VOLLEY, IL MONDIALE E LA GESTIONE (PESSIMA) DEL CASO EGONU

Submitted by mattia.todisco on Mon, 10/17/2022 - 15:54
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Redazione
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A bocce ferme, e con gli animi un po’ più freddi, si può e si deve ragionare meglio. E pensare che certe uscite mediatiche sarebbe meglio evitarle, perché dal celebrare un podio mondiale di assoluto valore a soffiare sul fuoco di una polemica tanto inutile, quanto stucchevole il passo è stato fin troppo breve. E la sensazione, col passare delle ore, è che si finisca per fare ancora peggio, dal momento che tutti continuano a stare sulle proprie posizioni, cercando di mitigare la portata di certe affermazioni ma finendo per ottenere l’effetto contrario a quello desiderato.

Tradotto in parole povere: il mondiale dell’Italia del volley femminile s’è chiuso con un bronzo che tutto sommato è figlio di quanto seminato, perché all’indiscussa qualità tecnica del gruppo ha fatto seguito durante tutta la manifestazione una discontinuità conclamata che alla lunga ha finito per condannare le azzurre a restare fuori dalla finale.

Tutto sommato il podio è tanta roba, visto il livello delle avversarie (il Brasile è sempre il Brasile, la Serbia però è la vera eccellenza del volley mondiale: bravo Daniele Santarelli a spingerla verso un oro strameritato), ma da 48 ore a questa parte di volley giocato non se n’è più parlato. Ed è un peccato, perché quella è l’unica cosa che conta. E Parigi, tanto per farla breve, non è poi tanto lontana.

 

SE ANCORA FANNO NOTIZIA I LEONI DA TASTIERA…

Paola Egonu è una campionessa di qualità indiscussa, probabilmente la miglior giocatrice italiana da due decenni a questa parte. Classe 1998, nata a Cittadella (provincia padovana) da due genitori nigeriani regolarmente immigrati in Italia per lavoro, è uno dei prodotti svezzati dal Club Italia, una sorta di accademia che racchiude in sé il meglio del volley femminile nazionale, lavoro appositamente studiato in chiave azzurra.

Se qualcuno continua ad chiedersi perché abbia scelto di giocare per la nazionale italiana, anziché scegliere quella nigeriana, è oggettivamente un soggetto da internare, nel senso che non merita risposta e tantomeno andrebbe perso tempo a provare a farlo ragionare, probabilmente perché non in grado minimamente di comprendere i valori che dovrebbero essere proprio di ogni essere umano. Per questo montarci sopra un caso mediatico è la cosa peggiore che si possa fare, perché l’unica vero risultato è di dare man forte a tanti “leoni da tastiera” pronti a insultare la prima persona che gli passa davanti.

La Fipav, prima ancora che la stampa (e i soliti maledetti social), ha fatto il gioco di questi “sciacalli”, spostando completamente l’attenzione se questioni che con l’aspetto tecnico non hanno nulla a che vedere. Perché Egonu è italiana, è un patrimonio del volley azzurro, e su questo nessuno deve stare a discutere.

 

NUMERI A CONFRONTO: CAPOCANNONIERA, MA A QUALE PREZZO?

Di elementi di discussioni, ma di natura tecnica, ce ne sarebbero poi fin troppi per interloquire e cercare di porsi domande “costruttive” per provare a ottenere risultati ancora migliori. Egonu al mondiale il suo l’ha fatto, come sempre: con 275 punti messi a segno è stata la migliore marcatrice della rassegna, l’equivalente di ciò che nel calcio è il capocannoniere, frutto di 244 attacchi, 23 ace e 8 muri. Così facendo ha confermato il titolo già vinto nel 2018, ma dietro questi numeri si celano anche altri dati.

Nei tabellini della FIVB non si tiene conto del numero totale degli errori commessi, ma è da qui che arrivano le note dolenti: nelle due gare perse contro il Brasile, unici due ko. della nazionale nelle 12 gare disputate, Egonu ha commesso rispettivamente 19 e 16 errori, che di fatto hanno dimezzato la portata dei punti messi a referto (cioè 37 nella gara persa al tiebreak e 30 nella semifinale). E in generale in tanti momenti della rassegna iridata è mancato quel quid in più che in passato le aveva permesso di ergersi a vera trascinatrice del gruppo.

 

LA GESTIONE SBAGLIATA, LA CREDIBILITÀ PERSA PER STRADA

Ecco, all’Italia di Mazzanti è mancato forse il vero fattore Egonu: al netto della solita caterva di punti mandati a referto, qualcosa è mancato a livello di personalità e carattere negli scambi che avrebbero potuto cambiare il destino del mondiale delle italiane. Il set point sprecato nel terzo set col Brasile, sliding door dell’intera semifinale, è solo la punta dell’iceberg: Paola non era al massimo della condizione, stanca e sfibrata da un’annata lunghissima e (plausibile) distratta dalla prospettiva di andare in Turchia, al Vakifbank, a partire dalla settimana corrente, chiuso il ciclo a Conegliano.

Mazzanti, col quale condivide il procuratore (quello che ne ha raccolto lo sfogo al termine della finalina con gli USA), non l’ha mai davvero messa in discussione, lasciandola sempre al suo posto. Ma così facendo Egonu ha perso un po’ di credibilità agli occhi delle compagne, e la frase sibillina pronunciata ai microfoni Rai (“Non so se tornerò mai in nazionale”) è figlia soprattutto di una gestione delle risorse a disposizione che non è stata all’altezza delle aspettative.

Siccome il presidente Fipav Giuseppe Manfredi ha fatto sapere che Mazzanti resterà al suo posto (è sotto contratto fino a Parigi 2024), è probabile che alla fine la crisi sia destinata a rientrare, magari approfittando della polemica extra campo che ha portato persino Mario Draghi a contattare la giocatrice per manifestargli la propria vicinanza. Chissà però se Draghi avrà parlato con lei di qualche forzatura di troppo pagata a caro prezzo, che dopotutto è l’unica cosa di cui si sarebbe già dovuto parlare: gli appassionati vorrebbero queste di risposte, anziché star dietro a qualche bullo da tastiera in cerca di visibilità.

 

(Credits: Getty Images)

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