS FUORI

Submitted by Anonymous on Tue, 08/09/2022 - 13:28
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Redazione
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“O me, o loro”. Le mezze misure a Kevin Durant non sono mai andate troppo a genio: per lui la vita è tutta bianca o nero, o magari un po’ offuscata quando (come ha candidamente ammesso) fa uso di marijuana per tenere la mente un po’ più “leggera”, visto che considera la cannabis alla stregua di un bicchiere di vino, come ha confessato qualche settimana fa da David Letterman. Personaggi fuori dagli schemi, di un talento innato e di uno strapotere sul parquet che pure non ha trovato adeguata ricompensa nel corso di una carriera che l’ha visto vincere due titoli NBA con annesso premio di MVP delle Finals nei Golden State Warriors del 2017 e del 2018 (probabilmente la seconda miglior squadra di sempre dopo i Bulls degli anni ’90), inserito in un contesto dove vincere era abbastanza scontato e dovuto, visto lo sconfinato potenziale del roster a disposizione. Quando ha provato a mettersi in proprio, le cose non sono andate quasi mai per il verso sperato: ai Thunder, dove nel 2012 raggiunse la prima finale NBA (persa contro i Miami Heat di LeBron, Wade e Bosh), toccò l’apice da giovanissimo senza più riuscire poi ad avanzare oltre le finali di Conference, piegato dall’onnipotenza dei Warriors (ai quali si unì proprio per cercare di non avere più ostacoli sul suo cammino). Ai Nets, la squadra scelta per affrancarsi dall’etichetta di vincente solo perché inserito nella squadra più forte, in tre stagioni ha raccolto solo delusioni e fallimenti. S’è però gonfiato a dismisura il portafoglio, ma a quanto pare la cosa non sembra interessargli più di tanto.

COME METTERE LA DIRIGENZA ALLE STRETTE

Si spiega così la scelta di chiedere di essere ceduto, di fatto preferendo buttarsi a capofitto in una nuova avventura anziché “godersi” i quasi 200 milioni di dollari pattuiti con la franchigia fino al 2026. La richiesta di Durant ha destabilizzato per qualche giorno il grande circo NBA: Phoenix, Miami, Toronto e Boston c’hanno fatto più di un pensierino, ma certe cifre sono fuori portata per chiunque. E dopotutto i Nets non avevano assolutamente la necessità di accontentare il loro assistito: forti di un accordo fino al 2026, senza un’offerta definita congrua al valore del giocatore (quindi un mare di picks al Draft e qualche prospetto di valore) non avrebbero mai avallato alcuna trade, tanto per Durant, quanto per Irving. E a 40 giorni dall’apertura del mercato, puntualmente tutto è rimasto immacolato: KD è fermo ai Nets, e così anche Kyrie, che sogna le spiagge assolate della California, deciso a raggiungere il vecchio compare e sodale LeBron e aggregarsi ai Lakers, vogliosi di riscatto tanto quanto lui. Ma siccome non si muove foglia, adesso Durant è passato all’azione: restare ai Nets è un’opzione, ma se resta lui deve partire qualcun altro. Nel dettaglio, il coach Steve Nash e il general Manager Sean Marks.

LA SCARSA RICONOSCENZA DI DURANT VERSO I NETS

C’è un po’ di “bullismo” nell’atteggiamento volutamente spocchioso di Durant, che lo fa sembrare più un proprietario che un giocatore. Un po’ la colpa che in molti hanno imputato in passato a LeBron, quando di fatto a Cleveland nel gennaio 2016 volle la “testa” di David Blatt, facendo pressioni per affidare la panchina a Tyronne Lue (e cinque mesi dopo arrivò l’anello con annessa clamorosa rimonta nelle Finals da 1-3 a 4-3 sui Warriors). Durant è un giocatore di personalità, talento indiscusso ma leader un po’ discontinuo. I Nets nel 2019 con lui si presero un azzardo mica da ridere: lo acquistarono sapendo che per un anno intero non avrebbe potuto giocare, poiché si era rotto il tendine d’Achille durante le Finals contro i Raptors. E nessuno all’epoca poteva sapere se un giocatore che a 31 anni subiva un simile infortunio sarebbe tornato quello devastante di prima. Il campo ha dissolto buona parte dei dubbi, ma gli obiettivi che sia Durant che Brooklyn si erano prefissati sono andati miseramente falliti. Per assecondare KD la dirigenza aveva peraltro fatto diverse operazioni quantomeno discutibili, smembrando nell’estate del 2019 un core giovane per arrivare subito a Kyrie Irving e DeAndre Jordan, in attesa del pieno recupero dell’ex Wariors. E poi, a inizio 2021 ha persino deciso di prendere Harden, cedendo alcuni pezzi pregiati (vedi Allen e LeVert) per accontentare una volta di più la sete di vittorie di Durant. Che pure s’è scontrato nei play-off 2021 contro i Bucks di Antentokoumpo (famoso il “pestone” appena accennato dell’arco nel tiro decisivo di gara 7: non avesse avuto il 56 di piede, quel tiro sarebbe stato da tre punti e avrebbe condotto Brooklyn alle Finals) prima di fallire miseramente nell’ultima stagione con lo sweep ricevuto al primo turno dai Celtics.

UN’ESTATE COMPLICATA E UNA SOLUZIONE ANCORA LONTANA

Il resto è storia recente: perché Durant ha chiesto la testa di Nash e Marks? Ufficialmente perché ritiene che la strada intrapresa in termini di conduzione tecnica non sia più adatta a spingere i Nets verso il titolo. Eppure Nash lo aveva voluto KD nell’estate del 2020, e per mesi sono state solo parole al miele. Poi qualcosa s’è incrinato: Harden non era più lo stesso, tanto che è finito a Phila in cambio di Ben Simmons (che attende ancora di esordire con la nuova maglia), Irving ha saltato metà stagione, poiché non vaccinato, e a sua volta ha la valigia pronta. Brooklyn non ha necessità di svendere e adesso ha alzato la voce, prendendo le difese di Nash e Marks. Durant è sempre solo: sogna di finire a Boston, Miami o Toronto, ma non starà scherzando col fuoco?

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